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@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Lira (strumento musicale).\n### Descrizione: La lira è uno strumento musicale a corde che fa parte della famiglia dei liuti a giogo; è composto da una cassa armonica alla quale sono attaccati due bracci verticali, uniti da una trasversa. Le corde, in numero variabile secondo i modelli, sono tese tra la cassa armonica e la traversa.\n\nMitologia.\nLa lira è uno strumento musicale a corde; secondo la mitologia greca l'inventore della lira fu Hermes. Un giorno il dio trovò all'interno della grotta una tartaruga. Dopo averla uccisa, prese il carapace e tese al suo interno sette corde di budello di pecora, costruendo così la prima lira. Hermes la diede poi ad Apollo — in modo da scontare i suoi debiti (furto della mandria del dio) — che a sua volta la diede al figlio Orfeo. In epoca classica, la lira era in effetti associata alle virtù apollinee di moderazione ed equilibrio, in contrapposizione all'aulos, legato a Dioniso e che rappresentava estasi e celebrazione.\nNon è noto dove sia nato lo strumento: sicuramente è stato importato in Grecia in epoca preclassica. Come luoghi di nascita, sono state proposte località nell'Europa meridionale, Asia occidentale e Nordafrica. Ancora oggi la lira viene suonata in alcune zone dell'Africa nordorientale.\nOriginariamente la lira aveva una cassa di risonanza formata da un guscio di testuggine sul quale venivano poste delle corna di animale.\n\nVoci correlate.\nLira da braccio.\nLira da gamba o lirone.\nLira organizzata.\nLira bizantina.\nLira calabrese.\nLira cretese.\nGadulka.\nKissar.\nArpe e lire di Ur.\n\nAltri progetti.\nWikiquote contiene citazioni sulla lira.\nWikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla lira.\n\nCollegamenti esterni.\n\n(EN) lira / lyra, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Lirnesso.\n### Descrizione: Lirnesso fu un'antica città della Misia, in Asia Minore.\nLa città era nella sfera d'influenza di Troia (secondo Apollodoro era stata fondata da Lirno, figlio di Anchise) e fu saccheggiata da Achille, durante la guerra di Troia. L'eroe greco uccise il re di Lirnesso, Minete ed i suoi tre figli maschi, risparmiando la principessa Briseide, che portò con sé, rendendola schiava. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Lirno.\n### Descrizione: Lirno è una figura della mitologia greca, nato, secondo Apollodoro, da Afrodite e da Anchise, il giovane troiano amato dalla dea. È dunque, almeno in questa versione, fratello di Enea.\nFu allevato contemporaneamente al fratello dalla sorellastra Ippodamia, figlia di Anchise. Nulla si sa sul suo conto durante o dopo la guerra di Troia. Una tradizione racconta che morì senza figli; un'altra versione, tuttavia, vuole Lirno l'eponimo e il fondatore della città di Lirnesso. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Lisippa.\n### Descrizione: Lisippa in (greco antico Λυσίππη Lüsìppē), nella mitologia greca era figlia di Stenebea e del marito Preto re di Argo ed in seguito sovrano di Tirinto.\n\nMitologia.\nConosciuta anche come Lisippe, aveva due sorelle (Ifinoe ed Ifianassa) che con lei avevano il nome di Pretidi e che, per causa di una maledizione divina (data nei loro confronti dalla dea Era offesasi dalle loro affermazioni), divennero folli e condannate a vagare allo stato selvaggio sulle montagne, assalendo come belve gli sfortunati viandanti.\nFu guarita dalla pazzia da Melampo il quale (alle tre sorelle) fece bere da una fonte in cui aveva buttato una pianta di elleboro.\nMelampo poi sposò Ifinassa. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Lisippe (madre di Teutrante).\n### Descrizione: Lisippe (in greco antico: Λυσίππη?) o Leucippe è un personaggio della mitologia greca e madre di Teutrante il re di Teutrania, una città della Misia.\n\nMitologia.\nSuo figlio (Teutrante), durante una battuta di caccia sul monte che portava il suo nome, inseguì ed uccise un enorme cinghiale senza accorgersi che questo cinghiale era sacro ad Artemide e la dea, infuriata, lo fece ammalare di lebbra e lo costrinse a vagare in solitudine.\nLisippe allora si recò dal veggente Polido ed una volta compreso che cosa fosse successo al figlio lo soccorse e lo fece medicare utilizzando le pietre 'antipate' che si trovavano sulla montagna; una volta placate le ire di Artemide, le fece erigere una statua ed ordinò la creazione di un gigantesco toro d'oro. Così facendo, la salute del figlio fu ripristinata. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Lisitea (Oceanina).\n### Descrizione: Nella mitologia greca Lisitea (in greco antico: Λυσιθέα, Lysithea) era una delle Oceanine, le figlie del dio Oceano, e anche una delle amanti di Zeus. In alcune fonti tarde è indicata come madre dell'eroe Eracle, in luogo di Alcmena. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Lista degli oracoli di Delfi.\n### Descrizione: Questo articolo riporta la lista degli oracoli di Delfi.\n\nIntroduzione.\nLa Pizia era la sacerdotessa che presiedeva l'Oracolo di Apollo a Delfi. Ci sono più di 500 presunti oracoli sopravvissuti da varie fonti riferite all'oracolo di Delfi. Molti sono aneddotici e sono sopravvissuti come proverbi. Molti sono espressi ambiguamente, apparentemente per mostrare l'oracolo in una buona luce indipendentemente dal risultato. Tali profezie erano ammirate per la loro destrezza nel fraseggio. Una di queste famose predizioni era la risposta a una persona sconosciuta che voleva sapere se fosse stato sicuro per lui partecipare a una campagna militare; la risposta è stata: 'Vai, ritorna non muori in guerra', che può avere due significati completamente opposti, a seconda di dove si suppone che sia una virgola mancante, prima o dopo la parola 'non'. Ciononostante, sembra che l'Oracolo abbia costantemente sostenuto profezie pacifiche, non violente in generale. Il seguente elenco presenta alcune delle profezie più importanti e storicamente significative di Delfi.\n\nOracoli della mitologia.\nVi sono diversi episodi narrati nella mitologia in cui gli eroi ricorrono all'oracolo per ottenere delle previsioni.\n\nSisifo.\nUn esempio è l'oracolo ottenuto da Sisifo che usurpato del suo trono dal fratello Salmoneo sperava di riottenere il trono. Ebbe come responso di ingravidare la figlia di Salmoneo (Tiro) che scoperta la ragione di quella gravidanza uccise la prole. Sisifo tuttavia riuscirà ad esiliare il fratello con una scusa.\n\nCadmo.\nCadmo figlio di Agenore re di Tiro nonché fratello di Europa, fu mandato dal padre assieme ai fratelli alla ricerca della sorella. Cercandola in Grecia pensò di chiedere consiglio all’oracolo il quale disse che egli non avrebbe dovuto cercare la sorella ma fondare una nuova città, Tebe. Per fare ciò avrebbe dovuto seguire un toro sacro e determinare la località in base a dove si sarebbe fermato. Il toro così si fermò in corrispondenza della Beozia laddove sorge oggi Tebe. Egli poi, aiutato dagli sparti, costruì Cadmea, ossia la rocca di Tebe.\n\nLaio ed Edipo.\nIn queste vicende il ruolo dell'oracolo e la consulta sono molto importanti per lo svolgimento del mito.Laio innamoratosi di Crisippo figlio del re Pelope lo stuprò e questi per la vergogna si suicidò. Pelope dunque lanciò una maledizione a Laio. Questi chiese all’oracolo come avrebbe dovuto comportarsi e gli fu detto che avrebbe dovuto evitare di avere figli poiché questi lo avrebbe ucciso e avrebbe poi sposato sua moglie. Ma Laio commise una leggerezza e nacque un bambino (Edipo) che abbandonò presso il monte Citerone.\nEdipo fu adottato da piccolo dal re di Corinto Polibo. Uno dei suoi nemici per offenderlo gli rivelò che egli era un trovatello. Turbato, Edipo interrogò Polibo il quale, dopo molte reticenze, mentì dicendogli che quella non era affatto la verità. Ma Edipo, ancora incerto, stabilì di partire per interrogare l'oracolo di Delfi e sapere chi erano davvero i suoi genitori. Quando si recò presso il santuario, la Pizia, inorridita, lo cacciò dal santuario, predicendogli che avrebbe ucciso il padre e sposato sua madre. Atterrito dal vaticinio, Edipo, per evitare di uccidere Polibo e di sposare Peribea, decise di non tornare mai più a Corinto e di recarsi invece a Tebe dove la profezia si sarebbe avverata di lì a poco.\nLaio infatti saputo che il figlio stava per tornare a Tebe decise di andare nuovamente a Delfi per interrogare l’oracolo, ma lungo la strada, padre e figlio si incrociarono senza conoscersi. Ne nacque uno screzio da cui Laio perse la vita. Edipo poi una volta giunto a Tebe avrebbe sposato la madre Giocasta.\nUn giorno una tremenda epidemia si abbatté sul regno di Tebe; re Edipo, non sapendo cosa fare, inviò Creonte a consultare nuovamente l'oracolo di Delfi. La risposta dell'oracolo fu che l'epidemia era una conseguenza dell'assassinio ancora impunito di Laio. Edipo allora cominciò le ricerche per scoprire la verità su quel delitto che gli sarebbe stato rivelato da Tiresia.\n\nAcrisio.\nAcrisio, nonno di Perseo e re di Argo, temeva per le sorti del proprio regno perché, avendo avuto dalla moglie Aganippe una sola figlia femmina, Danae, in assenza di eredi maschi non sapeva a chi avrebbe trasmesso il titolo di sovrano. Spinto dal desiderio di conoscere il destino della sua città, chiese all'oracolo di Delfi come avrebbe potuto avere figli. Il dio gli rispose che sua figlia Danae avrebbe avuto un figlio che lo avrebbe ucciso. Dopo varie vicissitudini infatti Perseo uccise Acrisio senza volerlo. In una versione con una lancia scagliata nella direzione sbagliata, nell'altra per aver visto inavvertitamente la testa di Gorgone.\n\nTieste.\nTieste fratello di Atreo voleva vendicarsi del grave affronto subito dal fratello meditando una grave vendetta, ossia uccidere il figlio del fratello, Agamennone. Per compiere questa vendetta chiese alla pizia come avrebbe dovuto fare e l'oracolo disse che avrebbe dovuto generare un figlio con sua figlia. Dopo varie vicissitudini Tieste compì l'incesto con la figlia Pelopia da cui nacque Egisto. Questi una volta cresciuto divenne l'amante della moglie di Agamennone Clitemnestra, la quale a sua volta voleva uccidere il marito per vendicare la morte della figlia Ifigenia. Agamennone infatti morirà per mano di Egisto in un agguato orditogli.\n\nOreste.\nDopo la morte di Agamennone il figlio Oreste ormai adulto, decise di visitare l'oracolo di Delfi per sapere se doveva riservare una punizione agli assassini di suo padre. Il responso emesso da Apollo annunciava che se non avesse onorato la memoria di Agamennone vendicandone la morte sarebbe stato relegato ai margini dalla società. Oreste quindi vendicò il padre uccidendo Egisto e la madre Clitennestra.Alla sua morte Oreste sarebbe stato sepolto a Tegea: quando Lica, uno dei cinque Spartiati detti Valenti, ne ritrovò il corpo riuscì a procurare la vittoria di Sparta sulla città di Tegea, in conformità con quanto detto la Pizia in merito alla sorte di Sparta contro questa città.\n\nPrimo periodo.\nLa fondazione di Siracusa e Crotone.\nLa fondazione delle colonie di Siracusa e Crotone è seguita da un responso oracolare sulla fondazione delle città. Archia di Corinto e Miscello di Ripe ecisti (οἰκιστής) si incontrarono a Delfi proprio per chiedere un responso dalla pizia su ciò che avrebbero voluto compiere. La pizia quindi pose ad entrambi una domanda su ciò che per entrambi era più importante, se le ricchezze o la salute.\n\nLicurgo.\nAlcune delle prime dichiarazioni oracolari di Delfi potrebbero essere state consegnate a Licurgo, il leggendario legislatore spartano (nell'VIII secolo a.C.). Secondo il rapporto di Erodoto , Licurgo visitò e consultò l'oracolo prima di applicare le sue nuove leggi a Sparta:.\n\nLicurgo istituì dunque una costituzione per gli Spartani che combinava le caratteristiche di una diarchia e d'una democrazia classica, per la quale v'era inoltre prevista una spartizione equa della terra tra la sua popolazione.\nTanto Senofonte quanto Plutarco gli attribuiscono anche l'introduzione di una monetazione molto ingombrante fatta di ferro (al fine di prevenire l'attaccamento alla ricchezza). Nel racconto di Plutarco e Diodoro, ciò era anche basato su una frase oracolare:.\n\nLa presunta affermazione oracolare, in retrospettiva, è stata interpretata come soddisfatta dal fatto che i soldati di Sparta inviarono a casa oro e argento dopo la guerra del Peloponneso, sarebbe stata la rovina di Sparta, secondo Plutarco. È alquanto improbabile però che questo oracolo sia stato effettivamente consegnato, in quanto se lo fosse stato sarebbe apparso davvero anacronistico allo stesso Licurgo, poiché ai suoi tempi non esisteva ancora un sistema monetario.\n\nCipselo.\nCipselo.\n\n630 a.C. - Thera.\nNel 630 a.C., il re dell'isola di Thera andò a Delfi per offrire un regalo a nome della sua città natale, e fu detto dall'oracolo che avrebbe dovuto fondare una città in Libia. Siccome il re non sapeva dove fosse la Libia, non fece nulla. Più tardi non piovve su Thera per lungo tempo, e per scoprire cosa si poteva fare, gli abitanti si avvicinarono di nuovo all'oracolo. Lei disse che se avessero creato un insediamento a Cirene (in Libia), le cose sarebbero andate meglio.\nPer alleviare la pressione dalla siccità e seguendo il consiglio dell'oracolo, i Terani cercarono consiglio dai cretesi riguardo a dove si trovava la Libia e una colonia di Thera fu stabilita a Platea. Ma la sfortuna li seguì ancora per altri due anni, così visitarono l'oracolo una terza volta. E la pizia disse:.\n\nI Terani cercarono consiglio dai libici locali che diedero loro un nuovo sito e la colonia prosperò.\n\n595 a.C. - La prima guerra sacra.\nNel 595 a.C., le questioni dell'Oracolo furono ritenute troppo importanti per essere lasciate solo ai Delfi, e la santità del sito venne protetta dalla Lega Anfizionica, una lega di 12 città esistenti dal 1100 a.C. (La lega aveva preso il nome da Anfiziona delle Termopili, fratello di Elleno, il primo re greco di Atene (o non pelasgico). In quell'anno, la vicina Cirra riscosse un tributo ai pellegrini, inaugurando la Prima Guerra Sacra. Dopo 5 anni di lotta, l'Oracolo decretò che il sito di Cirra fosse lasciato incolto, sacro ad Apollo. Ciò inaugurò un periodo di grande prosperità.\n\n594 a.C. - Solone.\nNel 594 a.C., Solone, il legislatore ateniese, che cercava di catturare l'isola di Salamina da Megara e Cirra ebbe un responso dall'oracolo:.\n\nRiuscì a farlo prendendo come volontari 500 giovani ateniesi i cui antenati provenivano da Salamina, catturò l'isola che si sarebbe dimostrata così importante nella successiva storia ateniese. Solone non cessò mai di sostenere e dare credito all'oracolo per il suo sostegno nel dichiarare che l'isola era originariamente ionica.\nNel formulare le sue famose riforme costituzionali per Atene, Solone chiese nuovamente il consiglio dell'oracolo che gli disse:.\n\nDi conseguenza, Solone rifiutò l'opportunità di diventare un tiranno rivoluzionario e creò una costituzione per la quale lui e Atene furono giustamente onorati. Attraverso un processo con giuria, un sistema fiscale graduale e il taglio dei debiti ha impedito un crescente divario tra gli 'abbienti' e i 'non abbienti'. Ma ha rifiutato di accettare le confische della proprietà dei ricchi, creando così una classe media ateniese. Ottenne un giuramento dal Concilio dei magistrati ateniese per cui se avessero violato queste leggi avrebbero dedicato una statua d'oro all'Oracolo di Delfi di pari importanza a loro stessi.\n\n580-570 a.C. - Pitagora.\nSecondo alcune fonti Pitagora ebbe come padre un cittadino facoltoso di nome Mnesarco questi trovandosi a Delfi in ragione di suoi commerci volle chiedere alla pizia delucidazioni sul suo futuro prossimo e la sacerdotessa predisse la nascita di un figlio utile al genere umano e saggio.\n\n560 a.C. - Creso.\nNel 560 a.C., Creso di Lidia, in una prova di oracoli, consultò tutti i famosi oracoli su ciò che stava facendo in un giorno stabilito. Secondo Erodoto, l'oracolo proclamò:.\n\nL’oracolo di Delfi venne dichiarato il vincitore. Creso quindi chiese se avesse dovuto fare la guerra ai Persiani e se avesse dovuto prendere crearsi qualsiasi forza alleata. Gli oracoli ai quali ha inviato questa domanda includevano quelli di Delfi e Tebe. Entrambi gli oracoli diedero la stessa risposta, se Creso avesse fatto guerra ai Persiani, avrebbe distrutto un possente impero. Essi gli hanno ulteriormente consigliato di cercare i popoli greci più potenti e stringere alleanze con loro.\nCreso pagò una quota elevata a Delfi e poi andò dall'oracolo chiedendo 'La sua monarchia durerà a lungo?' La Pizia rispose:.\n\nCreso riteneva impossibile che un mulo dovesse essere il re dei medi e quindi credeva che lui e il suo problema non avrebbero mai costituito un problema per il suo potere. Decise quindi di fare causa comune con alcune città-stato greche e attaccare la Persia.Tuttavia, fu il suo impero, non quello dei persiani, che fu sconfitto, adempiendo la profezia ma non alla sua interpretazione. Apparentemente dimenticò che Ciro, il vincitore, era per metà Mede (di sua madre), per metà persiano (da suo padre) e quindi poteva essere considerato un 'mulo'.Nell'ode di Bacchilide, composta per Gerone di Siracusa, che vinse la corsa dei carri a Olimpia nel 468, Creso con la moglie e la famiglia montò la pira funebre, ma prima che le fiamme potessero avvolgere il re, fu rapito da Apollo e portato via verso gli Iperborei. La versione di Erodoto include Apollo in modalità più 'realistica': Ciro, pentendosi dell'immolazione di Creso, non riuscì a spegnere le fiamme fino all'intervento di Apollo.\n\n500 a.C. circa - Lucio Giunio Bruto.\nLucio Giunio Bruto accompagnò i figli di Tarquinio il Superbo, Tito ed Arrunte, in un viaggio all'oracolo di Delfi. I figli chiesero all'oracolo chi sarebbe stato il successivo sovrano a Roma e l'oracolo rispose che la prossima persona che avesse baciato sua madre sarebbe diventato re. Bruto interpretò la parola 'madre' nel significato di 'Terra' così, al ritorno a Roma, finse di inciampare e baciò il suolo.\n\nPeriodo classico.\n480 a.C. - La minaccia persiana in Grecia.\nNel 480 a.C., quando Serse, figlio di Dario il Grande di Persia, tornò per completare il lavoro di conquista dei Greci in cui suo padre aveva fallito, gli Ateniesi consultarono l'oracolo. Fu detto loro:.\n\nNon fu ambiguo. Quando persuase a chiedere consiglio una seconda volta, l'oracolo diede modo agli Ateniesi di sfuggire al loro destino. Quando Atena si avvicinò a suo padre per aiutare la sua città, Zeus rispose che avrebbe concesso che 'un muro di legno da solo non sarebbe stato catturato, un vantaggio per te e per i tuoi figli'. L'oracolo di nuovo consigliò agli Ateniesi di fuggire:.\n\nNel frattempo, anche gli Spartani consultarono l'oracolo e gli fu detto:.\n\no in una versione secondo Erodoto:.\n\nGli spartani si ritirarono costernati, chiedendosi quale fosse il destino peggiore. Gli stessi abitanti di Delfi hanno poi chiesto in che modo la Persia potesse essere sconfitta. L'oracolo rispose:.\n\nGli eventi hanno superato la profezia quando l'esercito persiano aggredì le Termopili, dove una coalizione a guida spartana (popolarmente chiamata '300' per il numero di spartani inviati e che furono, tranne un uomo con un'infezione agli occhi, uccisi per mano umana) mentre gli alleati tennero. Gli Spartani sotto il Re Leonida resistettero all'avanzata persiana alle Termopili fino a quando furono sopraffatti. Rifiutandosi di ritirarsi, l'intero contingente spartano, incluso il loro Re, perse la vita, ma così ottennero una fama immortale. L'armata persiana salpò quindi verso il vicino Capo Artemisium, dove furono raggiunti dalla flotta ateniese. Le navi ateniesi combatterono contro grandi difficoltà, ma in tre battaglie riuscirono a reggere le proprie posizioni.\nPresso Artemesium sorse una tremenda tempesta, con i venti violenti che attaccarono le navi per tre giorni. I persiani persero così circa il 20% delle loro navi da guerra e forse lo stesso numero di navi da trasporto per la tempesta. I venti tempestosi e le onde enormi non hanno danneggiato invece le navi ateniesi.\nTornato ad Atene Temistocle sostenne che il muro di legno si riferiva alla marina ateniese e persuase gli Ateniesi a perseguire la loro politica di usare la ricchezza dalle loro miniere d'argento attigue a Laurium per continuare a costruire la loro flotta. Sulla base del fatto che l'oracolo si riferisse alla vicina isola di Salamina come 'santa', sosteneva che quelli uccisi sarebbero stati i nemici della Grecia, non gli Ateniesi. Per questo l'oracolo avrebbe detto 'O Salamina crudele'. La sua voce andò oltre, Atene fu evacuata a Salamina e in una successiva battaglia navale la flotta ateniese e i suoi alleati distrussero la flotta persiana proprio a Salamina, mentre erano sorvegliati da Serse. Nonostante Atene fosse stata bruciata dai Persiani, i suoi occupanti furono salvati, la minaccia persiana cessò e l'autorità dell'Oracolo non fu mai più così alta.\n\n440 a.C. - Socrate.\nIntorno al 440 a.C. si dice anche che l'Oracolo abbia detto che non c'era nessuno più saggio di Socrate, al quale Socrate disse che tutti erano ugualmente ignoranti, o che era più saggio nel fatto che lui solo era consapevole della propria ignoranza ('cosa ho non lo so e non credo di saperlo'). Questa affermazione è legata a uno dei motti più famosi di Delfi, che Socrate ha detto di aver imparato lì, Gnothi Seauton (γνῶθι σεαυτόν): 'conosci te stesso!'. Un altro famoso motto di Delfi è Meden agan (μηδὲν ἄγαν): 'niente in eccesso'. Socrate aveva circa trent'anni all'epoca, la sua fama di filosofo doveva ancora venire.\nUna versione della dichiarazione affermava che un amico di Socrate, Chaerephon, andò davanti alla Pizia chiedendo: 'C'è qualche uomo vivo più saggio di Socrate?' La risposta che ricevette fu semplicemente 'Nessuno'. Un'altra versione è:.\n\n431 a.C. - La guerra del Peloponneso.\nAllo scoppio della guerra del Peloponneso gli Spartani mandarono una delegazione a Delfi per sapere se fosse stato saggio andare in guerra contro Atene. Secondo Tucidide:.\n\n403 a.C. - Lisandro.\nNel 403 a.C. Lisandro, il vincitore spartano della guerra del Peloponneso, venne avvertito di stare attento:.\n\nEgli infatti venne ucciso dalle spalle nel 395 a.C. da Neachorus, che aveva dipinto un serpente sul suo scudo.\n\n401 a.C. - Sparta.\nNel 401 a.C., Sparta fu avvertita:.\n\nAgesilao, lo zoppo re di Sparta, che salì al trono spartano ai tempi di Lisandro, attaccando i nemici in ogni quartiere, perse il controllo dei mari a causa dei persiani che attaccarono le coste spartane. Nella sua ossessione contro Tebe, incitò i Tebani sotto Epaminonda a contrattaccare. Gli Spartani furono sconfitti per la prima volta dai Tebani nella battaglia di Leuctra nel 371 a.C.; questo portò all'invasione di Sparta stessa e alla sua sconfitta nella battaglia di Mantinea nel 362 a.C.\n\n359 a.C. - Filippo II di Macedonia.\nNel 359 a.C., Filippo II di Macedonia consultò l'Oracolo e gli fu detto:.\n\nIl re cercò allora di controllare le miniere d'argento nel vicino regno di Tracia e Illiria, sia usandole per corrompere fin dalle prime vittorie, giocandosi uno Stato greco contro gli altri, sia isolando i suoi nemici con tangenti ai potenziali alleati.\nFilippo aveva anche un puledro nero molto vivace che nessuno riusciva a domare. L'oracolo di Delfi affermava che chiunque riuscisse a cavalcare questo cavallo avrebbe conquistato il mondo, ma nonostante molti tentativi né Filippo né alcuno dei suoi generali riuscirono montare il cavallo. Suo figlio, Alessandro, che in seguito sarebbe stato chiamato il Grande, riuscì quando si rese conto che il cavallo aveva paura della propria ombra. Filippo diede il cavallo Bucefalo ad Alessandro, con cui avanzò nelle conquiste fino all'Asia.\nNel 353 a.C. scoppiò una terza guerra sacra quando Tebe mise una multa sulla Focide, e Focide, per pagare la guerra, tassò pesantemente il popolo della vicina Delfi prendendo anche il tesoro di Delfi. La lega anfizionica guidata da Filippo dichiarò guerra a Focide. Filippo cercò di unire tutta la Grecia con la Macedonia nella Lega anche per attaccare la Persia.\nNel 339 a.C., Filippo interferì ancora una volta contro l'alleanza anfizionica quando la polis di Crissa si intromise nei terreni sacri di Apollo. Filippo punì Crissa, e di conseguenza nel 338 a.C. sconfisse gli eserciti combinati degli Ateniesi e degli Spartani, diventando così la forza dominante negli affari greci. Alla fine, nella battaglia di Cheronea, ebbe successo contro gli Ateniesi e i Tebani ma fu assassinato prima che potesse guidare l'invasione della Persia.\n\n336 a.C. - Alessandro Magno.\nAlessandro Magno visitò l'oracolo delfico desiderando di ascoltare una profezia sul fatto che avrebbe presto conquistato l'intero mondo antico. Con sua sorpresa l'oracolo rifiutò un commento diretto e gli chiese di venire più tardi. Furioso, Alessandro trascinò la Pizia per i capelli fuori dalla stanza finché lei urlò: 'Sei invincibile, figlio mio!'. Nel momento in cui udì queste parole la lasciò cadere, dicendo: 'Ora ho la mia risposta'.\n\n300 a.C. circa.\nDiogene Laerzio ha riportato che quando Zenone di Cizio 'consultò l'oracolo, riguardo a ciò che avrebbe dovuto fare per vivere nel modo più eccellente, il Dio gli rispose che doveva diventare della stessa carnagione dei morti, da cui dedusse che avrebbe dovuto applicarsi alla lettura dei libri degli antichi. Quindi, si è unito a Cratete di Tebe... '.\n\nPeriodo romano.\n279 a.C. - I celti e i romani.\nNel 279 a.C., saccheggiato da un'invasione celtica, l'oracolo dichiarò:.\n\nI Celti furono colpiti da terremoti, valanghe e un'enorme tempesta di neve, costringendoli a ritirarsi. Ma i romani erano una questione diversa. Nel 191 a.C., il santuario di Delfi cadde nella sfera d'influenza romana, e l'oracolo generalmente sostenne l'ascesa di Roma da quel momento in poi.\n\n83 a.C. - Pompeo.\nNell'83 a.C., Delfi fu rasa al suolo da un attacco della tribù tracia dei Maedi che estinse il sacro fuoco che stava bruciando ininterrottamente da secoli. Ai tempi di Pompeo, Cicerone, alleato di Pompeo, consultò l'Oracolo su come avrebbe dovuto trovare la più grande fama e gli fu detto:.\n\nPompeo fu successivamente sconfitto da Giulio Cesare. Cicerone coltivava la sua oratoria e le sue capacità nei tribunali per preservare Roma dalla cospirazione di Catilina, guadagnandosi fama immortale.\n\n67 d.C. - Nerone.\nNel 67 d.C., l'imperatore Nerone, che aveva appena 30 anni e aveva ucciso sua madre nel 59 d.C., visitando l'Oracolo fu detto:.\n\nNerone era arrabbiato e per questo la pizia venne bruciata viva. Nerone pensava che avrebbe avuto un lungo regno e sarebbe morto a 73 anni. Invece il suo regno arrivò a una breve fine dopo una rivolta di Galba che all'epoca aveva 73 anni.\n\nPrima del 117 - Adriano.\nPrima del 117 l'imperatore Adriano visitò Delfi prima di salire al trono. Dopo aver bevuto dalla sorgente Kassotis, fu proclamato il suo destino di Imperatore. Quando sedette sul trono, ordinò di bloccarlo in modo che nessun altro potesse ottenere la stessa idea allo stesso modo.\n\n302 - Diocleziano.\nL'imperatore Diocleziano, consultando l'oracolo su consiglio di Gallerio, disse che la setta dei cristiani avrebbe portato alla distruzione dell'Impero. Ciò portò alle persecuzioni di Diocleziano dove i cristiani furono perseguitati per non aver accettato i sacrifici agli dei romani. Dopo l'editto di tolleranza di Costantino, e specialmente dopo il regno di Teodosio, i cristiani si vendicarono perseguitando la Pizia.\n\n362 - Giuliano l’apostata.\nL'agiografia racconta che nel 362, a nome del suo imperatore Giuliano l'Apostata, Oribasio visitò l'oracolo delfico, a quel tempo in uno stato di desolazione, offrendo i servizi del suo imperatore al tempio e, in cambio, ricevendo una delle ultime profezie della pizia.\n\nFontenrose dubita dell'autenticità di questo oracolo, caratterizzandolo come un 'oracolo cristiano, concepito per dimostrare che l'Apollo delfico aveva previsto la missione di Cristo e la fine degli Oracoli.’’.\n\n393 - L’ultimo oracolo.\nL'ultimo oracolo registrato fu nel 393 d.C., per ordine dell'imperatore Teodosio I, il tempio fu chiuso e mai riaperto. L'Oracolo ha dichiarato che tutto è finito. Entro 5 anni l'imperatore sarebbe morto e 15 anni dopo Alarico e i Visigoti conquistarono Roma. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Litierse.\n### Descrizione: Litierse, figlio di Mida e principe di Frigia, è un personaggio della mitologia greca, noto per la sua esperienza e superiorità nella mietitura.\nSecondo la leggenda egli sfidava chiunque transitasse per la Frigia a batterlo nella sua abilità; se avessero perso sarebbero stati uccisi dal principe; venne sconfitto da una sola persona, che lo uccise: Eracle.\nInsieme ad Eracle è il protagonista del dialogo 'L'ospite' nell'opera di Cesare Pavese Dialoghi con Leucò. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Litochoro.\n### Descrizione: Litochoro (in greco Λιτόχωρο?) è un ex comune della Grecia nella periferia della Macedonia Centrale di 7.011 abitanti secondo i dati del censimento 2001.È stato soppresso a seguito della riforma amministrativa, detta Programma Callicrate, in vigore dal gennaio 2011 ed è ora compreso nel comune di Dion-Olympos.\nLa città è ad una distanza di circa novanta chilometri da Salonicco, ad ovest del Golfo Termaico. Litochoro, menzionata per la prima volta da San Dioniso, è una città conosciuta da coloro che desiderano arrampicarsi sul monte Olympo; quasi tutti gli itinerari escursionistici partono a sud-ovest di Litochoro.\n\nGeografia e informazioni.\nLitochoro è situata ventidue chilometri a sud di Katerini, novanta chilometri a sud-ovest di Salonicco, cinquantotto chilometri a nord di Larissa e quattrocentoventi chilometri da Atene, sulle pendici orientali del monte Olimpo, conosciuto come la sede degli dei e di Zeus. Gli alberi del pino, del cedro e dell'abete che crescono nelle foreste del monte Olimpo stanno al sud-ovest ed a nord-ovest. Il terreno coltivabile è prevalentemente al nord. Litochoro ha parecchi ristoranti e caffè.E'gemellata con Atri (TE).\n\nPláka.\nAd est della città di Litochoro c'è una zona costiera estesa, conosciuta con il nome di Pláka o di Pláka Litochorou, che si estende dai piedi del monte Olympο fino al Golfo Termaico e da Leptokaria, nel sud, fino Gritsa nel nord. Una parte della strada nazionale della strada principale E75 attraversa la zona di Plaka, nel sud di Litochoro. Il litorale principalmente è formato da spiagge sabbiose, vicino alle quali si trovano gli hotel, i campeggi, i ristoranti ed i bar della spiaggia, (che principalmente funzionano durante la stagione estiva, a partire da giugno fino a settembre). Nella zona di Plaka ci sono residenze private, ville di lusso ed i cottage. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Livadeia.\n### Descrizione: Livadeia (in greco Λιβαδειά?, pron. Livadià) è un comune della Grecia situato lungo la strada per Delfi, nella periferia della Grecia Centrale (unità periferica della Beozia) con 32 151 abitanti secondo i dati del censimento 2001.\nA seguito della riforma amministrativa detta Programma Callicrate in vigore dal gennaio 2011 che ha abolito le prefetture e accorpato numerosi comuni, la superficie del comune è ora di 694 km² e la popolazione è passata da 21 492 a 32 151 abitanti.\nDista 130 km da Atene in direzione nord-ovest.\n\nStoria.\nPeriodo classico.\nLa tradizione vuole che l'antico nome della città fosse quello di Mideia e che fosse posizionata in collina. Nome che fu cambiato quando l'ateniese Levado si trasferì nella zona; in questo periodo la città era conosciuta per la presenza dell'oracolo di Trofonio.\n\nSport.\nCalcio.\nLa squadra principale della città è il Athlītikos Podosfairikos Omilos Levadeiakos. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Ma (divinità).\n### Descrizione: Con il nome di Ma si indica di un'importante divinità femminile, che anticamente era venerata nella regione anatolica della Cappadocia, precisamente nella città di Comana, che era governata dal suo sommo sacerdote. Questa divinità era di fatto una delle molte manifestazioni della Grande Madre anatolica. Il suo culto affondava probabilmente le proprie radici nella preistoria dell'odierna Anatolia e fu praticato in maniera ininterrotta, anche se con diverse varianti, fino all'avvento del Cristianesimo. In epoca ellenistica fu identificata con Enio e in quella romana con Bellona. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Macaone (mitologia).\n### Descrizione: Macaone (in greco antico: Μαχάων?, Macháōn) è un personaggio della mitologia greca, figlio di Asclepio ed Epione, fratello di Podalirio. Celebre medico, imparò le sue arti guaritrici dal padre e dal maestro Chirone.\nEra tra i pretendenti di Elena.\n\nEtimologia.\nIl nome di Macaone è basato probabilmente sulla radice greca μάχομαι (máchomai) o μάχη (máchē), 'combattere', comunissima nell'onomastica greca.\n\nIl mito.\nNella guerra di Troia.\nGiunse al porto di Aulide insieme al fratello Podalirio, portando con sé 30 navi. Curava le ferite degli Achei con Vino ed erbe ma combatteva comunque nelle battaglie. Guarì la ferita di Menelao causatagli dalla freccia di Pandaro. Venne a sua volta ferito quando i troiani attaccarono il muro acheo e fu costretto a ritirarsi insieme a Nestore nella sua tenda. Curò l'ulcera di Filottete quando questi venne portato via dall'isola di Lemno dove era stato confinato.\n\nLa morte.\nSecondo la tradizione più accreditata, ripresa anche nell'Eneide, fu tra i guerrieri che si nascosero nel cavallo di legno e morì per mano di Euripilo, figlio di Telefo, secondo un'altra tradizione morì prima della conquista di Troia e fu l'amazzone Pentesilea a ucciderlo. La sua salma venne riportata in Grecia da Nestore.\n\nLetteratura postclassica.\nMacaone è invocato da Antonio Abati nella sua opera Le Frascherie. Nella sua satira sulla pazzia scrive:.\n\nMacaone è visto cioè quale dispensatore di 'libertà' se accettiamo le sue medicine anti-inibitorie. Da questa esortazione si evince forse una concessione nell'assunzione di Elleboro. Il riferimento ad Anticira città greca famosa per l'abbondante rigoglio di tale pianta è desunto da un luogo delle Satire di Persio (Sat. IV, 16).\nI nomi di Macaone e di suo fratello Podalirio sono stati attribuiti da Linneo a due specie di farfalle: Papilio machaon e Iphiclides podalirius. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Macaria (figlia di Eracle).\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Macaria o Makaria (in greco antico: Μακαρία) è una figlia di Eracle e Deianira, menzionata ne Gli Eraclidi, tragedia di Euripide.\n\nMitologia.\nDopo la morte dell'eroe, il re Euristeo continua a covare e perseguire il suo desiderio di vendetta e vuole così uccidere i figli di Eracle. Macaria fugge ad Atene, insieme ai suoi fratelli e a Iolao, un vecchio amico del padre; vengono tutti accolti dal re Demofone. Arrivato alle porte di Atene con il suo esercito, Euristeo dà un ultimatum a Demofone, minacciandolo di muovere guerra contro la città di Atene se egli non consegnerà i figli di Eracle. Demofone si rifiuta e si prepara quindi alla guerra, ma un oracolo predice che gli Ateniesi vinceranno soltanto se una nobile fanciulla verrà sacrificata alla dea Persefone. Sentendo ciò, Macaria capisce immediatamente qual è il suo destino: morire per mano di Euristeo o sacrificarsi e determinare la vittoria di Atene e la salvezza dei suoi fratelli. Dato che in nessun caso, comunque, potrebbe vivere una vita serena e felice, sceglie la seconda via e si offre come vittima per salvare la città, che ha accolto lei e i suoi fratelli, e i suoi abitanti, rifiutando così l'estrazione casuale del sacrificio, che avrebbe messo in pericolo altre ragazze. Gli ateniesi le furono grati e la onorarono con sontuosi riti funebri.\nIl mito ha un significato eziologico: la primavera in cui è morta la fanciulla è stata nominata Macarian in suo onore. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Macelo.\n### Descrizione: Macelo (in greco antico: Μακελώ?, Makeló) è un personaggio della mitologia greca. Fu una dei Telchini.\n\nGenealogia.\nCallimaco scrive che sia figlia di Damon che secondo alcuni è lo stesso nome di Demonax.\nSposò Demonax che la rese madre di Dessitea.\n\nMitologia.\nMacelo, secondo Ovidio perì assieme a tutti i Telchini quando gli dèi, offesi dalla loro arroganza, decisero di distruggerli mentre invece secondo altri si salvò assieme alla figlia Dessitea. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Machereo.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Machereo era il nome di uno dei figli di Daita, un sacerdote del tempio di Delfi.\n\nIl mito.\nMachereo secondo una delle versioni del mito è stato l'assassino di Neottolemo, l'eroe infatti aveva obiettato su alcune regole a cui erano imposti i sacerdoti di Apollo, oppure perché aveva rubato i soldi dell'elemosina e incendiato il tempio stesso..\n\nEtimologia.\nIn greco il nome Machereo significa 'l'uomo dal coltello'. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Makhai.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, le Makhai erano gli Spiriti della battaglia, figlie di Eris. Tra di loro si possono probabilmente annoverare Homados (Il rumore della battaglia), Alalà (Il grido di guerra), Proioxis (L'avanzata impetuosa), Palioxis (La ritirata confusa) e Cidoimo (La confusione).\nGeneralmente accompagnavano entità violente e malvagie come il dio della guerra Ares, le Chere, Polemos, Enio, oltre alla loro madre Eris.\n\nVoci correlate.\nDivinità della guerra.\n\nCollegamenti esterni.\n(EN) Le Makhai in theoi.com, su theoi.com. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Manfred Korfmann.\n### Descrizione: Manfred Osman Korfmann (Colonia, 26 aprile 1942 – Ofterdingen, 11 agosto 2005) è stato un archeologo tedesco.\nNegli ultimi anni di vita, aveva raggiunto grande popolarità in Germania come promotore di nuovi scavi nell'antica città di Troia, nell'odierna Turchia.\n\nBiografia.\nKorfmann cominciò il tirocinio come insegnante di inglese e di storia al termine degli studi, nel 1961. Da assistente a Beit Jala/Betlemme (Giordania, oggi Cisgiordania) sviluppò un grande interesse per l'archeologia. A partire da quel momento decise quindi di proseguire gli studi, dal 1962 al 1970, sulla storia primitiva e su quella antica, come pure di archeologia presso l'università di Francoforte sul Meno e all'università americana di Beirut. Si laureò nel 1970 a Francoforte sul Meno. Dal 1971/72 è stato ricercatore scientifico presso l'università di Francoforte sul Meno con il progetto di mappare l'Africa finanziato dalla DFG. Successivamente ha lavorato (1971-1978) come consulente scientifico all'Istituto Archeologico Tedesco (dipartimento di Istanbul), partecipando ad alcuni scavi a Demircihueyuek. Nel periodo 1978-1982 è stato ricercatore al DAI di Berlino. Nel 1980 ha conseguito l'abilitazione ed è diventato lettore all'università di Francoforte sul Meno. Nel 1982 ha conseguito una cattedra di storia primitiva e antica all'Università di Tubinga.\nNel 1988 il governo turco gli rilasciò un permesso di scavo esclusivo con cui portò alla luce la parte inferiore della città di Troia e parte delle mura difensive. Durante la campagna di scavo e sotto la direzione di Korfmann furono scavati 13.240 m² di terra da 370 scienziati. A partire dall'opera di Schliemann, è in atto una grande disputa culturale e storica: mentre molti storici di vecchia scuola mettono in discussione il significato di Troia, Korfmann avanzò la tesi che la città risalente all'età del bronzo aveva rivestito un ruolo centrale nell'area del mar Mediterraneo. Nel 2001 e 2002 il dibattito raggiunse l'apice. In un convegno tra scienziati nel febbraio 2002 a Tubinga, Korfmann avanzò argomentazioni convincenti a sostegno della sua tesi, cui era giunto con l'avanzamento scavi. Ulteriori scavi nell'agosto 2003 hanno supportato la sua teoria.\nNel 1996 ha collaborato all'istituzione di un parco nazionale nel sito archeologico di Troia e due anni più tardi l'UNESCO ha dichiarato tale sito Patrimonio culturale dell'umanità. Molti turisti si recano ogni anno in visita nel sito archeologico della città di Troia. Lo scienziato nel 2004 ha accettato la cittadinanza turca conferitagli dal governo per il lavoro profuso nel paese, adottando Osman come secondo nome. Erano passati 15 anni dai primi scavi e grazie a Korfmann l'interesse su Troia crebbe enormemente: i suoi scavi riaccendevano l'entusiasmo per l'alone di mito e di leggenda attorno a Troia. È stato un esplicito desiderio del professore che gli scavi proseguissero; alla fine di agosto 2005, circa 45 scienziati, prevalentemente dall'Università di Tubinga, erano presenti a Troia. Anche grazie al suo appoggio, nel 2001 si è tenuta a Stoccarda una grande mostra su Troia: Troia, mito e realtà, che ha registrati più di 800.000 visitatori. Oltre agli scavi a Troia, Korfmann si è dedicato anche ad altri scavi come nel Caucaso ed in Asia centrale. È morto di cancro al polmone l'11 agosto 2005 a 63 anni nella sua casa di Ofterdingen vicino a Tubinga.\n\nOpere.\nStudia Troica. Troia und die Troas, Archäologie einer Landschaft, Jahrbuch 1991 ff.\nArchäologisches Landesmuseum Baden-Württemberg: Troia. Traum und Wirklichkeit. Stuttgart, Theiss 2001.\nMauerschau. Festschrift für Manfred Korfmann. Remshalden-Grunbach, Greiner 2002.\n\nOnorificenze.\nCollegamenti esterni.\nSito dell'università di Korfmann, su uni-tuebingen.de. URL consultato il 26 novembre 2006 (archiviato dall'url originale il 21 aprile 2009).\n(EN) Project Troia - Sito del Progetto Troia sotto la direzione del Prof. Manfred Korfmann.\nUNESCO-World Heritage, su whc.unesco.org. URL consultato il 26 novembre 2006 (archiviato dall'url originale il 14 luglio 2016).\nLa verità su Troia - trascrizione della BBC.\nwww.troia.de - sito della mostra su Troia nel 2001/2002.\n\nArticoli.\nC'è mai stata una guerra di Troia? Archiviato il 28 dicembre 2012 in Internet Archive., 'The Archaeology Journal', Vol. 57, No. 3, Maggio/Giugno 2004 di Korfmann.\n'The Boss' non è più tra noi, Stuttgarter Zeitung, 12.08.2005.\nManfred Korfmann è morto, Giornale tedesco 'Der Spiegel'.\nLa fiducia in Omero: È morto l'archeologo Manfred Korfmann , Giornale tedesco 'Die Welt'.\nÈ morto lo studioso di Troia, Giornale tedesco 'Süddeutsche Zeitung'.\nhttp://www.swr.de/kultur/wissen/-/id=253126/nid=253126/did=631172/1e446z7/index.html, Südwestrundfunk, 11.08.2005 con fotografie.\nSito web su Troia, 15.02.2002; articoli apparsi nel giornale locale di Tubinga con commenti di Kolb and Korfmann.\nNew York Times News Service, su indystar.com. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Manto.\n### Descrizione: Manto (in greco antico: Μαντώ?, Mantṑ) è una maga, personaggio letterario della mitologia greca.\nA lei vengono attribuiti dei figli Anfiloco e Tisifone avuti da Alcmeone ed un altro (Mopso) avuto da Apollo o da Racio, un re della Caria.\n\nIl mito.\nFiglia dell'indovino tebano Tiresia dal quale aveva ereditato le capacità magiche e divinatorie, è ricordata da Virgilio (Eneide X, 198-200), da Servio nel suo commento a Virgilio, da Ovidio (Metamorfosi VI, 157 e seguenti) e da Stazio (Thebais, IV 463-466 e VII 758 e seguenti).\nA seconda degli autori essa ha diversi connotati. Fu consacrata sacerdotessa di Apollo a Delfi. Per Virgilio fu moglie di Tosco (il mago personificazione del fiume Tevere) e madre di Ocno, leggendario fondatore di Mantova che prese il nome proprio da Manto. Secondo altri autori greci generò Mopso.\nIn Stazio, dopo la morte del padre durante l'assedio di Tebe, essa iniziò a vagare per molti paesi, prima di fermarsi lungo le rive del Mincio dove creò un lago con le sue lacrime, il lago che circonda Mantova appunto. Queste acque avevano il magico dono di conferire capacità profetiche a chi le beveva.\nDante Alighieri la riprese per includerla tra i dannati dell'Inferno (fraudolenti, ottavo cerchio, quarta bolgia), tra altri indovini mitologici compreso il padre Tiresia (Inf. XX, 52-57).\nLa sua presenza dà l'occasione al poeta di scrivere una lunga parentesi sulle origini di Mantova, che viene fatta pronunciare da Virgilio stesso. Smentendo se stesso, Dante immagina che egli rettifichi la sua versione dei fatti, circoscrivendo la fondazione a fatti scevri da riti magici: Manto sarebbe morta nel sito dove poi altri uomini, «sanz'altra sorte» cioè senza sortilegi, fondarono la città, scegliendo il nome in onore della donna lì sepolta. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Marcel Homet.\n### Descrizione: Marcel Francois Raphael Homet (Rochefort-sur-Mer, 23 marzo 1897 – 1982) è stato un archeologo e antropologo francese.\nCompì viaggi e spedizioni in varie parti del mondo, studiando e documentando popoli africani e sudamericani e cercando inoltre tracce di un'antica civiltà che riteneva collegata ad Atlantide.\n\nBiografia.\nNato a Rochefort (Nuova Aquitania) nel 1897, Homet fu impiegato durante la seconda guerra mondiale come agente del SOE britannico.Allievo e amico di Henri Breuil, dopo la guerra divenne docente di lingue arabe classiche all'Università di Algeri, poi archeologo, paleontologo, antropologo ed etnologo. In seguito si trasferì in Germania nei pressi di Stoccarda fino al 1980. Trascorse 15 anni viaggiando in Marocco, Tunisia, Egitto, Siria, Libano, Palestina e Turchia, effettuando importanti ricerche sulla cultura e gli idiomi di quelle popolazioni mediterranee.\nNel Congo ex francese studiò per primo l'origine, gli usi e i costumi dei pigmei Babinga, mentre nel Sahara rinvenne graffiti preistorici che avrebbero dato il via ad ulteriori indagini scientifiche.\nViaggiò attraverso gli Stati Uniti, Haiti e Venezuela, finché, nel 1940, con sua moglie Geneviève, fu incaricato dalla facoltà di antropologia dell'Università di Parigi di eseguire alcune spedizioni in Brasile, penetrando nei territori del vastissimo bacino del Rio delle Amazzoni, fino a quel momento quasi totalmente inesplorati.\nDurante le sue spedizioni, studiò intorno al 1950 un colossale monolite (denominato Pedra Pintada, ovvero 'pietra dipinta') ricoperto di graffiti, incisioni e simboli che, secondo le leggende degli indios locali, indicherebbe la presenza di un'antica città perduta. In Brasile Homet continuò a indagare sulla presenza nella regione dei resti di un antico popolo che riteneva discendente dalla mitica civiltà di Atlantide, obbiettivo principale della spedizione.\nHomet combatté anche contro la campagna di stermino degli indios condotta in Brasile e in Venezuela.\nTra il 1934 e il 1978 pubblicò oltre venti libri, numerosi articoli e documenti, tenendo anche dopo il suo pensionamento conferenze di antropologia, etnologia e storia delle civiltà. Si spense nel 1982.\n\nOpere.\n(elenco parziale).\nCongo: terre de souffrances, Éditions Montaigne, Parigi 1934.\nAfrique de nord: terre d'attente, Éditions Montaigne, Parigi 1935.\nMéditerranée mer impériale. Le conflit méditerranéen La France et le problème marocain, Éditions de la Nouvelle revue critique, Parigi 1937.\nSyrie terre irrédente. L'histoire secrète du traité franco-syrien. Où va le Proche-Orient?, J. Peyronnet & cie, Parigi 1938.\nGarderons-nous nos colonies d'Afrique?, J. Peyronnet, Parigi 1938.\nAfrique Noire, terre inquiète, Parigi 1939.\nSaüdades: Portugal, terre du regret, Império, 1942.\nI figli del sole (Les fils du soleil), ed.it. 1972, libro in cui Homet descrive il suo viaggio in Brasile alla ricerca di resti di un'antica civiltà collegata ad Atlantide.\nAlla ricerca degli dei solari (À la poursuite des dieux solaires), J'ai lu A309, 1974. Alla ricerca delle misteriose civiltà antiche tra gli indios più selvaggi.\nChan-Chan, la misteriosa (Chan Chan, La Mystérieuse Ville Impériale pré-incaïque), ed.it. 1974. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Marnas.\n### Descrizione: Marnas era una divinità maschile principale dell'antica città di Gaza Il nome Marnas è una perifrasi derivante dall'espressione aramaica Maran, in italiano Nostro Signore. Marnas era assimilato a Zeus. Sulle monete locali, coniate durante il regno di Adriano, è rappresentato come un giovane uomo nudo, avente le fattezze di Apollo, in compagnia della dea Artemide. Il suo culto a Gaza è attestato a partire dal II secolo a.C. Il suo tempio, uno tra i più importanti della città antica di Gaza, fu distrutto dagli imperatori cristiani nel IV secolo d.C. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Marsia.\n### Descrizione: Marsia (in greco antico: Μαρσύας?, Marsýas) è una figura della mitologia greca, figlio di Eagro. Secondo altre versioni sarebbe invece figlio di Olimpo.\n\nDescrizione.\nEra un sileno, dio del fiume Marsia, affluente del Meandro in Anatolia.\nPindaro narra di come la dea Atena una volta inventato l'aulos gettò via lo strumento, infastidita del fatto che le deformasse le gote quando lo suonava.\nMarsia lo raccolse, causando il disappunto di Atena, che lo percosse. Non appena Atena si fu allontanata, Marsia riprese lo strumento e iniziò a suonarlo con una tale grazia che tutto il popolo ne fu ammaliato, convincendosi che il suo talento fosse maggiore anche rispetto ad Apollo.\nMarsia, orgoglioso, non li contraddisse, finché un giorno la sua fama arrivò proprio ad Apollo, che subito lo sfidò (secondo altre versioni fu lo stesso Marsia a sfidarlo). Al vincitore, decretato dalle Muse, giudici della tenzone, sarebbe stato concesso il diritto di far ciò che volesse del contendente.\nDopo la prima prova, però, le Muse assegnarono un pareggio che ad Apollo, ovviamente, non andò bene. Così il dio invitò Marsia a rovesciare il suo strumento e a suonare: Apollo, logicamente, riuscì a rovesciare la cetra e a suonarla, ma Marsia non poté fare altrettanto con il suo flauto e riconobbe Apollo vincitore (secondo un'altra versione Apollo propose per poter eleggere un vincitore di cantare e suonare contemporaneamente, così che solo lui, che aveva uno strumento a corde, ci sarebbe riuscito). Il dio, allora, decise di punire Marsia per la sua superbia (hýbris, in greco) e, legatolo a un albero, lo scorticò vivo.\nL'episodio ispirò molti artisti tra cui Mirone, Prassitele, Ovidio, Tiziano e Dante; quest'ultimo in particolare lo ricorda nell'invocazione ad Apollo nel canto I del Paradiso (vv. 19-21).\nOvidio menziona la sorte dell'auleta nelle proprie Metamorfosi:.\n\nMarsia come Socrate.\nNella parte finale del Simposio, Platone narra dell'elogio che Alcibiade fece a favore di Socrate paragonandolo a Marsia:.\n\nNello Pseudo-Apollodoro e in Erodoto.\nLo Pseudo-Apollodoro narra che Apollo uccise anche Marsia, figlio di Olimpo e inventore della piva, rifiutata da Minerva perché rendeva deforme il volto di chi la usava. Marsia sfidò Apollo a una competizione musicale, il cui vincitore avrebbe potuto disporre liberamente della vita dell'altro. Apollo vinse la sfida mostrandosi capace di suonare la cetra alla rovescia, cosa che fu impossibile a Marsia con la piva. E in questo modo finì scorticato vivo da Apollo (Libro I, cap. 4, II).\nLa stessa vicenda è ripresa nelle Storie di Erodoto narrano che il Sileno Marsia era un satiro scorticato vivo da Apollo in una competizione musicale. La sua pelle fu messa pubblicamente in mostra ad Apamea di Frigia. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Massime delfiche.\n### Descrizione: Le massime delfiche sono un insieme di 147 aforismi ritrovati inscritti fra le rovine dell'antica città di Delfi. Originariamente la tradizione riteneva che tali precetti fossero stati donati agli uomini dal dio greco Apollo per il tramite dell'Oracolo di Delfi, cioè la sacerdotessa Pizia. Lo studioso del V secolo, Stobeo, li attribuì in seguito ai Sette saggi della Grecia. Gli studiosi contemporanei, tuttavia, sostengono che la loro paternità originale è incerta e che 'molto probabilmente erano proverbi popolari, che in seguito sarebbero stati attribuiti a saggi particolari.' Forse la più famosa di queste massime è 'Conosci te stesso', che, secondo il viaggiatore e geografo Pausania, si trovava inciso nel pronao del Tempio di Apollo a Delfi.\nL'ordine specifico e la formulazione di ogni massima varia tra diverse versioni (e traduzioni) del testo.\n\nL'iscrizione di Ai-Khanoum.\nNelle rovine della città ellenistica di Ai-Khanum (ex Regno greco-battriano e moderno Afghanistan), su un Heroon (monumento funerario) identificato come tomba di Kineas (Κινέας, descritto anche come l'ecista - οἰκιστής, fondatore - dell'insediamento greco) e datato al 300-250 a.C., è stata trovata un'iscrizione che riporta parte delle massime delfiche (precetti dal n° 143 al 147):.\nGreco antico.\n\nπαῖς ὢν κόσμιος γίνου,.\nἡβῶν ἐγκρατής,.\nμέσος δίκαιος,.\nπρεσβύτης εὔβουλος,.\nτελευτῶν ἄλυπος.Italiano.\n\nDa fanciullo comportati bene,.\nda giovane (sii) controllato,.\nnell'età di mezzo giusto,.\nda anziano prudente,.\nalla fine della vita sereno.I precetti furono dati da un greco di nome Klearchos (Κλέαρχος), il quale potrebbe essere identificato con Clearco di Soli, il discepolo di Aristotele e che, secondo la stessa iscrizione, li aveva copiati da Delfi:.\nGreco antico.\n\nἀνδρῶν τοι σοφὰ ταῦτα παλαιοτέρων ἀνάκει[τα]ι.\nῥήματα ἀριγνώτων Πυθοὶ ἐν ἠγαθέαι·.\nἔνθεν ταῦτ[α] Κλέαρχος ἐπιφραδέως ἀναγράψας.\nεἵσατο τηλαυγῆ Κινέου ἐν τεμένει.Italiano.\n\nQuesti detti sapienti di uomini illustri d’un tempo.\nsono consacrati nella santissima Pito,.\ndonde Clearco, avendole trascritte fedelmente,.\n(le trasferì e) le collocò, brillanti lontano, nel santuario di Cinea.La relazione tra Kineas e Klearchos incarna la doppia natura di questa fondazione civica. Kineas fondò la città nel tardo quarto secolo, ma tre generazioni dopo Klearchos le diede il suo atto costitutivo intraprendendo la sua missione a Delfi. I due completavano le diverse parti di una tradizionale storia di fondazione greca, con Kineas che fondava la città e riceveva il culto e Klearchos che forniva la connessione pseudo-oracolare con Delfi. Klearchos potrebbe essere stato membro di una famiglia importante, forse persino un discendente di Kineas.\n\nLe 147 Massime Delfiche. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Medea (Rameau).\n### Descrizione: Medea (Medée) è una cantata scritta da Jean-Philippe Rameau.\nLe cantate profane di Rameau sono legate al periodo e all'attività in cui divenne organista nella Cattedrale di Clermont-Ferrand.\nAlcune delle cantate andarono perse nel tempo: oltre a Medea, Les Amants trahis, L'absence e L'Impatience.\nDi Medea i critici e gli studiosi di musica non riescono a dare una datazione certa: la sua composizione viene collocata fra il 1715 e il 1721. Altri la collocano nel periodo dal 1702 al 1706. Da alcune fonti viene anche ipotizzata una sua possibile riscrittura avvenuta in un tempo successivo. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Medea. Voci.\n### Descrizione: Medea. Voci (Medea. Stimmen) è il titolo di un romanzo della scrittrice tedesca Christa Wolf pubblicato nel 1996.\nIn questo romanzo l'autrice ribalta la versione che ci è pervenuta da Euripide che vede Medea soprattutto come la madre che ha ucciso i propri figli e, riscrivendo il mito, propone una figura di donna, Medea appunto, che, come scrive Anna Chiarloni, è «una donna travagliata sì dall'amore, ma ancor più dall'incapacità degli abitanti di Corinto di integrare una cultura come quella della Colchide, per sua natura non incline alla violenza. Non un'infanticida dunque, al contrario una donna forte e generosa, depositaria di un remoto sapere del corpo e della terra, che una società intollerante emargina e annienta negli affetti fino a lapidarle i figli».\n\nTrama.\nTornati in Grecia dalla Colchide orientale, terra natia della principessa Medea, lei e il suo sposo Giasone, l'eroe capo degli Argonauti, decidono di mettere su famiglia. Infatti ora Giasone ha il pieno potere su tutta la Grecia (e specialmente sulla provincia di Corinto), dato che ha ucciso da solo il cattivo zio Pelia che gli usurpava il trono. Infatti proprio per un suo inganno Giasone ha dovuto intraprendere il viaggio con gli Argonauti dalla Grecia nel lontano Oriente per recuperare la reliquia sacra del Vello d'oro. Ora che ha compiuto entrambe le imprese (il recupero del Vello e lo spodestamento dello zio), Giasone fa procreare alla sposa Medea due bambini maschi.\nTuttavia la situazione si comincia ad incrinare quando Medea incomincia a rendersi conto di essere una presenza ostile ai cittadini civilizzati della Grecia. Infatti lei prima nella Colchide era una vera nobile (sebbene avesse delle usanze ancora rozze e barbare), ma ora in questa nuova terra non riesce a stare a suo agio: le mancano l'affetto del padre e dei familiari che è stata costretta ad abbandonare volutamente per amore di Giasone. Oltre ai suoi problemi di integrazione, ci si mettono anche i crudeli e cinici cittadini di Corinto che scelgono di farla scacciare via dalla città una volta per tutte, semplicemente per puro razzismo. Dopo il suicidio di Glauce (figlia del re di Corinto e promessa sposa di Giasone), gli abitanti di Corinto fanno ricadere su Medea la morte della giovane e mettono in atto il macabro e raccapricciante piano di uccidere i figli della protagonista, ancora una volta incolpata di questo crimine orrendo. L'opera crudele si compie e Medea vive disperata per la morte truce dei suoi pargoli lapidati. Sconsolata e segnata profondamente a vita, a Medea non resta che vagare per la Grecia sconosciuta e violenta, finché non termina i suoi giorni di agonia.\n\nIl mito originale.\nNelle storie originale specialmente nella tragedia di Euripide, Medea è sì una donna condannata dalla cattiveria occidentale del marito Giasone, che la tradisce con Glauce, ma ella comunque decide di agire e di vendicarsi in maniera terribile, addirittura recando dolori peggiori di quelli che le dette il marito unendosi con un'altra donna. Già prima che Giasone la sposasse Medea aveva dato grande capacità di cattiveria uccidendo il fratellino Absirto sulla nave Argo mentre era inseguita dal padre Eete, desideroso di vendicarsi contro Giasone per il furto del Vello d'oro. Giunti in Grecia, Giasone chiede allo zio Pelia di restituirgli il trono, ma costui rifiuta. Allora Medea escogita un inganno per ucciderlo e propone alle figlie del vecchio re di immergerlo in un pentolone enorme ripieno di un'acqua magica, che avrebbe ridato a Pelia la giovinezza. In realtà Medea ha versato nel grosso catino dell'acido e così Pelia quando vi viene gettato muore disciolto.Dopo lo sposalizio di Giasone con Glauce, Medea viene ripudiata, sebbene abbia già partorito i due figlioletti da una delle tante unioni con il consorte. Ora Medea desidera vendicarsi totalmente contro Giasone e così fa recapitare un dono alla sprovveduta e giovane Glauce: un lussuoso mantello che è avvelenato da un acido che si infiamma non appena viene a contatto con la pelle. Celebrate le nozze, Glauce indossa il mantello e improvvisamente viene avvolta da una nuvole enorme di fuoco che la divora in un batter d'occhio, riducendola ad un pezzo di carbone. Giasone infuriato si precipita in casa di Medea (perché era già a conoscenza dei disturbi di Medea) e quando giunge trova la moglie che ha sgozzato i due figlioletti e che ha appiccato il fuoco alla casa, portando con sé i due piccoli cadaveri in modo che il padre non possa piangerli. Giasone prova ad ucciderla ma Medea, in quanto potente maga e soprattutto nipote del dio Elio che le fornisce un carro, si libra in cielo sparendo e lasciando il marito con il suo dolore. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Medea.\n### Descrizione: Medea (in greco antico: Μήδεια?, Mḕdeia) è una figura della mitologia greca, figlia di Eete, re della Colchide, e di Idia.\nNe Le Argonautiche di Apollonio Rodio era indicata come nipote di Elio e della maga Circe; al pari di quest'ultima era dotata di poteri magici.\nSecondo la variazione del mito proposta da Diodoro Siculo, il Sole, Elio, ebbe due figli, Perse e Eete; Perse ebbe una figlia, Ecate, potentissima maga, che lo uccise e più tardi si congiunse con lo zio Eete. Da questa unione sarebbero nati Medea ed Egialeo (o Apsirto).\n\nMito.\nMedea è uno dei personaggi più celebri e controversi della mitologia greca. Il suo nome in greco significa 'astuzie, scaltrezze'. Citata fin dalla Teogonia di Esiodo, è descritta come una figura dotata di poteri divini equiparabile alla concezione moderna di 'maga'.\nQuando Giasone giunge nella Colchide insieme agli Argonauti alla ricerca del Vello d'oro, capace di guarire le ferite, custodito da un feroce e terribile drago per conto di Eeta, lei se ne innamora perdutamente. E, pur di aiutarlo a raggiungere il suo scopo, giunge a uccidere il fratello Apsirto, spargendone i poveri resti dietro di sé dopo essersi imbarcata sulla nave Argo insieme a Giasone, divenuto suo sposo. Il padre, così, trovandosi costretto a raccogliere le membra del figlio, non riesce a raggiungere la spedizione, e gli Argonauti tornano a Iolco con il Vello d'Oro. Lo zio di Giasone, Pelia, rifiuta tuttavia di concedere il trono al nipote, come aveva promesso in precedenza, in cambio del Vello.\nMedea allora sfrutta le proprie abilità magiche e con l'inganno si rende protagonista di nuove efferatezze per aiutare l'amato. Convince infatti le figlie di Pelia a somministrare al padre un 'pharmakón', dopo averlo fatto a pezzi e bollito, che lo avrebbe ringiovanito completamente: dimostra la validità della sua arte riportando un caprone alla condizione di agnello, dopo averlo sminuzzato e bollito con erbe magiche. Le figlie ingenue si lasciano ingannare e provocano così la morte del padre, tra atroci sofferenze: Acasto, figlio di Pelia, pietosamente seppellisce quei poveri resti e bandisce Medea e Giasone da Iolco, costringendoli a rifugiarsi a Corinto, dove si sposeranno.\n\nLa Medea di Euripide.\nSono passati dieci anni, Creonte, re della città di Corinto, vuole dare la sua giovane figlia Glauce in sposa a Giasone, offrendo così a quest'ultimo la possibilità di successione al trono. Giasone accetta e cerca inutilmente di far accettare la cosa a Medea, che triste si dispera per l'abbandono e il nuovo esilio, imposto da Creonte, timoroso di sue vendette.\nMedea manda a chiamare Giasone, gli ricorda il loro passato e le volte che gli era venuta in aiuto, ma di fronte all'ingratitudine e all'indifferenza di Giasone, si adira e medita una tremenda vendetta. Fingendosi rassegnata, fa credere di volersi rappacificare con la nuova famiglia del marito per il bene dei figli e manda come dono nuziale una veste finissima e una corona d'oro alla giovane Glauce, la quale, non sapendo che i doni sono intrisi di un potente veleno, li indossa, per poi morire fra fiamme e dolori strazianti. Il padre Creonte, corso in aiuto, tocca anch'egli il mantello, e muore atrocemente.Ma la vendetta di Medea non finisce qui. Secondo Euripide, per assicurarsi che Giasone soffra e non abbia discendenza, dopo un'angosciosa incertezza vince la sua natura di madre e uccide i loro piccoli figli (Mermero e Fere) avuti da lui. Secondo Diodoro Siculo i figli che Medea aveva avuto da Giasone erano però tre: i due gemelli Tessalo e Alcimene e Tisandro.\nFuggita ad Atene, a bordo del carro del Sole trainato da draghi alati, Medea sposa il re Egeo, dal quale ha un figlio, Medo; Egeo aveva precedentemente concepito con Etra un figlio, Teseo. Medea vuole lasciare il trono di Atene a Medo, ma Teseo giunge in città. Egeo ignora che Teseo sia suo figlio, e Medea, che vede ostacolati i suoi piani per Medo, suggerisce al marito di uccidere il nuovo venuto durante un banchetto. Ma all'ultimo istante Egeo riconosce Teseo come suo figlio e Medea è costretta a fuggire di nuovo.\nTorna nella Colchide, dove si ricongiunge e si riappacifica con il padre Eete.\n\nLa Medea di Ovidio.\nOvidio tratta del mito di Medea in tre distinte opere: le Heroides, le Metamorfosi e la tragedia Medea, andata perduta.\nNel primo testo è la donna a parlare cercando di commuovere il marito, ma il racconto si interrompe prima del compimento della tragedia e il suo completamento è possibile al lettore solo attraverso la memoria letteraria. La Medea delle Metamorfosi è ben diversa: essa oscilla tra ratio e furor, mens e cupido, riprendendo, almeno in parte, la giovane tormentata dai rimorsi di Apollonio Rodio, divisa tra il padre e Giasone. Medea si dilania tra incertezza, paura, commozione e compassione.\nLa metamorfosi avviene in modo repentino ed è possibile rintracciarla attraverso il confronto tra la scena dell'incontro con Giasone nel bosco sacro e il ringiovanimento del padre dell'amato: se nel primo caso appare come un medico antico, nel secondo utilizza esplicitamente la parola 'arte' (vv.171-179) mostrandosi come una vera strega.\nAnche Ovidio riprende la scena del carro, presente già in Euripide e successivamente in Seneca, ma se in questi due casi l'episodio è inserito alla fine del racconto, Ovidio lo colloca a metà della narrazione: in tal modo Medea perde le sue qualità umane e il mondo reale cede il posto a quello fantastico.\nAll'inizio della Metamorfosi, Medea è la protagonista assoluta, ma pian piano cessa di essere un'eroina in cui il lettore può identificarsi e diviene un personaggio che appare e scompare come per magia.\nIl pathos del finale non è sfruttato al massimo: Medea è divenuta una vera strega e quindi non soffre dell'infanticidio commesso né potrebbe soffrire di un'ipotetica punizione.\n\nLa Medea di Draconzio.\nNella parte introduttiva Draconzio afferma di voler fondere tutti i motivi tipici del mito di Medea; lo fa invocando la Musa Melpomene e la Musa Calliope.\nMedea e Giasone appaiono tutti mossi dal destino e dalla volontà degli dei, legati come sono agli scontri tra Venere e Diana. Infatti la dea della caccia, sentendosi tradita per il matrimonio della sua sacerdotessa, scaglia una maledizione contro di lei. Maledizione che, alla fine, darà luogo alla morte del marito e dei figli.\nAll'inizio Medea è descritta come una 'virgo cruenta', ma viene definita maga solo al verso 343.\nCaratteristica di questo racconto è che è la donna a rubare il vello d'oro donandolo poi a Giasone, che appare per tutta la narrazione una figura passiva.\nAnche quando entra in scena Glauce l'eroe è semplice oggetto del desiderio, che la giovane otterrà anche a costo di rompere il legame matrimoniale che lo vincola. Entrambe le donne trasgrediscono così le norme morali: da un lato Medea tradisce la dea Diana, dall'altro Glauce porta al tradimento Giasone.\nDurante le nozze l'attenzione si concentra sulla coppia mentre Medea prepara la vendetta: sarà lei a donare a Glauce la corona da cui prenderà fuoco l'intero palazzo.\nMa il punto culminante della tragedia è il sacrificio che Medea offre a Diana: i suoi figli, sicché l'infanticidio non è più condotto per vendetta, ma come richiesta di perdono.\nNella scena finale l'autore riprende l'episodio del carro, ma questa volta il volo della donna ha valore semantico e non narrativo: Medea si riunisce a Diana e ritorna la 'virgo cruenta' dell'inizio della narrazione, lasciando a terra tutto ciò che era ancora legato a Giasone.\n\nOpere derivate (parziale).\nDanza.\nLetteratura.\nMusica.\nPittura.\nScultura.\nMedea (originale del 1865), scultura di William Wetmore Story.\nStatua di Medea (Batumi), scultura di Davit Khmaladze.\n\nCinema.\nTeatro.\nTelevisione.\nI figli di Medea (1959), regia di Anton Giulio Majano.\nMedea (1969), regia di Pier Paolo Pasolini.\n\nAltre apparizioni.\nIn Fate/stay night, un visual novel giapponese, Medea è evocata come il servant di classe caster. In base alla route avrà un ruolo più o meno importante, sempre come antagonista nei confronti del protagonista. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Medesicasta.\n### Descrizione: Medesicasta (in greco antico: Μηδεσικάστη?, Mēdesikástē) o Medesicasti o Medesicaste è un personaggio della mitologia greca. Fu una principessa di Troia.\n\nGenealogia.\nEra figlia di Laomedonte.\nNon ci sono notizie di sposi o progenie.\n\nMitologia.\nMedesicasta, sorella di Priamo, sopravvisse alla guerra di Troia e fu fatta prigioniera dagli uomini di Protesilao insieme a due delle sue sorelle (Etilla ed Astioche).\nIl lungo viaggio fu percorso via mare e la ragazza cercò di coinvolgere tutte le schiave della nave per bruciarla e riuscendo nel loro intento, costrinsero i greci attraccare alla terra più vicina ed una volta stabilitisi fondarono una città chiamata Scione.\nApollodoro posiziona l'evento in Italia vicino al fiume Nauaethus e scrive che le schiave (chiamate Nauprestides) ed i greci si stabilirono lì.\nSecondo Strabone, il fiume siciliano Neaethus (una variante per 'Nauaethus') fu chiamato così perché quando i greci che si erano allontanati dalla flotta sbarcarono li vicino e si diressero nell'entroterra per esplorare il paese, le donne troiane che erano con loro osservarono la fertilità della terra e decisero di incendiare le navi per ottenere che gli uomini restassero lì. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Medo (mitologia).\n### Descrizione: Medo (in greco antico: Μῆδος?, Mêdos) è un personaggio della mitologia greca, figlio di Medea e di Egeo, quest'ultimo era un re di Atene.\n\nMitologia.\nSua madre Medea (una maga in grado di compiere sortilegi), fece di tutto per evitare che il figliastro Teseo (il figlio primogenito di Egeo avuto da Etra), potesse succedere al trono al posto di Medo, così affidò a Teseo l'impresa di catturare il Toro di Creta e Teseo ci riuscì.\nPoi Medea porse a Teseo un calice di vino avvelenato ma Egeo riconobbe il figlio primogenito in quel momento e lo salvò.\nMedea infine, cercò di tornare nella Colchide portando Medo con sé ma un naufragio li lasciò sulle coste della Colchide e furono ritrovati dai locali. Un oracolo aveva predetto a quelle genti di diffidare di loro due, così Medo disse loro di essere il figlio di Creonte (il re di Corinto) e che stava portando Medea dal padre per essere punita dall'omicidio di Creusa ma non fu creduto e fu arrestato.\nIn quel periodo in quelle terre c'era la carestia così Medea, tramite un sortilegio giunse di fronte al re a bordo di un carro trainato da draghi e dicendo di essere una sacerdotessa di Artemide venuta a liberare il paese dalla fame. Il re non diffidò e gli disse di avere come prigioniero il figlio del re di Tebe (Medo) che consegnò a lei.\nMedea chiede al re una spada e la porse a Medo che così uccise il re della Colchide e governò al suo posto.\nSuccessivamente soggiogò altri popoli ed incorporò le loro terre nel suo impero ed alla fine morì durante una campagna in India. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Megara (mitologia).\n### Descrizione: Megara (in greco antico: Μεγάρα?, Megára) è una figura della mitologia greca, figlia di Creonte, re di Tebe.\n\nMitologia.\nVenne data in sposa ad Eracle da Creonte, come ricompensa per l'aiuto che il semidio aveva dato alla città di Tebe.\nMegara venne violentata da Lico durante un periodo di assenza di Eracle, il quale fu colto da una rabbia incontrollabile quando venne informato dell'accaduto e al suo ritorno uccise Lico; ma subito dopo Era lo rese folle, cosicché egli uccise la stessa Megara e i figli che aveva avuto con lei, o, secondo fonti più tarde, solamente i propri figli. Secondo questa versione del mito, Megara impazzì di dolore e costrinse il marito al suicidio, per poi sparire completamente dalla scena fino alla morte dell'eroe, quando verrà data in sposa al suo aiutante Iolao ed avrà da quest'ultimo Leipefilene.\nCosì Igino la cita nelle sue Fabulae:. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Mela (figlio di Frisso).\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Mela (in greco antico: Μέλας?, Mélas), o anche Melanione, è uno dei figli di Frisso e Calciope. Insieme ai suoi fratelli Argeo, Frontide e Citissoro, fece naufragio al largo della Colchide, e fu salvato dagli Argonauti. I quattro si unirono quindi alla spedizione alla conquista del vello d'oro.\nCon Euriclea, figlia di Atamante e Temisto, divenne padre di Iperete.\nIl Golfo di Saros, conosciuto nell'antichità come 'Golfo di Mela', deriverebbe il nome da questo personaggio. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mela (figlio di Licimnio).\n### Descrizione: Mela, (in greco antico: Μέλας?) un personaggio della mitologia greca, uno dei figli di Licimnio e di Perimede.\n\nMitologia.\nAveva due fratelli Eono e Argeio.\nAmico e compagno di guerra insieme ad Argeio di Eracle andò a combattere Eurito il re di Ecalia trovandovi la morte insieme al fratello. Il semidio, loro lontano parente li seppellì entrambi. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Melampo (figlio di Amitaone).\n### Descrizione: Melampo (in greco antico: Μελάμπους?, Melàmpūs) è un personaggio della mitologia greca, discendente di Eolo e figlio di Amitaone e di Idomenea.\nFu padre di Abante, Mantio, Antifate e Pronoe.\n\nMitologia.\nIl suo epiteto nacque dal fatto che quand'era bambino sua madre fasciandolo gli lasciò un piede scoperto che prese l'abbronzatura dal sole.\nGuarì dalla pazzia le figlie di Preto, re di Tirinto, facendole bere da una fonte in cui aveva buttato una pianta che si credeva fosse in grado di guarire la pazzia, l'elleboro, e sposò Ifianassa.\nGuarì anche Ificlo, figlio del re Filaco, dalla sua sterilità poiché scoprì da un uccello chiamato αἰγυπιός (aigypiós, 'avvoltoio') che Ificlo aveva perso il potere di fare figli nel momento stesso i cui aveva visto suo padre intento a castrare dei montoni con un coltello. A quella vista, Ificlo era fuggito spaventato, e il padre gli aveva scagliato dietro il coltellaccio insanguinato, che era andato a conficcarsi in un albero. Con il passare del tempo, crescendo, l'albero aveva assorbito il coltello, ormai arrugginito.\nL'aigypiós disse a Melampo che per guarire Ificlo avrebbe dovuto estrarre il coltello dall'albero, grattare la ruggine, versarla in un bicchiere e farla bere al figlio di Filaco.\nDopo aver bevuto la pozione Ificlo guarì. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Melanione.\n### Descrizione: Melanione ('Cacciatore nero') o Ippomene è una figura della mitologia greca, era figlio di Onchestrio.\n\nMitologia.\nMelanione si innamorò di Atalanta e supplicò Afrodite di aiutarlo. Atalanta sottoponeva tutti i suoi pretendenti ad una prova di corsa, uccidendo tutti quelli che non riuscivano a batterla.\nAfrodite diede a Melanione tre mele d'oro e gli indicò come utilizzarle. Per tre volte Melanione ne fece cadere una durante la corsa: tutte le volte Atalanta si fermò per raccoglierle, permettendo a Melanione di vincere e sposare la principessa.\nMelanione si mostrò ingrato verso la dea che l'aveva aiutato. Artemide li indusse a profanare un tempio di Cibele e Afrodite li punì trasformandoli in leoni.\nAlcuni autori indicano che dalla loro unione nacque Partenopeo. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Melanippe (amazzone).\n### Descrizione: Melanippe (in greco antico: Μελανίππη?, Melaníppē) è un personaggio della mitologia greca. A seconda delle versioni, fu un comandante o una regina delle Amazzoni.\nCompare nei miti di Eracle e di Teseo e le sue gesta spesso s'incrociano con quelle di altre due regine Amazzoni (Ippolita e Antiope), tanto da far supporre che i tre nomi corrispondano a stretti legami di parentela o addirittura allo stesso personaggio.\n\nGenealogia.\nFiglia di Ares.\nSecondo alcune versioni fu lei la madre di Ippolito.\n\nMitologia.\nFu catturata nella battaglia (o in un'imboscata) avvenuta nei pressi di Temiscira (la nona delle dodici fatiche di Eracle) e per liberarla, la regina della Amazzoni Ippolita offrì ad Eracle la sua cintura.\nOppure, e nella stessa battaglia, fu lei l'amazzone catturata da Teseo e portata ad Atene.\nOppure fu uccisa da Telamone (un compagno di Eracle) durante la battaglia.\n\nMosaico delle amazzoni.\nL'amazzone Melanippe è raffigurata a cavallo, con un seno scoperto, mentre caccia un leone ed altre fiere assieme a tre sue compagne o sorelle amazzoni, Pentesilea, Antiope e Ippolita, in un mosaico romano del III secolo d.C., scoperto nel 2006 nell'antica Edessa, presso Şanlıurfa (Turchia) nella cd. 'Villa delle Amazzoni'. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Melanippo (figlio di Astaco).\n### Descrizione: Melanippo (in greco antico Μελάνιππος) o Menalippo era un personaggio della mitologia greca, un tebano, figlio di Astaco.\n\nMitologia.\nPersonaggio senza dubbio essenziale all'interno della Tebaide di Publio Papinio Stazio, fu uno dei difensori di Tebe che vennero attaccati dai cosiddetti 'Sette contro Tebe'.\nRiuscì a ferire a morte il re Tideo, ma a sua volta perì nella battaglia. Tideo, ricoverato nella sua tenda e in fin di vita, diede ordine che venisse mozzata la testa al cadavere di Melanippo: una volta impugnato il cranio egli si mise a morderlo furibondo.Nel Canto XXXII dell'Inferno Dante usa la storia di Tideo e Melanippo (chiamato qui 'Menalippo') come termine di paragone con la visione di Ugolino della Gherardesca che morde il cranio dell'arcivescovo Ruggieri. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Melanippo (figlio di Teseo).\n### Descrizione: Melanippo (in greco antico Μελάνιππος) era un personaggio della mitologia greca.\n\nMitologia.\nFiglio di Teseo e Perigune, figlia di Sini. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Melanto (Odissea).\n### Descrizione: Melanto è un personaggio della mitologia greca che compare nell'Odissea di Omero.\nEra la sorella del capraio Melanzio e una delle ancelle di Penelope, che l'aveva cresciuta fin da piccola. Tuttavia si schierò dalla parte dei pretendenti e fu l'amante di Eurimaco. Fu fra le ancelle la più prepotente: non è chiaro se fu impiccata sotto ordine di Telemaco insieme alle altre serve infedeli dopo il massacro dei pretendenti (Od. XXII, 461-473). |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Melanto (figlia di Deucalione).\n### Descrizione: Melanto o Melanteia è un personaggio della mitologia greca, figlia di Deucalione.\nSecondo alcune tradizioni, con il nome di Melanteia, avrebbe avuto una figlia dal dio fiume Cefiso o da Iamo, chiamata ora Melene, ora Melenide, ora Celeno, la quale a sua volta sarebbe stata madre dell'eroe eponimo di Delfi, Delfo.\nSecondo una diversa tradizione, con il nome di Melanto sarebbe stata lei stessa madre di Delfo, generato da Poseidone, unito a lei sotto forma di delfino. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Meleagridi.\n### Descrizione: Nella mitologia greca le Meleagridi erano le figlie di Altea e Oineo, sorelle di Meleagro. Quando loro fratello morì, Artemide impietosita dal loro dolore le trasformò in faraone. La più nota delle Meleagridi era Melanippe ed altre note sono Eurimede, Motone, Perimede e Polisso.\nDa questa leggenda deriva il nome scientifico di alcune specie di questi uccelli, ad esempio Numida meleagris e Agelastes meleagrides.\nAnche il nome con cui si identifica la famiglia animale a cui appartiene il tacchino, meleagrididae, si rifà al mito delle sfortunate sorelle. In lingua veneta anche oggi i tacchini si chiamano 'Piti', s.f. 'Pita' ; s.m 'Pito' e quindi si rimanda anche a questo arcaico nome per ricordare il mito.\nLa leggenda delle Meleagridi è raccontata da Ovidio (Met. VIII, 526-546).\n\nWikizionario contiene il lemma di dizionario «Meleagridi». |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Meleagro.\n### Descrizione: Meleagro (in greco antico: Μελέαγρος?, Meléagros) è un personaggio della mitologia greca. Fu un principe di Calidone e un Argonauta, e partecipò alla caccia al cinghiale calidonio.\n\nGenealogia.\nFiglio di Oineo o di Ares e di Altea, sposò Cleopatra Alcione e fu padre di Polidora.\nCon Atalanta fu padre di Partenopeo.\n\nMitologia.\nApollonio Rodio lo elenca tra gli Argonauti ma non riferisce nulla a riguardo di sue imprese particolari.\nLa leggenda principale che riguarda questo personaggio lo vede protagonista della caccia al cinghiale calidonio ed è probabilmente legata alla trascrizione di un racconto popolare e legato ad un'opera perduta (le Pleuronie di Frinico), ma sul seguito della sua esistenza esistono due versioni distinte e di cui una vede la sua vita finire poco dopo l'uccisione dell'animale e l'altra che lo descrive impegnato a combattere in una guerra contro i Cureti ed avvenuta tempo dopo.\nPausania conferma la doppia versione del mito parlando di due altre opere perdute (Catalogo delle donne e Miniadi) e scrivendo che quei testi dicevano che Meleagro fu ucciso da Apollo che combatteva al fianco dei Cureti.\n\nL'anatema delle Moire.\nQuando furono passati sette giorni dalla sua nascita, le Moire si presentarono alla madre e predissero che il bambino sarebbe vissuto fino a quando il ciocco di legno che stava bruciando nel focolare non si fosse consumato e così, per salvaguardare la vita del figlio, Altea tolse quel tizzone dal fuoco e lo depositò in una cassa.\n\nLa caccia al cinghiale.\nDopo un abbondante raccolto suo padre Oineo aveva offerto un sacrificio a tutte le divinità dimenticandosi però di onorare Artemide che per ritorsione inviò nelle terre di Calidone un cinghiale di proporzioni enormi che devastava i campi ed uccideva chiunque uscisse dalle mura della città.\nPer abbattere l'animale il padre fece appello a molti eroi ed una volta riunito il gruppo li affidò al figlio che diede inizio alla battuta di caccia. Tra di loro si presentò anche Atalanta, una bellissima cacciatrice che infatuò Meleagro e donna con cui desiderò avere un figlio nonostante fosse già sposato con Cleopatra.\nAtalanta, tra tutti i tentativi fatti dagli altri cacciatori per colpire l'animale, fu la prima a ferire il cinghiale, che di lì a poco cessò di correre e di caricarli e che fu infine ucciso da Meleagro con un colpo di giavellotto.\n\nL'amore e la morte.\nPer amore, cavalleria o riconoscenza, Meleagro consegnò la testa e la pelle dell'animale come trofeo ad Atalanta, ma Plessippo e Tosseo (fratelli di Altea e quindi zii di Meleagro) protestarono dicendo che il trofeo, qualora non fosse trattenuto dal suo uccisore, doveva essere consegnato a loro; ne nacque una lite e Meleagro reagì uccidendoli entrambi.\nAltea, che sulle prime fu contenta per la morte del cinghiale, quando seppe che il figlio aveva ucciso i suoi fratelli prese il ciocco di legno legato alla vita del figlio e lo mise su un braciere, uccidendo così il figlio.\n\nMeleagro nell'Iliade.\nNel IX libro dell'Iliade Fenice, il tutore di Achille, quando si reca da lui per chiedergli di riprendere le armi, gli racconta la vicenda di Meleagro.\nLa versione della storia raccontata da Fenice coincide con quella precedentemente esposta fino all'abbattimento del cinghiale. Fenice però, anziché raccontare ad Achille della vita dell'eroe che termina quando il tizzone rimesso sul fuoco da Altea finisce di bruciare, dice che Artemide (non soddisfatta dell'esito della sua punizione verso Oineo) fece in modo che dal litigio sul trofeo si generasse una guerra tra gli Etoli Calidoni ed i Cureti abitanti di Pleurone (da cui il titolo della tragedia di Frinico) e che, a causa della presenza di Meleagro nelle file dei Calidoni, gli avversari non riuscivano a sopraffarli.\nNella versione di Omero Atalanta non figura tra i cacciatori del cinghiale ed ha più spazio la moglie di Meleagro, Cleopatra, poiché durante l'assedio di Calidone gli parla del triste destino delle città conquistate; inoltre l'evento dell'uccisione degli zii materni non avviene più subito dopo l'abbattimento del cinghiale, bensì durante una battaglia della guerra di cui Fenice continua a raccontare ad Achille.\nDi Altea, infine, Omero scrive che dapprima giurò la morte per suo figlio nel nome di Ade e Persefone ma che poi, dopo che il figlio si è ritirato dal combattimento, lo implora invano quando gli avversari assalgono le mura della città.\nLa versione di Omero si conclude dicendo che le Erinni escono dall'Erebo per rispondere alle invocazioni di morte pronunciate da Altea ma, nonostante la città dei Calidoni fosse già in fiamme, non dice che l'eroe muore dopo essere ritornato in battaglia per scongiurare la caduta della stessa.\n\nAltri pareri.\nNel Catalogo delle donne, di cui ci è pervenuta solo la fine della storia, sembra che Meleagro venga ucciso da Apollo mentre combatte sotto le mura di Pleurone e Pausania aggiunge che il dio è l'alleato dei Cureti e come sue fonti cita sia il Catalogo di Esiodo sia il perduto poema epico Miniadi. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Melia (amante di Apollo).\n### Descrizione: Melia (in greco antico: Μελία?, Melia) è un personaggio della mitologia greca, una ninfa Oceanina figlia di Oceano e di Teti. È conosciuta anche come Ismene, ed è talvolta identificata con un'altra Melia, regina di Argo, a causa del fatto che i due personaggi condividono gli stessi genitori.\n\nMitologia.\nAmata da Apollo divenne madre di Tenereo ed Ismeno.\nOceano, preoccupato della scomparsa della figlia inviò Caanto al suo recupero e lui la ritrovò a Tebe in compagnia del dio Apollo che lo uccise con una freccia. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Melicerte.\n### Descrizione: Melicerte (in greco antico: Μελικέρτης?, Melikèrtēs) o Palemone (in greco antico: Παλαίμων?, Palàimōn) è una figura della mitologia greca, figlio di Atamante, re di Beozia e di Ino.\nFu fratello di Learco.\n\nMitologia.\nLa dea Era come punizione di aver accolto e allevato Dioniso, figlio illegittimo di Zeus avuto da Semele e sorella di Ino, fece impazzire i due coniugi (Atamante ed Ino) per ottenere che il padre uccidesse Learco sfracellandolo sulle rocce e che la madre gettasse in un calderone bollente Melicerte. La madre però, rinsavita, raccolse il cadavere del figlio e si gettò con lui in mare (secondo il mito, dalla roccia molare di Megara).\nAfrodite provò pietà per Melicerte (suo pronipote) e così pregò Poseidone di salvarli. Il dio del mare tolse a loro le scorie mortali e li cambiò nel nome ed aspetto tramutandoli in divinità marine. Così la madre Ino divenne Leucotea e Melicerte divenne Palemone.\nMelicerte per i latini divenne Portuno; divinità che protegge i porti.\nSecondo altre fonti il corpo esanime di Melicerte fu portato da un delfino fino all'istmo di Corinto e depositato sotto un pino. Qui fu trovato da suo zio Sisifo ed in seguito per ordine delle Nereidi istituì i Giochi istmici e dei sacrifici in suo onore.\n\nLa stirpe. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Melissa (mitologia).\n### Descrizione: Melissa (in greco antico: Μέλισσα, Melissa) è una ninfa della mitologia greca.\nIl suo nome è collegato al termine μέλι (méli, miele) e mélissa ha il significato di 'produttrice di miele', ossia di ape.\nMelissa fu incaricata di allevare il dio Zeus fanciullo, nascosto sul monte Ida dalla madre Rea per sfuggire al padre Crono, il quale divorava tutti i suoi figli neonati per evitare di essere spodestato da uno di loro, come aveva predetto un oracolo. Melissa ebbe il compito di nutrirlo con il miele, mentre la capra Amaltea lo allattava. Curò anche Amaltea quando il dio le spezzò per errore un corno, che poi divenne la cornucopia.\nSecondo un altro mito eziologico greco Melissa fu amata dal dio Apollo, che trascurò per lei il suo compito di guidare il carro del sole, e fu quindi trasformata in ape.\n\nVoci correlate.\nMelisseo.\n\nCollegamenti esterni.\nMelissa, in Enciclopedia dell'arte antica, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Melisseo.\n### Descrizione: Melisseo (greco antico: Μελισσεύς, Melisseus, con il significato di uomo-ape o uomo-miele) era la divinità greca del miele.\nLa sua mitologia è in genere associata con l'isola di Creta e con la nascita di Zeus.\n\nMitologia.\nL'ascendenza di Melisseo varia nelle fonti: è detto essere figlio di Urano e Gea, di Caristo, o di Saoco e Combe. Nella maggior parte delle versioni è considerato il padre di Adrastea, Ida e Altea, le tre nutrici che allevarono il piccolo Zeus sul Monte Ida, a Creta. Il dio bambino veniva nutrito con latte e miele, il latte della capra-ninfa Amaltea e il miele di Melisseo.\nMelisseo viene indicato alternativamente come uno dei Cureti o dei Coribanti. Secondo Nonno di Panopoli, Melisseo era il maggiore dei nove Cureti, i daimon del monte Ida, che si scontrarono con le loro lance e scudi per soffocare con il frastuono i lamenti del bambino Zeus, in modo che suo padre, Crono, non potesse localizzarlo. Secondo altre versioni, Melisseo era il re di Creta al tempo della nascita di Zeus, e il padre di Adrastea e Ida.Nelle culture egea e cretese, il miele fermentato (idromele) ha preceduto il vino nella sua funzione di enteogeno, e quindi il culto del miele a Creta è molto antico, ed è collegato al culto arcaico della Grande Madre, che verrà identificata prima con Demetra e successivamente con Rea. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Memnone (mitologia).\n### Descrizione: Memnone (AFI: /ˈmɛmnone/; forma antiquata Mennone, /ˈmɛnnone/ o /menˈnone/; in greco antico: Μέμνων?, Mémnōn, 'colui che tiene duro') è un personaggio della mitologia greca, re di Persia e d'Etiopia, dalla parte dei Troiani nell'ultimo anno della guerra di Troia, dove perì per mano di Achille.\n\nMitologia.\nOrigini, infanzia e giovinezza.\nMemnone era un semidio, in quanto figlio di Titone (fratello del re troiano Priamo) e di Eos (l'Aurora).\nFratello minore di Emazione, come lui aveva la pelle color scuro (in quanto da bambini avevano accompagnato con la madre Eos ogni giorno in cielo il cocchio del Sole): i due per il resto erano diversissimi in tutto poiché Emazione era un uomo brutale ed efferato, mentre Memnone una persona leale ed estranea a crudeltà verso i popoli sottomessi. Emazione divenne re dell'Etiopia e si scontrò con Eracle quando questi, dopo aver ucciso Busiride in Egitto, stava discendendo lungo il fiume Nilo. Memnone, che a quel tempo era ancora un fanciullo, regnava invece nella città persiana di Susa, in un enorme palazzo di pietre bianche e gemme colorate fatto costruire dal padre Titone che, in precedenza era emigrato da Troia nel Vicino Oriente dove aveva poi fondato la città. Gli abitanti di Susa furono anche chiamati Cissi, dal nome della madre adottiva di Memnone, Cissia. Divenuto re, Memnone espanse i confini del suo regno conquistando moltissimi territori ma non Troia, dominio dello zio Priamo.\nMemnone era stato allevato dalle Esperidi. Il suo palazzo, che si ergeva in cima ad una acropoli, sarebbe rimasto in piedi sino alla conquista persiana. Dopo aver ucciso Emazione, Eracle affidò il regnò d'Etiopia a Memnone, che ampliò così il suo già grandissimo dominio.\n\nLa morte.\nQuando Ettore morì nel duello contro Achille, Memnone fu convocato come alleato a Troia. Il figlio di Eos portò con sé 20.000 etiopi, 2.000 susiani, un imprecisato numero di indiani e un'armatura forgiata dallo stesso Efesto, cui si aggiunsero i guerrieri mandati dal re assiro Teutamo, ossia mille uomini tra susiani, assiri e indiani, con duecento carri. Si sostiene che egli raggiunse Troia attraversando l'Armenia in testa a un poderoso numero di persiani, etiopi ed indiani, mentre un secondo esercito comandato da Falanto, su suo ordine, salpava dalla Fenicia.\nSotto le mura di Troia dimostrò coraggio e valore, uccidendo diversi guerrieri achei e arrivando a ferire Aiace Telamonio (fu forse l'unico nemico a riuscirci veramente oltre a Ettore, Sarpedonte ed Enea). Inseguì il carro di Nestore, il cui auriga era stato ucciso da Paride, e ammazzò Antiloco che era accorso in aiuto del padre. Il corpo del giovane fu anche preso dai guerrieri etiopi ma, prima che fosse spogliato delle armi, fu recuperato da Achille, particolarmente affezionato ad Antiloco.\n\nMemnone duellò dunque contro il Pelide e si dimostrò un guerriero non inferiore a lui (le armi divine che possedeva riuscirono perfino a scalfire la pelle di Achille che, come noto, era vulnerabile solo nel tallone) ma alla fine venne decapitato dal suo nemico. L'esercito etiope, rimasto senza un condottiero, si disperse, e tutti i suoi guerrieri fuggirono da Troia.\nEos pianse molto la morte del figlio e il cielo fu ricoperto da nubi, mentre il suo pianto disperato formò la rugiada. Per volere di Zeus dalle ceneri di Memnone, che era stato bruciato sullo stesso rogo di Antiloco, nacquero due schiere di uccelli immortali (detti 'Memnonidi') che ogni anno combattono fra loro sul cielo di Troia.\nOmero parla di Memnone nell'Odissea come il più bello tra tutti i guerrieri che presero parte alla guerra di Troia. Le sue gesta erano narrate anche nel poema Etiopide, di cui non ci è rimasto quasi nulla. Eschilo gli dedicò una trilogia, andata interamente perduta; in una delle tre tragedie, la Psicostasia, interveniva Zeus (cosa insolita per un pezzo teatrale), che pesava su una bilancia i destini di Memnone e Achille. Un cenno all'eroe viene inoltre fatto nell' Eneide, mentre l'origine degli uccelli Memnonidi è descritta nelle Metamorfosi di Ovidio.\nNel III secolo d.C., in aperta riscrittura di Omero, nel suo Eroico Filostrato nega che egli avesse partecipato alla guerra di Troia: il semidio sarebbe morto in Etiopia dopo un'esistenza pari a quella di cinque generazioni.\n\nVittime di Memnone.\nStando alle fonti, nei combattimenti, Memnone uccise un totale di tre tra gli eroi nemici:.\n\nTerone, seguace dell'anziano Nestore.\nEreuto, seguace dell'anziano Nestore.\nAntiloco, eroe acheo, figlio di Nestore.\n\nLe statue di Memnone.\nDue statue colossali erette sulle rive del Nilo, che in realtà raffigurano il faraone Amenofi III, furono identificate coll'eroe. Spesso una di esse, al levarsi dell'aurora, emetteva un rumore che venne interpretato come il saluto alla madre. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Menadi.\n### Descrizione: Le Menadi (in greco antico: μαινάς [-άδος, ἡ]?; dal greco antico: μαίνομαι «essere folle»), dette anche Baccanti, Bassaridi, Tiadi o Mimallonidi, erano donne in preda alla frenesia estatica e invasate da Dioniso, il dio della forza vitale. Più propriamente, le menadi erano le seguaci mitologiche del dio, mentre sono denominate 'Baccanti' le donne che storicamente hanno venerato il dio.\n\nMitologia.\nIl termine Menadi deriva da Menio, re di Orcomeno, città beota vicino a Tebe.\nSecondo il racconto contenuto ne Le metamorfosi di Antonino Liberale, le tre laboriose figlie di Menio (dette Menadi) erano disinteressate al culto di Dioniso. Quest'ultimo, però, irritatosi, invase le sorelle e le condusse alla pazzia, all'infanticidio e all'omofagia.\nIl racconto termina con l'intervento di Hermes che tramuta le donne, ormai diventate incontenibili Baccanti, in tre volatili notturni (pipistrello, civetta e gufo).\nVestite di nebris o altre pelli animali, con in testa una corona di edera o quercia o abete, esse celebravano il dio cantando, danzando e vagando come animali per monti e foreste.\nPraticavano lo sparagmòs dal greco σπαραγμός, cioè squartavano gli animali per poi mangiare la carne cruda (omofagia).\nSolitamente agitavano il tirso, cioè una picca avviluppata dall'edera sulla sommità (vedi, ad esempio il verso 'danzar, vibrar, squassare il tirso bacchico' de Le Baccanti di Euripide). Catullo scrive (Carmina, LXIV, 255) che le Baccanti invocavano il dio al grido di 'Euhoe Bacche'.\nLa mitologia greca racconta che le Menadi accompagnavano il dio Dioniso nei suoi viaggi, costituendo anche un reparto del suo esercito nel suo viaggio in India.\nIl culto praticato dalle Menadi fa da sfondo a una delle più importanti tragedie di Euripide intitolata Le Baccanti.\nDalle Menadi e dal mito di Dioniso trae le proprie origini un culto, verosimilmente mistico, definito 'menadismo', in cui era previsto anche un rituale caratterizzato dalla consumazione di carni crude (omofagia).\nUna menade è anche il soggetto di una delle più importanti opere artistiche dello scultore Skopas, la Menade danzante (330 a.C.), di cui sopravvive solo una copia romana alta 45 centimetri, esposta all'Albertium Museum di Dresda. L'originale faceva un tempo parte di un complesso scultoreo, andato perso, che comprendeva la raffigurazione di Dioniso e del suo corteo.Nell'iconografia classica le menadi vengono raffigurate come l'oggetto del desiderio dei satiri tra le braccia dei quali vengono spesso raffigurate.\nLe Baccanti vengono anche nominate nella leggenda di Orfeo ed Euridice: Orfeo, dopo aver perso per la seconda volta Euridice, vaga per i boschi, dove incontra proprio un gruppo di Baccanti, che invitano Orfeo a festeggiare insieme con loro. Ma Orfeo, dopo la morte di Euridice non vuole più compagnie femminili, e le Baccanti, offese, lo uccidono. Così Orfeo può scendere agli Inferi e riunirsi alla sua amata Euridice.\n\nOpere teatrali.\nLe Baccanti, tragedia di Euripide.\nLe Baccanti, dramma di Erik Johan Stagnelius.\n\nOpere cinematografiche.\nLe baccanti, film di Giorgio Ferroni (1961).\nMaryann Forrester, a partire dalla fine della prima stagione fino alla fine della seconda stagione della nota serie True Blood, è una menade antagonista. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Meneceo (figlio di Oclaso).\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Meneceo (in greco antico: Μενοικεύς?, Menoikeús) è figlio di Oclaso, nonché padre di Creonte (sovrano di Tebe) e di Giocasta, che diverrà madre e moglie di Edipo.\nMeneceo aveva un auriga di nome Periere il quale al termine di una lite con gli avversari avvenuta nel corso delle celebrazioni in onore di Poseidone, lanciò il sasso che uccise Climeno e da cui successe l'assedio dei Sette contro Tebe.\nÈ nonno del Meneceo che prenderà parte alla guerra dei Sette contro Tebe.\n\nGenealogia. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Meneceo.\n### Descrizione: Meneceo (in greco antico: Μενοικεύς?, Menoikèus) o Megareo è un personaggio della mitologia greca, che viveva presso Tebe.\n\nGenealogia.\nFiglio di Creonte e di Euridice, non ci sono notizie su spose o progenie.\n\nMitologia.\nDurante l'assedio della città da parte dell'esercito di Argo, l'indovino Tiresia affermò che per permettere ai tebani di rompere l'assedio e sconfiggere i nemici era necessario il sacrificio dello stesso Meneceo, ma Creonte (suo padre e re della città assediata), stretto tra le parole dell'oracolo e l'amore verso il figlio gli consigliò di fuggire omettendo di spiegargli il motivo. Tuttavia Meneceo venne a sapere dell'oracolo e decise di sacrificarsi sulle mura di Tebe. I tebani furono alla fine i vincitori. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Menelao.\n### Descrizione: Menelao (in greco antico: Μενέλαος?, Menèlāos; in latino Menelāus) è un personaggio della mitologia greca, figlio di Atreo e di Erope e fratello minore di Agamennone. È il re di Sparta e marito di Elena, che Paride portò a Troia, causando la spedizione greca contro la città. Nei testi omerici l'epiteto che lo accompagna è biondo, il che ne fa un personaggio di grande bellezza: Menelao costituisce un tipico esempio di kalokagathia, essendo anche molto valoroso in guerra.\nFu uno dei più forti eroi greci della guerra di Troia, sebbene non quanto il fratello Agamennone, ma si distinse in numerose azioni valorose. La figura di Menelao si sviluppa principalmente nell'Iliade di Omero, ma il suo personaggio è conosciuto anche in numerosi testi secondari, soprattutto nelle tragedie.\n\nIl mito.\nOrigini.\nSecondo la versione più comune, ovvero quella che è riportata dall'Iliade, Menelao era figlio di Atreo e apparteneva alla stirpe di Pelope. Sua madre era invece Erope, figlia del re cretese Catreo. Un giorno Erope fu sorpresa dal padre mentre condivideva il suo letto con un amante, uno schiavo; sdegnato, Catreo ordinò che venisse gettata in un fiume, per essere da pasto ai pesci, ma su intercessione di Nauplio, il re decise di commutare la pena in schiavitù, stabilendo di venderla come schiava proprio a Nauplio, insieme alla sorella Climene, che sospettava tramasse contro di lui come gli era già stato vaticinato da un oracolo.\nIl viaggiatore Nauplio condusse le due fanciulle ad Argo, dove ciascuna di loro fu presa in moglie. Mentre Climene sposava Nauplio stesso, Erope sposò invece Atreo, il re di Argo, da cui ebbe i due figli Agamennone e Menelao, e anche una figlia, Anassibia. Secondo una diversa leggenda, Erope sposò il figlio di Atreo, Plistene, e da lui nacquero i due fratelli Atridi.\nMenelao fu scacciato dalla paterna signoria di Micene dallo zio Tieste e da suo figlio Egisto che ne avevano ucciso il padre, e si rifugiò, col fratello, presso il re di Sparta Tindaro, le cui due figlie, Clitemnestra e la bellissima Elena, sposarono rispettivamente Agamennone e Menelao. Alla morte di Tindaro, suo suocero, Menelao ricevette in eredità il trono di Lacedemone.\n\nLa guerra di Troia.\nDurante una sua assenza per un viaggio a Creta, Paride figlio di Priamo, grazie al volere di Afrodite, accolto alla corte di Sparta, infranse le regole dell'ospitalità greca (ξενία) e rapì Elena per condurla con sé a Troia.\nMenelao chiese la restituzione della moglie ma, non avendola ottenuta, cominciò i preparativi della guerra contro Troia, con i più importanti principi greci condotti dal fratello Agamennone.\nNella lunga guerra sotto le mura di Troia, Menelao si coprì di gloria abbattendo un gran numero di nemici. Accettò la proposta dell'eroe troiano Ettore di porre fine alla guerra mediante un duello con Paride. Egli vinse nettamente contro l'avversario e l'avrebbe colpito a morte se Afrodite non gli avesse rapito l'avversario sotto gli occhi, avvolgendolo in una nube.\nQuando Troia fu presa, Menelao, accompagnato da Ulisse, si affrettò verso la casa di Deifobo, che aveva sposato Elena dopo la morte di Paride, sopravvenuta nel frattempo. Menelao in persona uccise Deifobo; secondo una versione del racconto, egli si scaraventò con la spada sguainata anche contro Elena, con l'intenzione di punire l'adultera; ma Elena si scoprì il petto ed egli non mandò a compimento il suo proposito. Secondo un'altra versione, invece, fu Elena ad introdurre segretamente Menelao nella stanza di Deifobo, consentendogli così di ucciderlo e riconciliandosi con il marito di un tempo.\n\nDopo la guerra di Troia.\nFinita la guerra, Menelao fu tra i primi a salpare alla volta della Grecia, insieme ad Elena e Nestore ma, dopo varie peripezie, raggiunse la patria solamente otto anni dopo. A differenza di quello del fratello, il suo matrimonio sarebbe da allora rimasto felice, tanto che avrebbe in seguito ospitato Telemaco partito alla ricerca del padre Ulisse, ed Elena, mentre tutti (Telemaco, Menelao, Pisistrato) piangevano al racconto delle sofferenze degli eroi della guerra e dei nòstoi, avrebbe versato filtri (phàrmaka) nel vino per indurli a dimenticare e a godere del racconto.\nNell'Elena di Euripide è narrata invece la versione del mito che sosteneva che Elena non fosse mai stata rapita da Paride, ma che a Troia si fosse recato un èidolon (un'immagine di lei); le conseguenze di questa versione si ripercuotono anche sulla figura di Menelao, che in tal caso avrebbe a lungo viaggiato per il Mediterraneo, trovando poi Elena in Egitto.\n\nLa morte.\nNell'Odissea il dio marino Proteo profetizzò che Menelao ed Elena erano destinati a non conoscere la morte, ma a venir condotti dagli dei nei Campi Elisi; secondo questa versione Menelao appare come una figura legata al mondo infero.\nSecondo una versione diversa, invece, Menelao ed Elena si recarono nella Tauride, dove furono sacrificati da Ifigenia in onore della dea Artemide.\n\nCulto.\nIl culto di Menelao appare legato al mondo dell'oltretomba e lo vede strettamente unito ad Elena.\nIn Arcadia gli erano sacri un platano e una sorgente. A Terapne, sull'Eurota, aveva un santuario, dedicato in realtà ad Elena, ma noto come Menelàion, e qui Elena e Menelao erano celebrati come coppia regale infera.\n\nPresenze letterarie.\nMenelao è uno dei personaggi principali dell'Iliade omerica; il suo ritorno in patria e il suo lungo viaggio, durato otto anni, sono raccontati nell'Odissea (libro IV) e nella Palinodia di Stesicoro; Menelao compare inoltre fra i protagonisti delle Ciprie, dell'Aiace di Sofocle e delle Troiane di Euripide.\nTra le opere moderne, un dramma sull'incontro tra Menelao e Proteo fu scritto da Paul Claudel e musicato da Milhaud.\n\nGenealogia. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Menesteo.\n### Descrizione: Menesteo (in greco antico: Μενεσθεύς?, Menesthèus), è un personaggio della mitologia greca e l'undicesimo mitologico re di Atene, che condusse un contingente di navi alla guerra di Troia. Secondo la tradizione, egli ottenne una prima volta il trono di Atene dai Dioscuri, quando questi invasero l'Attica per liberare la loro sorella Elena, rapita da Teseo. Costretto a fuggire dopo il ritorno di Teseo, diventò nuovamente re alla morte di quest'ultimo, ucciso a tradimento dal re Licomede di Sciro, col quale egli si era appunto accordato per eliminarlo. Menesteo è nominato tra i pretendenti di Elena, e per questo motivo partecipò alla guerra di Troia.\n\nMitologia.\nOmero afferma che Menesteo era 'figlio di Peteòo, alunno di Zeus', ma non precisa le origini, né tantomeno la provenienza di quest'ultimo. Plutarco invece specifica che egli era figlio di Orneo, figlio a sua volta del re Eretteo, di conseguenza, Menesteo apparteneva alla famiglia degli Erettidi.\nDiodoro Siculo sostiene un'altra leggenda, secondo la quale questo Peteòo era di origine egiziana ma tale aneddoto era solo uno fra gli argomenti addotti dagli Egiziani per dimostrare che Atene era stata fondata o ampliata da coloni provenienti dal loro Paese..\nInsieme al padre, Menesteo era stato esiliato da Egeo, re di Atene, il quale regnò al suo posto.\n\nMenesteo compare nel IV canto dell'Iliade e, con Ulisse, esprime perplessità sull'opportunità di un combattimento. Non assunse particolare rilievo nella guerra, sebbene alcune tradizioni affermano che riuscì addirittura a ferire Ettore piantandoglia la sua lancia nella gamba. Nel XII canto, durante un assalto di Ettore e dei Troiani ai danni degli Achei, Menesteo chiama rinforzi contro Sarpedonte e Glauco.\nMenesteo è citato anche fra i pretendenti di Elena. Controversa fu la sua fine; secondo alcune leggende, venne ucciso nei combattimenti presso Troia da un'Amazzone, da identificare forse con Pentesilea. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Menezio (argonauta).\n### Descrizione: Menezio (in greco antico: Μενοίτιος?, Menoítios) è un personaggio della mitologia greca. Fu uno degli Argonauti.\n\nGenealogia.\nFiglio di Attore e di Egina sposò, (a seconda delle versioni) Filomela oppure Stenele, Periopis (figlia di Fere), Polimela o Damocrateia e da una di queste donne divenne padre di Patroclo.\nEbbe anche una figlia di nome Antianira.\n\nMitologia.\nNacque e crebbe a Opunte, una città della Locride e dovette recarsi in esilio a Ftia per causa di un omicidio involontario commesso dal figlio Patroclo in giovane età.\nCome padre di Patroclo viene menzionato alcune volte nell'Iliade, in una di queste Achille conferma al figlio che lui (il padre) è ancora in vita e in un'altra gli dà consigli prima della sua partenza per la guerra di Troia.\nPrese anche parte alla spedizione degli Argonauti ma non sembra che abbia avuto ruoli rilevanti. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Menone (Iliade).\n### Descrizione: Menone, (in greco antico: Μένων?, Ménon), figura mitologica dell'Iliade (XII, v. 193), fu un guerriero troiano.\nMenone fu ucciso dall'acheo Leonteo durante l'assalto alle mura di Troia. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Menta (mitologia).\n### Descrizione: Menta (anche Myntha) era una ninfa degli inferi della mitologia greca.\n\nDescrizione.\nMinta era una bellissima ninfa nata nel fiume infernale Cocito, affluente dell'Acheronte e viveva nel regno infernale comandato da Ade, di cui era la concubina. Persefone, gelosa del marito, si dispiacque dell'unione e si infuriò quando Minta proferì contro di lei minacce spaventose e sottilmente allusive alle proprie arti erotiche. Persefone, sdegnata, la fece a pezzi: Ade le consentì di trasformarsi in erba profumata, la menta, ma Demetra la condannò alla sterilità, impedendole di produrre frutti.\nUn'altra versione del mito, citata anche da Ovidio nelle sue Metamorfosi, suggerisce che fu Persefone stessa a trasformare Minta in pianta, scegliendo una forma insignificante che non destasse attenzione né potesse essere paragonata ad altre piante per bellezza o utilità.\nUn'altra versione ancora racconta che Zeus (o Zeus Katactonio, cioè Ade stesso), innamoratosi di Minta, ebbe da lei un rifiuto in seguito ad una proposta. Sdegnato del comportamento, la tramutò in una pianta fredda così come la bella ninfa era stata con lui.\nUno dei rari templi dedicati a Ade sorgeva ai piedi del monte Menta (o Minthe), in Elide. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mera (cane).\n### Descrizione: Mera (greco Μαῖρα, latino Maera) è una figura della mitologia greca. Secondo il mito era un cane appartenuto a Icario e Erigone.\nSecondo un'antica leggenda originaria dell'Attica, raccontata dal mitografo Igino, ad Icario Dioniso insegnò per primo a fare il vino. Quando Icario lo fece assaggiare ad alcuni pastori, essi si ubriacarono quasi immediatamente. Credendo che Icario li avesse avvelenati, lo uccisero. Il cane Mera corse ululando dalla figlia di Icario, Erigone, le prese le vesti tra i denti e la tirò fino al luogo dove giaceva il padre morto. Sia Erigone che il cane si suicidarono accanto al corpo di Icario.\nZeus pose le loro immagini fra le stelle a memoria dell'evento sfortunato. In questa storia, Icario si identifica con la costellazione di Boote, Erigone con quella della vergine e Mera è il Cane Minore.\nDioniso, dio del vino e dell’ebbrezza, punisce gli assassini di Icario inducendo allucinazioni a tutte le giovani in età da marito della città le quali si suicidano per impiccagione, come la buona Erigone.\nGli uomini della città riescono a placare le ire di Dioniso solo piantando la vite e osservando il culto del dio. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Merione.\n### Descrizione: Merione (in greco antico: Μηριόνης?) è un personaggio della mitologia greca.\nFiglio di Molo e di Melfi o Evippe, era un principe cretese. Secondo una delle interpretazioni il suo nome rimanderebbe alla tradizione iniziatica della pederastia cretese (Merione verrebbe pertanto qui inteso come un derivato di Meros-cosce, riferendosi al sesso intercrurale).\n\nMitologia.\nMolo era nipote di Idomeneo. Come altri eroi della mitologia, Merione si riteneva un diretto discendente degli dei. Come il nipote di Deucalione (figlio di Minosse), Merione dipinse un gallo sul suo scudo, vantandosi di discendere da Helios e indossò un elmo adornato dalle zanne di un cinghiale. Merione possedeva l'elmo di Amintore, che lo rubò ad Autolico. Merione ereditò l'elmo da suo padre Molo e dopo lo diede a Odisseo. Pare fosse un ottimo ballerino.\nNipote di Idomeneo, re di Creta, partì con lo zio durante la guerra di Troia, come suo scudiero. Valoroso e impavido, combatté con coraggio sotto le mura della città. Si distinse in varie imprese come abile guerriero. Nella battaglia scatenatasi dopo il duello fra Paride e Menelao, uccise con un colpo di lancia il giovane troiano Fereclo, il quale aveva costruito la nave che portò Paride a Sparta.\nDurante lo scontro presso le navi fu particolarmente valoroso, affrontò Deifobo in duello rimanendo però disarmato e fu costretto a chiedere aiuto allo zio. Difese quest'ultimo contro Enea, riuscendo perisino a ferire Deifobo (che venne salvato dal fratello Polite) e ad uccidere il giovane frigio Adamante con Arpalione, il figlio del re dei Paflagoni.\nNell'ambito dei giochi in onore di Patroclo, partecipò alla corsa di carri (arrivando quarto e ricevendo due talenti d'oro), al tiro con l'arco (che vinse, ricevendo dieci scuri a doppio taglio) e infine al lancio del giavellotto (che Achille stesso interruppe dando la vittoria ad Agamennone di certo superiore all'avversario). Leggende successive, parecchio aberranti, riferiscono che egli cadde per mano di Ettore, il quale lo decapitò mentre tentava di proteggere il corpo di Patroclo, e lasciò il busto in mostra ai compagni.\nÈ dubbio il racconto del suo ritorno. Si rase al suolo Troia, vi fu appiccato fuoco e Merione fece vela per Creta e qui finì lietamente i suoi giorni con Idomeneo. Fu sepolto a Cnosso e gli si tributarono culti eroici. Oppure, salpò da Troia e approdò in Sicilia. Qui fu accolto dai coloni cretesi di Eraclea Minoa ed Engione e visse sino in tarda età, per poi essere a capo di un culto in età storica.\n\nVittime.\nNel corso dei combattimenti che miravano alla conquista di Troia, Merione abbatté sette guerrieri avversari, sul totale dei 362 troiani morti nel conflitto:.\n\nFereclo, giovane architetto troiano, figlio di Tettone Armonide.\nAdamante, guerriero frigio, figlio di Asio (il fratello di Ecuba).\nArpalione, figlio del re paflagone Pilemene.\nMori, guerriero frigio.\nIppotione, guerriero troiano.\nLaogono, figlio di Onetore, guerriero troiano.\nAcamante, figlio di Antenore, valoroso guerriero troiano. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mermero.\n### Descrizione: Mermero, (greco, Μέρμερος), figura mitologica dell'Iliade (XIV, v. 513), fu un guerriero troiano.\nMermero fu ucciso e spogliato delle armi dall'acheo Antiloco. Falche, un altro guerriero troiano, ebbe la stessa sorte di Mermero nella medesima azione bellica. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Merope (Iliade).\n### Descrizione: Merope (in greco antico Μέροψ) è un personaggio della mitologia greca, legato al ciclo troiano. Viene menzionato in diverse opere, tra cui l'Iliade di Omero.\n\nMitologia.\nDi famiglia aristocratica, Merope era un indovino di Percote, nella Troade, se non addirittura il re della città. Ebbe almeno quattro figli:.\n\nArisbe, la primogenita, che divenne la prima moglie di Priamo e dopo essere stata da lui ripudiata sposò il troiano Irtaco.\nAdrasto, che fu re di Adrastea, città da lui fondata.\nAnfio, che fu re di Pitiea, città da lui fondata.\nClite, che sposò giovanissima il coetaneo Cizico re dei DolioniArisbe rese Merope nonno di Esaco, che fu anch'egli chiaroveggente, Asio, Niso, Ippocoonte. Esaco fu l'unico figlio che la donna ebbe da Priamo e anche l'unico che morì prima della guerra di Troia, cui presero parte i suoi fratellastri, insieme ad Adrasto e Anfio. Merope esortò i due figli maschi a non intervenire in quel conflitto, avendo previsto la loro morte: egli doveva dunque aver raggiunto un'età veneranda ed è plausibile che fosse ancora vivo dopo la caduta della città, sopravvivendo pertanto non solo a tre dei suoi figli - ovvero i due maschi e Clite - ma anche all'ex genero Priamo. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Messapo.\n### Descrizione: Messapo (in latino Messapus) è un personaggio della mitologia romana, menzionato da diversi autori.\nNell'Eneide di Virgilio viene descritto come un re dell'Etruria, famoso addestratore di cavalli; è invulnerabile al ferro e al fuoco in tutto il corpo, forse perché figlio di Nettuno. Sebbene abituato alla pace, nel Libro VII Messapo unisce le forze con Turno nella guerra contro Enea e i Troiani. Nel Libro IX, che racconta la sortita notturna di Eurialo e Niso nell'accampamento dei Rutuli, l'elmo da battaglia di Messapo è preso da Eurialo; la luce si riflette sull'ornamento rubato, offrendo così Eurialo alla vista di un gruppo di cavalieri nemici e portando non solo alla sua stessa morte, ma anche a quella di Niso. Nel prosieguo della guerra Messapo si metterà in evidenza uccidendo diversi nemici. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Mestra.\n### Descrizione: Nella Mitologia greca, Mestra o Mnestra (in greco Μήστρα,Μνήστρα ) era una figlia di Erisittone, re della Tessaglia.\nIl padre venne punito dalla dea Demetra con una fame insaziabile, perché aveva tagliato un Bosco sacro ad ella dedicato.\nPer comprare più cibo, venne venduta dal padre come schiava.\nMestra fece allora appello a Poseidone, che era stato suo amante, ed egli le donò il potere di cambiare la sua figura in ciò che desiderava, permettendole così di scappare dal suo padrone.\nQuando il padre scoprì la sua abilità, continuò a venderla da allora in poi molte volte.\nPalefato dà un'interpretazione razionalista di questo mito.\nSecondo lui, Mestra, vergine bellissima, si sarebbe offerta a chiunque passasse nei pressi della sua dimora per dare il denaro al padre, probabilmente un pigro, che si era forse rovinato dilapidando il patrimonio in feste e bagordi.\nDato che in quei tempi lontani non si utilizzava il denaro,Mestra si faceva pagare in natura: le venivano così dati buoi, capre, montoni, pollame etc.\nCosì si prese l'usanza di dire che Mestra «diveniva» bue, capra, montone etc.\nQuesto fatto avrebbe originato la leggenda delle metamorfosi della donna. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Metamorfosi (opera teatrale).\n### Descrizione: Metamorfosi (in inglese: Metamorphoses) è un'opera teatrale della drammaturga statunitense Mary Zimmerman, andata in scena in prima assoluta a Chicago nel 1998. La pièce, un adattamento teatrale delle Metamorfosi di Ovidio, ha vinto l'Obie Award, il Drama League Award ed il Drama Desk Award al suo debutto a New York, oltre ad essere stata candidata al Tony Award alla migliore opera teatrale nel 2003.\n\nTrama.\nLa pièce si compone di undici miti che si intrecciano l'uno con l'altro:.\n\nCosmogoniaRadunati intorno a una piscina, tre personaggi discuto sulla nascita e creazione del mondo. La signora nell'acqua, lo scienziato e Zeus narrato diverse ipotesi sulla creazione del mondo, senza però riuscire a stabilire se tutto sia nato dal caos primordiale casualmente o secondo un progetto divino.\n\nMidaTre lavandaie raccontano il mito di Mida mentre lavano i panni nella piscina. Mida era un sovrano ricchissimo che viene mostrato rimproverare la figlioletta per le continue interruzioni mentre parla al pubblico di quanto la famiglia significhi per lui; mentre parla Sileno barcolla ubriaco sul palco, Mida lo accoglie e decide di prendersi cura di lui mentre l'ospite crolla privo di sensi. Bacco arriva per recuperare Sileno e concede a Mida di esaudire un qualunque suo desiderio: l'uomo chiede di poter trasformare in oro tutto ciò che tocca e la grazia gli viene accordata. La figlia, inconsapevole del pericolo, si getta tra le braccia del padre e viene trasformata in oro massiccio; Mida, disperato, chiede al dio di sciogliere l'incantesimo, ma Bacco spiega di non poterci fare niente. Racconta però al re di una fonte miracolosa la cui acqua potrà guarire la figlia e Mida parte alla sua ricerca.\n\nAlcione e CeiceMentre finiscono di lavare i panni, le tre lavandaie raccontano un altro mito, quello di Alcione e Ceice. Ceice decidere di andare a trovare un oracolo molto lontano e, nonostante le suppliche della moglie spaventata, salpa con i suoi uomini in cerca del mistico. La sua nave però viene affondata da Poseidone e Ceice annega. Il suo corpo viene trasportato dalla onde fino al suo regno lontano, dove Alcione attende speranzosa il suo regno: quando la donna vede il cadavere del marito in mare impazzisce per il dolore e si getta in acqua per unirsi al marito nella morte. Ma Afrodite, commossa dalla tragica storia dei due, li trasforma in uccelli marini, così che possano amarsi tra il cielo e le acque per l'eternità.\n\nErisittone e CerereErisittone, un tessalo senza religione, abbatte uno degli alberi sacri a Cerere e la dea, oltraggiata, chiede Limós di punire il mortale. La dea della fame acconsente e punisce Erisittone con un appetito insaziabile: l'uomo divora tutto quello che riesce a mangiare, spende tutto il suo oro in cibo e vende la madre per poterne comprare ancora. Poseidone, impietosito dalle suppliche della donna, la trasforma in una bambina per salvarla dal suo acquirente. Stremato ed insaziabile, Erisittone muore divorandosi.\n\nOrfeo ed EuridiceLa storia dei due amanti viene raccontato in due modi. Nel primo, ambientato nell'8 D.C., Orfeo ed Euridice si sono appena sposati quando la donna viene morsa da un serpente velenoso e muore. Orfeo viaggia fino all'oltretomba e commuove Ade con una canzone d'amore così struggente da intenerire il dio. Ade gli concede di riportare Euridice tra i vivi, ma alla condizione che Orfeo non si volti mai a guardarla prima di aver lasciato il regno dei morti. Orfeo accetta, ma non sentendo i passi della donna dietro di sé si volta e perde per sempre Eurice, che Ermes riporta nell'ade. Mentre Orfeo rivive questi ultimi istanti fatali scolpiti nella sua memoria, la prospettiva cambia e diviene quella della poesia di Rainer Maria Rilke del 1908. Come nei versi del poeta tedesco, gli inferi hanno indebolito la forza e la memoria di Euridice e quando il marito si volta ed Ermes le dice che deve tornare nell'ade e non potrà più vedere Orfeo la ragazza, perplessa, risponde: 'chi?'.\n\nInterludio di NarcisoIn una scena mimata, Narciso vede il suo riflesso nell'acqua, si innamora di sé stesso e rimane a languire fino alla morte vicino allo specchio d'acqua. L'attore viene quindi sostituito con un narciso.\n\nPomona e VertumnoIl timido Vertumno si innamora della bella Pomona, una ninfa dei boschi che ha respinto numerosi spasimanti. Per conquistare la creatura silvana Vertumno prova ogni giorno a sedurla con un travestimento diverso e un giorno le racconta il mito dell'infelice Mirra, che rifiutava l'amore per colpa del suo orgoglio. Capita la lezione, Pomona chiede a Vertumno di togliersi il travestimento e i due si innamorano.\n\nMirraVertumno racconta la storia di Cinira e Mirra. Dopo aver respinto aspramente Afrodite e le sue tentazioni, Mirra viene maledetta dalla dea con una passione incestuosa per il padre. La ragazza prova a controllare il suo desiderio, ma alla fine cede alla tentazione. Con l'aiuto della nutrice, Mirra riesce ad avere rapporti con il padre bendato per due notti di fila ma alla terza Cinira si scopre gli occhi e realizza di aver commesso incesto con la figlia. Sconvolta, tenta di strangolare la ragazza, che fugge senza più tornare.\n\nFetonteDurante una seduta di terapia, Fetonte racconta parla del suo rapporto con il padre distante, Apollo. Mentre il terapista commenta clinicamente la vicenda, il ragazzo racconta di essere stato vittima di bullismo a scuola e di essersi recato a trovare il padre dopo un lungo viaggio. Apollo ogni giorno deve guidare il carro del sole attraverso il cielo e si sente in colpa per la negligenza nei confronti del figlio. Per cercare di compensare, Apollo concede a Fetonte di guidare il carro del sole, ma il figlio lo conduce troppo vicino alla terra, che prende fuoco. La scena si conclude con un monologo in cui il terapista spiega la differenza tra mito e sogno.\n\nAmore e PsicheIn un rapido dialogo fatto dalla domande di Q e dalle risposte di A, Amore e Psiche - personaggi muti - mettono in scena la loro storia come narrata dai due personaggi. I due sono condannati a girare bendati finché non scopriranno una dimensione più profonda che permetterà al loro desiderio romantico di trasformarsi in vero amore. Psiche supera la barriera del dubbio, viene trasformata in una dea e può vivere con Amore per sempre.\n\nFilemone e BauciPer comprendere meglio il genere umano, Zeus ed Ermes si travestono da mendicanti e girano per la città chiedendo l'elemosina dei passanti. Rifiutati e offesi da tutti, trovano ristoro e generosità nei poveri Filemone e Bauci, che dividono volentieri il poco che hanno. Commossi dalla bontà dell'anziana coppia, gli dei si rivelano a loro e promettono loro di un desiderio ciascuno: Filemone e Bauci chiedono però solo la grazia di morire allo stesso momento, così da non dover mai vivere senza l'altro. Gli dei li trasformano quindi in due alberi dai rami intrecciati, così che la coppia possa stare insieme per sempre.\nMida finalmente trova la pozza miracolosa, si cala nelle sue acque e viene liberato dal dono di Bacco. La figlia, riportata allo stato umano, corre di nuovo tra le braccia del padre e i due possono ora costruire un rapporto più solido e affettuoso.\n\nOrigini.\nFonti.\nLa gran parte dei miti narrati nell'opera teatrale provengonio direttamente dalle Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone, che la Zimmerman adattò dalla traduzione del classicista e poeta statunitense David R. Slavitt. La favola di Amore e Pische viene invece dalle Metamorfosi (note anche come L'asino d'oro) di Apuleio, un racconto che Mary Zimmerman include proprio a causa della sua grande passione per questo mito in particolare. Un'altra fonte è la poesia di Rainer Maria Rilke Orfeo Euridice Hermes, scritta nel 1907.\n\nComposizione e stampa.\nMary Zimmerman cominciò a lavorare alla pièce nel 1995 e la prima versione dell'opera andò in scena al Theatre and Interpretation Center della Northwestern University di Evanston nel maggio 1996, con il titolo Six Myth. La versione definitiva, rimaneggiata per includere quasi il doppio dei miti rispetto alla produzione precedente, fu prodotta dalla Lookingglass Theatre Company e debuttò all'Ivanhoe Theatre di Chicago il 15 ottobre 1998. Il cast originale comprendeva una giovane Anne Dudek nel ruolo di Afrodite.Il testo definitivo fu pubblicato dalla Northwestern University Press nel 2002.\n\nContesto storico.\nTra gli anni ottanta e novanta ci fu un rinnovato interesse in Ovidio nel mondo anglofono, rispecchiato dalle nuove traduzioni ed adattamenti delle sue opere. Nuove traduzioni inglesi delle Metamorfosi furono realizzate da A.D. Melville nel 1986, Allen Mandelbaum (1993), David R. Slavitt (1994), David Michael Hoffman (1994) e James Lasdun (1997). Nel 1997 il poeta laureato Ted Hughes fece pubblicare Tales from Ovid, contenente una selezione di traduzioni a versi liberi delle Metamorfosi. Questo rinnovato interesse per Ovidio appare anche in opere di narrativa come il romanzo di David Malouf An Imaginary Life (1978) e Il mondo estremo di Christoph Ransmayr, pubblicato per la prima volta nel 1988 e tradotto in inglese nel 1990.L'opera era in scena nell'Off-Broadway di New York quando avvennero gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 e l'accademica Andrea Nouryeh ha fatto notare che il grande successo dell'opera - tale da portarla poi anche a Broadway - è legato anche al senso di lutto e perdita provato dai cittadini dopo gli attentanti, due tematiche che lo spettatore poteva ritrovare nelle Metamorfosi della Zimmerman.\n\nCommento.\nDavid Rush, professore di inglese e scrittura creativa alla Southern Illinois University Carbondale, ha notato che l'opera della Zimmerman non segue i sette punti che le trame convenzionali solitamente includono: 1) stato di equilibrio 2) rottura dell'equilibrio 3) sorge la domanda centrale 4) azione 5) climax 6) risoluzione 7) nuovo stato di equilibrio. Tuttavia, ciascuno dei singoli episodi segue la struttura suggerita da Rush, che fa l'esempio del mito di Cerere e Erisittone:.\n\nStato di equilibrio: Erisittone non crede negli dei né nelle punizioni divine.\nRottura dell'equilibrio: Erisittone fa abbattere un albero sacro a Cerere.\nSorge la domanda centrale: Cerere punirà l'empio?.\nAzione: Cerere manda un servo alla ricerca di Limós, Erisittone viene posseduto dalla dea della fama e comincia a mangiare.\nClimax: La fame di Erisittone lo spinge a dilapidare la sua fortuna e vendere la madre per comprare dell'altro cibo.\nRisoluzione: Quando Erisittone non trova più del cibo da mangiare, Cerere gli porge un vassoio con un coltello e una forchetta; l'uomo comincia a mangiare il proprio corpo.\nNuovo stato di equilibrio: Con la punizione dell'empio il ruolo ed il potere degli dei è stato ristabilito e riaffermato.Lo stesso vale per tutti gli altri racconti della pièce, compreso quello di Mida, che fa da elemento comune a tutta l'opera e con la risoluzione del quale si concludono le Metamorfosi.Per la qualità mitica ed epica del teso, i personaggi sono più figure archetipiche che veri e propri personaggi con una loro introspezione e sviluppo dinamico o psicologico. La professoressa Miriam Chirico dell'Eastern Connecticut State University ha fatto notare che, del resto, i miti non richiedono lo sviluppo e la creazione di un personaggio plausibile, piuttosto quello di una figura embelmatica che incarna un tratto umano riconoscibile. Il mito di Orfeo ed Euridice viene raccontato due volte, per mettere in luci diversi elementi nelle storie speculari di amore e perdita: la prima versione è narrata dal punto di vista di Orfeo secondo la narrazione di Ovidio, mentre la seconda è dal punto di vista di Euridice secondo l'esempio di Rilke. I due miti, nelle parole della Zimmerman, vengono usati per mostrare come l'arte e la memoria possono fermare e ripetere un'azione, ma mai ricominciare dall'inizio.\n\nRappresentazioni e adattamenti.\nDopo la prima produzione a Chicago, Mary Zimmerman diresse la sua opera al Second Stage Theatre di New York, dove rimase in cartellone dal 9 ottobre al 21 dicembre 2001. Il testo e la regia dell'autrice attirarono grandi apprezzamenti di critica e pubblico, come anche la scenografia di Daniel Ostling - che comprendeva una grande piscina che occupava quasi tutto lo spazio scenico - e la colonna sonora di Willy Schwartz. La musica svolgeva un ruolo chiave nell'allestimento e veniva usata nei momenti di transizione tra una scena e l'altra, ma anche per sottolineare determinati momenti e suggerire gli aspetti magici: ad esempio il cast usava dei cimbalini a dita nelle scene di Mida, per suggerire che il suolo toccato dai suoi piedi si trasformasse in oro al contatto con la sua persona. L'aria da Così fan tutte 'Un'Aura Amarosa' svolge invege un ruolo significativo nella scena di Fedonte ed il suo utilizzo è richiesto dal testo per ogni produzione. Forte delle buone recensioni, Metamorfosi fu trasferito al Circle in the Square Theatre di Broadway, dove rimase in cartellone per quattrocento repliche e tredici anteprime dal 21 febbraio 2002 al 16 febbraio 2003. La produzione fu candidata a tre Tony Award: migliore nuova opera teatrale, miglior regia di un'opera teatrale per Mary Zimmerman e miglior scenografia per Daniel Ostling, ma solo la Zimmerman vinse il premio per la sua direzione della pièce.Nonostante la difficoltà nel portare in scena un'opera teatrale che richieda la presenza di una piscina, Metamorfosi si è dimostrata una scelta di successo per diversi allestimenti negli Stati Uniti e produzioni di alto rilievo sono andate in scena a Chicago (2012), Washington (2012-2013), Filadelfia (2015), Venice (2016) e Berkeley (2018). La pièce è diventata inoltre una scelta popolare per le compagnie amatoriali, soprattutto studentesche ed universitarie. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mete (divinità).\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Mete (/ˈmiːtiː/; in greco antico: Μέθη, Méthe) è la divinità che personifica l'ubriachezza. Fa parte seguito di Dioniso ed è spesso menzionata in associazione al dio o ad altri suoi compagni. Alcune fonti la citano come figlia di Dionisio.\n\nMitologia.\nLe Anacreontiche così descrivono i legami mitologici di Mete:Rallegriamoci, beviamo vino e cantiamo di Bacco... grazie a lui fu generata Mete,nacque Charis, Lype si riposa e Ania si addormenta.Pausania menziona un dipinto di Mete nell'atto di bere vino nel tempio di Asclepio presso Epidauro, e un altro che la ritrae mentre offre vino a Sileno nel tempio di Sileno nell'Elide.Ne Le Dionisiache di Nonno di Panopoli, Mete appare come moglie di Stafilo d'Assiria e madre da lui di Botrys Quando Stafilo muore improvvisamente la mattina dopo un banchetto in onore di Dioniso, il dio fa commemorare per sempre il nome di Mete dando allo stato di ubriachezza il nome della dea, così come i nomi di Stafilo e Botrys si riferiscono all'uva. Successivamente, Mete viene menzionata come al seguito di Dioniso nella sua campagna indiana.La dea latina Ebrietas, personificazione femminile dell'ubriachezza menzionata da Plinio il Vecchio, può essere considerata un'equivalente di Mete. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Metiadusa.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Metiadusa era il nome di una delle figlie di Eupalamo.\n\nIl mito.\nFu la sposa di Cecrope II, che era anche un suo parente, suo zio, attraverso Eretteo. Dall'unione nacque Pandione II.Secondo una versione del mito era sorella di Dedalo. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Micene.\n### Descrizione: Micene (in greco antico: Μυκῆναι?, Mykēnai o Μυκήνη, Mykēnē) è stata una polis dell'Antica Grecia e attualmente è un sito archeologico, situato nell'Argolide a circa 12 km dal mare e a 9 dalla città di Argo.\nInsieme a Tirinto costituisce il complesso denominato 'siti archeologici di Micene e Tirinto', inserito nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.\n\nStoria.\nL'origine del nome Micene non è greca; non è impensabile ipotizzare che questo insediamento sia stato fondato da popolazioni pre-indeuropee, essendo il sito già occupato dal Neolitico.Secondo la mitologia greca, fu Perseo a fondare la città, il cui nome veniva fatto derivare da μύκης ('fungo') o dalla forma del cappuccio della guaina della spada di Perseo o perché egli avrebbe colto un fungo nel luogo dove poi avrebbe fondato la città.La mitologia greca è molto ricca di leggende riguardo alla città di Micene (come, per esempio, quelle legate agli Atridi), sintomatiche dell'importanza che questa città rivestì sulla Grecia dell'età del bronzo (nel mito, la cosiddetta 'età dell'oro' o 'età degli eroi'), anche se questi miti sono in parte contraddittori e assai poco utili per chiarire la vera storia della città.\nI miti non si riferiscono però alla città preistorica, ma a quella dell'età del bronzo, da cui provengono la maggior parte delle rovine attualmente visitabili.\nInfatti, il sito preistorico e protostorico di Micene fu presto occupato da una nuova popolazione, probabilmente proveniente dalla parte nord-orientale dei Balcani o dall'Anatolia, di origine indoeuropea e di lingua affine al greco classico, che occupò progressivamente tutta la Grecia continentale e buona parte di quella insulare. Proprio per l'importanza, testimoniata anche a livello mitologico, della città di Micene all'interno di questa nuova civiltà, essa viene definita civiltà micenea, dominando su buona parte della Grecia tra il 2000 e il 1200 a.C.\nLa civiltà micenea prende dunque il nome dall'omonima città, ma oltre che con Micenei ci si rivolge ad essi anche con il sinonimo di Achei, nome con cui nell'età della Grecia classica ci si riferiva, tra l'altro, ad un dialetto (che manteneva particolarità e contatti con la lingua arcaica greca) e ad una parte della popolazione greca stanziata su buona parte del Peloponneso.\n\nDurante la civiltà micenea, la città di Micene era un importante centro politico-economico-militare a carattere regionale, o forse anche sovra-regionale, con evidenti e massicce fortificazioni (di cui è rimasta ben conservata la cittadella), un importante palazzo e una serie di complesse tombe in cui personalità di riguardo erano sepolte con ricchi corredi.\nLa città all'epoca era probabilmente molto più estesa della cittadella, ma pochi resti sono rimasti della città bassa, probabilmente poco fortificata e costruita con abitazioni deperibili. Al suo apice, nel 1350 a.C. circa, la cittadella e la città bassa di Micene contava circa 30 000 abitanti e si estendeva su un'area di 32 ettari.\n\nDeclino.\nTra il 1200 e il 1100 a.C. la Grecia fu attraversata da una fortissima crisi nota come collasso dell'età del bronzo, contemporaneamente all'invasione dei Dori e dei popoli del Mare (Mediterraneo-Egeo), che provocò la totale scomparsa della scrittura, la distruzione della maggior parte delle città (inclusa Micene, che subì almeno un importante incendio) e una drastica diminuzione della popolazione e della ricchezza.\nAppare più che probabile una distruzione violenta della maggior parte della città di Micene entro la fine del XII secolo a.C., sebbene non esistano prove inconfutabili, e siano ipotizzabili sia attacchi violenti di popolazioni straniere (come i Dori o i Popoli del Mare) sia guerre civili fratricide, come testimoniato in chiave mitologica dal mito di Oreste.\nPopolazioni di ceppo dorico si stanziarono nelle rovine della città, ricostruendola o, meglio, costruendo sopra le rovine achee. Micene, a differenza di altri importanti centri micenei (come Atene, Argo, Corinto) non tornò ad essere un centro importante e si mantenne come piccola polis, anche se fu comunque abitata permanentemente a differenza di centri come Tirinto o il palazzo di Nestore, che scomparvero.\n\nDall'epoca classica a quella romana.\nPartecipò con dei contingenti alle guerre persiane, ma nel 468 a.C. fu presa da Argo che cacciò gli abitanti e distrusse le fortificazioni. Brevemente rioccupata in età ellenistica, durante l'età romana era ormai ridotta ad un piccolo borgo spopolato, o almeno questo è quanto riporta Pausania il Periegeta nel II secolo d.C., che ne descrive le fortificazioni e la porta dei Leoni.\n\nMicene nella mitologia e nelle leggende greche.\nKerenyi riporta l'esistenza di un mito legato a Micene, figlia di Inaco che avrebbe dato il nome alla città.\n\nLa dinastia perseide.\nI miti greci classici affermano che Micene fu fondata da Perseo, nipote del re Acrisio di Argo, figlio della figlia di Acrisio, Danae e il dio Zeus. Dopo aver ucciso suo nonno per caso, Perseo non poteva, o non voleva, ereditare il trono di Argo. Invece organizzò uno scambio di regni con suo cugino, Megapente, e divenne re di Tirinto, Megapente quindi prese Argo. Dopo di ciò, Perseo fondò Micene e governò entrambi i regni contemporaneamente.\nKerenyi riporta due versioni relative alla fondazione di Micene, l'una in cui Perseo avendo perduto l'estremità della guaina della spada che in greco si chiama mykes decise che avrebbe fondato Micene. Nell'altra l'eroe tormentato dalla sete avrebbe strappato un fungo che in greco si chiama appunto mykes da cui sarebbe scaturita una sorgente decidendo così di fondare la città. La sorgente poi avrebbe alimentato la fonte Perseia.Perseo sposò Andromeda e ebbe molti figli, ma nel corso del tempo entrò in guerra con Argo e fu ucciso dai Megapente. Suo figlio, Elettrione, divenne il secondo della dinastia, ma la successione fu contestata dai Tafi sotto Pterelao, un altro Perseo, che assaltò Micene, perse e si ritirò con il bestiame. Il bestiame venne recuperato da Anfitrione, un nipote di Perseo, ma egli uccise suo zio per caso con un bastone in un incidente e dovette andare in esilio.\nIl trono andò a Stenelo, terzo nella dinastia, uno dei figli di Perseo. Egli pose le basi per la futura grandezza della città sposando Nicippe, figlia del re Pelope dell'Elide, lo stato più potente della regione ai tempi. Con lei ebbe un figlio, Euristeo, il quarto e ultimo della dinastia Perseide. Quando un figlio di Eracle, Illo, uccise Stenelo, Euristeo divenne noto per la sua ostilità a Eracle e per la sua spietata persecuzione contro gli Eraclidi, i discendenti di Eracle.\nQuesto è il primo di quei famosi figli, che divennero un simbolo dei Dori. Eracle era un Perseide. Dopo la sua morte, Euristeo decise di annientare questi rivali al trono di Micene, ma questi si rifugiarono ad Atene, e nel corso della guerra, Euristeo e tutti i suoi figli furono uccisi. La dinastia Perseide finì e il popolo di Micene pose sul trono lo zio materno di Euristeo, Atreo, un Pelopide.\n\nDinastia degli Atreidi.\nIl popolo di Micene aveva ricevuto da un oracolo il consiglio di scegliere un nuovo re tra i Pelopidi. I due contendenti erano Atreo e suo fratello, Tieste. Quest'ultimo era stato scelto in un primo momento. In quel momento la natura intervenne e il sole apparve per invertire la direzione posizionandosi ad est. Atreo sosteneva che, poiché il sole aveva invertito il suo percorso, l'elezione di Tieste doveva essere invertita. La discussione fu ascoltata e Atreo divenne re. La sua prima mossa consistette nel perseguire Tieste e tutta la sua famiglia - cioè i suoi parenti - ma Tieste riuscì a fuggire da Micene.\nNella leggenda, Atreo ebbe due figli, Agamennone e Menelao, gli Atreidi. Poi, Egisto, figlio di Tieste uccise Atreo e restaurò Tieste sul trono. Con l'aiuto del re Tindaro di Sparta, gli Atreidi mandarono di nuovo in esilio Tieste. Tindaro aveva due figlie, Elena e Clitennestra, che Menelao e Agamennone sposarono. Agamennone ereditò Micene e Menelao divenne re di Sparta.\nPresto, Elena fuggì con Paride di Troia. Agamennone condusse una guerra di 10 anni contro Troia per riportare Elena a suo fratello. A causa della mancanza di vento, le navi da guerra non potevano salpare per Troia. Per compiacere gli dei in modo che potessero far soffiare il vento, Agamennone sacrificò sua figlia Ifigenia. Secondo alcune versioni della leggenda, la dea della caccia Artemide la sostituì all'ultimo momento con un cervo sull'altare, e portò Ifigenia in Tauride (vedere Ifigenia di Euripide). Le divinità, essendo state soddisfatte da tale sacrificio, soffiarono i venti e la flotta greca partì.\n\nLa leggenda ci dice che la lunga e ardua guerra di Troia, sebbene nominalmente fu una vittoria greca, portò l'anarchia, la pirateria e la rovina; già prima che la flotta greca salpasse per Troia, il conflitto aveva diviso anche gli dei, e questo aveva contribuito a maledizioni e atti di vendetta seguendo molti degli eroi greci. Finita la guerra, Agamennone, al suo ritorno, fu salutato regalmente con un tappeto rosso tirato fuori per lui, ma subito dopo ucciso nella sua vasca da bagno dalla moglie Clitennestra, che lo odiava per aver ordinato il sacrificio della figlia Ifigenia (anche se la vita di quest'ultima era stata salvata). Clitennestra fu aiutata nel suo crimine da Egisto, che regnò in seguito, ma Oreste, figlio di Agamennone, fu portato di nascosto nella Focide. Tornò quindi da adulto per uccidere Clitennestra ed Egisto. Poi fuggì ad Atene per sfuggire alla giustizia e al matricidio, divenendo pazzo. Nel frattempo, il trono di Micene andò ad Alete, figlio di Egisto, ma non per molto. Recuperato, Oreste tornò a Micene per ucciderlo e prendere il trono.\nOreste costruì lo stato più grande nel Peloponneso, ma morì in Arcadia da un morso di serpente. Suo figlio, Tisameno, l'ultimo della dinastia degli Atreidi, fu ucciso dagli Eraclidi al loro ritorno al Peloponneso. Essi rivendicarono il diritto dei Perseidi di ereditare i vari regni del Peloponneso e gettarne le sorti per il loro dominio. Qualunque siano state le verità storiche riflesse in queste storie, gli Atreidi sono fermamente ambientati nell'epoca prossima alla fine dell'Età Eroica, che portò all'arrivo dei Dori. Non ci sono storie consolidate di una casa reale a Micene dopo gli Atreidi, e ciò potrebbe evidenziare il fatto che non più di cinquanta o sessanta anni sembrano aver separato la caduta di Troia VII (la probabile ispirazione della Troia Omerica) e la caduta di Micene.\n\nGli Atreidi in Asia Minore.\nI Perseidi sarebbero stati al potere verso il 1380 a.C., la datazione di alcune statue di Kom el-Heitan in Egitto che registravano l'itinerario di un'ambasciata egiziana nell'Egeo al tempo di Amenhotep III (1391-1353 a.C. o 1388-1351 a.C.). M-w-k-i-n-u (fonetico 'Mukanuh'?) Era una delle città visitate, un raro primo documento del nome di Micene. Era una delle città del tj-n3-jj ('Tinay'?), Gli omerici Danai sono stati nominati, nel mito, dopo Danae, che suggerisce che i Perseidi fossero in effetti in una sorta di dominio.\nAnche nel XIV secolo a.C., Ahhiya cominciarono a essere fastidiosi per numerosi re dell'Impero ittita. Ahhiyawa o Ahhiya, che compare poche decine di volte nelle tavolette ittite nel corso del secolo, è probabilmente Achaiwia, ricostruzione del greco miceneo per l'Acaia. Gli Ittiti non usarono 'Danaja' come facevano gli egiziani, anche se il primo riferimento Ahhiya nella 'Accusa di Madduwatta' precede la corrispondenza tra Amenhotep III e uno dei successori di Madduwatta ad Arzawa, Tarhunta-Radu. La TE IIIA esterna: le fonti dell'era 1, tuttavia, concordano nella loro omissione di un grande re o altra struttura unificante dietro Ahhiya e il Tinay.\nAd esempio, nella 'Accusa di Madduwatta', Attarsiya, il 'sovrano di Ahhiya', attacca Madduwatta e lo caccia dalla sua terra. Ottiene rifugio e assistenza militare dal re Tudhaliya degli Ittiti. Dopo la morte di quest'ultimo e nel regno di suo figlio, Arnuwanda, Madduwatta si allea con Attarissiya e loro, insieme ad un altro governatore, attaccano Alasiya, cioè Cipro.Questo è l'unico caso conosciuto di un uomo chiamato Attarissiya. I tentativi di collegare questo nome agli Atrei non hanno trovato ampio supporto, né esistono prove di un potente Pelopide di nome Atreo di quei tempi.\nDurante TE IIIA: 2, Ahhiya, ora noto come Ahhiyawa, estese la sua influenza su Mileto, stabilendosi sulla costa dell'Anatolia, e gareggiò con gli Ittiti per l'influenza e il controllo nell'Anatolia occidentale. Per esempio, Arzawa di Uhha-Ziti e attraverso di lui Seha River Land di Manapa-Tarhunta. Pur stabilendo la credibilità dei greci micenei come potere storico, questi documenti creano tanti problemi quanti ne risolvono.\nAllo stesso modo, un re ittita scrisse la cosiddetta lettera di Tawagalawa al Grande Re di Ahhiyawa, riguardante le depredazioni dell'avventuriero di Luwiyan, Piyama-Radu. Nessuno dei nomi dei grandi re è dichiarato; il re ittita poteva essere Muwatalli II o suo fratello Hattusili III, che perlomeno riporta la lettera del TE IIIB secondo gli standard micenei. Ma né l'Atreo né l'Agamennone della leggenda hanno fratelli chiamati Etewoclewes (Eteocle); questo nome, piuttosto, è associato a Tebe, che durante il precedente periodo TE IIIA Amenhotep III aveva visto uguale a Micene.\n\nArcheologia.\nNel Neolitico l'Epiro era popolato da marinai lungo la costa e da pastori e cacciatori dei Balcani sud-occidentali che portavano con sé la lingua proto-greca. Queste persone seppellivano i loro capi in grandi tumuli contenenti tombe a pozzo. Camere funerarie simili furono successivamente utilizzate dalla Civiltà micenea, suggerendo che i fondatori di Micene potrebbero provenire dall'Epiro e dall'Albania centrale. L'Epiro stesso rimase culturalmente arretrato durante questo periodo, ma resti micenei sono stati trovati in due santuari religiosi di grande antichità nella regione: l'Oracolo dei Morti sul fiume Acheronte, familiare agli eroi dell'Odissea di Omero, e l'Oracolo di Zeus a Dodona, a cui Achille pregò nell'Iliade.Gli scavi archeologici furono avviati da Kyriakos Pittakis nel 1841 che scoprì e restaurò la porta dei Leoni. Nel 1874 e nel 1876 Heinrich Schliemann, colui che ritrovò grazie alla descrizione dei poemi omerici la città che si pensa essere Troia, riprese gli scavi. Furono scoperte le tombe di alcuni re di Micene, insieme ai corredi funebri come la maschera di Agamennone. Ulteriori analisi hanno stabilito che questi gioielli risalgono ai secoli XVI e XII a.C.\nLa città aveva una acropoli di forma triangolare, sulla quale sono rinvenibili la celebre porta dei Leoni, la tomba di Agamennone e il palazzo reale.\nFra gli oggetti qui rinvenuti, sono da ricordare anche sigilli, ceramiche e tavolette con iscrizioni. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mida.\n### Descrizione: Mida (in greco antico: Μίδας?, Mídas, mentre il latino Mydas corrisponde ad un'errata trascrizione), figlio adottivo (o biologico secondo alcune fonti) di Gordio e di Cibele, fu un mitico re della Frigia.\nÈ celebre nella cultura occidentale il suo proverbiale tocco d'oro, la capacità di trasformare in metallo prezioso qualsiasi cosa toccasse, donatagli da Dioniso.\nCome il padre Gordio è considerato fondatore della capitale frigia Gordio, a lui sono attribuite le fondazioni della città frigia di Midea e (secondo Pausania) di Ancyra (l'attuale capitale turca Ankara).\n\nBiografia.\nEquivocità sul personaggio.\nVi sono ancora delle lacune sulla vera identità di Mida:.\n\nsecondo alcuni Mida è un re frigio vissuto nel II millennio a.C. e quindi prima della guerra di Troia;.\nsecondo altri studiosi Mida potrebbe essere identificato con il personaggio storico di Mita, re di Moschi nell'Anatolia occidentale alla fine dell'VIII secolo a.C..\n\nFonti Letterarie.\nVissuta la propria gioventù in Macedonia come re di Pessinunte sul monte Bermion (Bryges), Mida venne adottato da Gordio, re di Frigia, e dalla dea Cibele. L'oracolo della Frigia, vedendo in lui un possibile salvatore da tutti i conflitti civili che coinvolgevano la Frigia, lo elesse come nuovo re spodestando il padre.\nMida sposò la figlia di Agamennone di Cuma, Eolia, da cui ebbe diversi figli, fra cui Litierse (mietitore demoniaco degli uomini), Ancuro e una figlia di nome Zoë (vita).\nMida è anche il nonno di Adrasto.\nDurante il suo regno lottò per liberare l'Anatolia e l'Assiria dai Cimmeri. Questi ultimi però prevalsero e il re si diede la morte bevendo sangue dei tori (Strabone) mentre il padre Gordio venne arso vivo.\nNel 1957 è stata scoperta a 53 metri di profondità, sotto all'antica Gordio, la presunta tomba di Mida, il Tumulo MM (dall'inglese 'Midas Mound', tumulo di Mida).\n\nMito.\nSecondo la versione narrata da Publio Ovidio Nasone ne Le metamorfosi, un giorno Dioniso aveva perso di vista il suo vecchio maestro e patrigno, Sileno.\nIl vecchio satiro si era attardato a bere vino e si era perso ubriaco nei boschi, finché non fu ritrovato da un paio di contadini frigi, che lo portarono dal loro re, Mida (secondo un'altra versione, Sileno andò a finire direttamente nel giardino di rose del re).\nMida riconobbe Sileno e lo trattò affabilmente, ospitandolo nella sua reggia per dieci giorni e notti, mentre il satiro intratteneva il re e i suoi amici con racconti e canzoni.\nL'undicesimo giorno, Mida riportò Sileno in Lidia da Dioniso, il quale, felice di aver ritrovato il suo anziano tutore, offrì al re qualsiasi dono desiderasse. Mida, allora, gli chiese il potere di trasformare in oro tutto ciò che toccava (fra cui il fiume Pattolo, la cui reale ricchezza d'oro viene fatta risalire a tale leggenda).\nIl re si accorse presto però che in tal modo non poteva neppure sfamarsi, in quanto tutti i cibi che toccava diventavano istantaneamente d'oro. Rendendosi conto che la sua cupidigia di denaro lo avrebbe portato alla morte, implorò Dioniso di togliergli tale potere. Il dio, impietosito dal pentimento del re, esaudì la richiesta.\nMida fu successivamente punito da Apollo, in quanto non lo aveva nominato vincitore in una gara musicale con Marsia (o Pan), con un paio di orecchie d'asino. Solo il barbiere del re era a conoscenza della cosa, ma il re gli intimò di non raccontare a nessuno la sua deformità, pena la morte. Costui tuttavia, non riuscendo a mantenere il segreto, andò a confessarlo in una buca presso uno stagno. Così, il servo fu convinto di essersi tolto il grave peso senza parlarne ad anima viva. Tempo dopo un flebile sussurro riempì la reggia e la città, e il segreto non fu più tale: da quella buca, per volontà di Apollo, erano nate delle canne che sussurravano scosse dal vento: Re Mida ha le orecchie d'asino!. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Migdone (fratello di Amico).\n### Descrizione: Migdone (in greco antico Μύγδων) è un personaggio della mitologia greca.\nEra re di Bebrico e fratello di Amico.\n\nMitologia.\nMigdone si alleò con il fratello Amico nella guerra contro Lico (un re della Misia), che a sua volta si alleò con Eracle.\nMigdone morì per mano di Eracle.\nIn seguito Amico si riprese i domini persi nella guerra e divenne re dei Bebrici a sua volta. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Milete.\n### Descrizione: Milete (in greco antico: Μύλης?, Mýlis) è un personaggio della mitologia greca. Fu il secondo re dei Lelegi.\n\nGenealogia.\nFiglio di Lelego e di Cleocaria e padre di Eurota.\n\nMitologia.\nSuccesse al trono del padre e fu succeduto dal figlio Eurota.\nSecondo una vecchia tradizione fu l'inventore del mulino. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mileto (mitologia).\n### Descrizione: Mileto (in greco antico: Μίλητος?) è un personaggio della mitologia greca, fu il leggendario fondatore dell'omonima città lungo le coste egee dell'Anatolia.\n\nMitologia.\nSecondo la mitologia, Mileto nacque nell'isola di Creta, figlio del dio Apollo e di una tale Areia, ragazza cretese la quale temendo l'ira del padre nascose il neonato nel letto, ma che quando questi lo trovò lo accettò chiamandolo Mileto.Un'altra fonte lo vuole sempre figlio del dio Apollo, ma questa volta concepito da Acacallide, conosciuta come la 'donna criceto', figlia di Minosse, leggendario re minoico: secondo quest'altra leggenda, Acacallide temeva l'ira del padre, ma a soccorrerla fu lo stesso Apollo che mandò dal cielo alcune lupe per accudire il piccolo; una terza fonte lo vuole figlio di Eussantio (altro figlio del re Minosse e di una donna telchina); un'ultima fonte lo vuole infine come figlio di una tale Deione.Il ragazzo era molto amato sia dal re Minosse sia da suo fratello Sarpedonte. I due allora decisero di far scegliere al piccolo con chi voler andare a vivere e il piccolo scelse Sarpedonte.\nMinosse per ripicca, esiliò Sarpedonte e Mileto dall'isola di Creta (questa è una delle tre cause secondo la narrazione mitica per le quali Sarpedonte fu cacciato da Creta) e così sotto il consiglio di Sarpedonte, Mileto ormai cresciuto si trasferì dapprima a Samo e poi nella regione della Caria dove fondò poi la polis di Mileto, che proprio da lui prende il nome. Il mito descrive inoltre che l'eroe, prima della fondazione del centro, uccise il gigante Asterio, figlio di Anatto e dopo quest'evento la regione della città di Mileto, originariamente conosciuta come 'Anattoria', cambiò denominazione in Caria.Sposò Ciane ed ebbe due figli: un maschio, chiamato Cauno e una femmina chiamata Biblide, che secondo la leggenda intrattenne rapporti incestuosi con lui.Secondo Antonino Liberale il nome della moglie era Idotea.Secondo Nonno di Panopoli Mileto e i suoi figli furono invece suoi fratelli a loro volta figli di Asterio. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Mimante (mitologia).\n### Descrizione: Nella mitologia greca Mimante o Mimas (in greco antico: Μίμας, traslitterato Mímas) era un gigante figlio di Urano, personificazione del cielo, e di Gea, la Dea primordiale, personificazione della terra.\nCome gli altri giganti figli di Gea, Mimante veniva descritto come un gigante nato completamente armato, con code di serpente a coprirgli i piedi.\nSecondo Apollodoro di Atene, nella Gigantomachia, la guerra contro gli dei dell'Olimpo, Mimante fu ucciso da Efesto che utilizzò una massa di ferro fuso sotto la quale il gigante rimase intrappolato. Altre fonti tramandano che fu invece ucciso da Ares o anche fulminato da una saetta scagliata da Zeus.\nSi tramanda che l'isola di Procida giaccia sopra il corpo di Mimante.\n\nCollegamenti esterni.\nMimante, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 1º settembre 2021. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Minerva trattiene Achille dall'uccidere Agamennone.\n### Descrizione: Minerva trattiene Achille dall'uccidere Agamennone è un affresco eseguito da Giambattista Tiepolo, nella Sala dell'Iliade di Villa Valmarana ai Nani.\n\nDescrizione.\nFa parte di una serie di tre dipinti su muro, in cui vengono rappresentati altrettanti episodi relativi al primo libro del poema omerico sulla Guerra di Troia.\nNella scena Achille, irato per la perdita della schiava Briseide, si scaglia contro Agamennone, capo degli Achei, che si ritrae, proteggendosi con il mantello. Achille sta sguainando la spada per uccidere il re, ma è trattenuto per i capelli dalla dea Atena sopraggiunta, invisibile a tutti tranne che all'eroe, che lo calma. Assistono attoniti alla scena i capi dell'esercito greco. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Minete.\n### Descrizione: Minete è un personaggio della mitologia greca, figlio di Eveno e re di Cilicia e marito di Briseide. Secondo il mito durante la guerra di Troia fu ucciso da Achille che ridusse in schiavitù la moglie. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mini (popolo).\n### Descrizione: Secondo la mitologia greca, i Mini - agg. minio, minia, minie, minii - (in greco Μινύες, Minyes), furono un gruppo autoctono abitante la regione egea. Tuttavia, l'estensione con cui la preistoria del mondo egeo viene riflessa nei resoconti letterari di popoli leggendari è soggetta a ripetute revisioni.\nPrima della seconda guerra mondiale, gli archeologi talvolta applicarono il termine 'Mini' in modo diverso, per indicare la prima vera ondata di popoli parlanti il protogreco nel II millennio a.C., tra le culture dell'antica età del bronzo, talvolta identificate con l'inizio della cultura del Medio Elladico. La 'ceramica minia' grigia è un termine usato dagli archeologi per un particolare stile di ceramica egea associata con il periodo Medio Elladico (2100–1550 a.C. ca.). Di conseguenza l'inizio del Medio Elladico sarebbe contrassegnato dalla immigrazione di questi 'Mini'. Secondo Emily Vermeule, questa fu la prima ondata di veri elleni in Grecia. Più recentemente, comunque, gli archeologi e paletnologi trovano il termine 'Minyes' discutibile: 'chiamare i marcatori della ceramica minia loro stessi 'Mini' è biasimevole', sottolineava F. H. Stubbings. 'Derivare i nomi etnici dagli stili della ceramica è una delle abitudini più deplorevoli in archeologia,' affermava F. J. Tritsch nel 1974. 'Noi parliamo animatamente dei 'Mini' quando vogliamo indicare una popolazione che usa ceramica che noi chiamiamo 'minia',' sebbene egli avesse sbagliato nel dire che i Greci stessi non menzionano mai i 'Mini' come tribù o popolo.I greci micenei raggiunsero Creta nel 1450 a.C. ca. e la presenza greca sul continente viene fatta risalire al 1600 a.C., se la cultura materiale può essere collegata sicuramente all'etnicità basata sulla lingua. Altri aspetti del periodo 'minio' sembrano arrivare dalla Grecia settentrionale e dai Balcani (tombe a tumulo, asce in pietra perforate). Secondo gli scavi archeologici di John L. Caskey condotti negli anni '50, la prova è emersa collegando i proto-greci ai portatori della cultura 'minia' (o del Medio Elladico).\n\nUtilizzo del termine 'Μινύες' tra i greci classici.\nI Greci non sempre chiaramente distinguevano i Mini dalle culture pelasgiche che li avevano preceduti. I mitografi greci danno ai Mini un fondatore eponimo, Minia, forse così leggendario come Pelasgo (il padre fondatore dei pelasgi), i quali furono la più vasta categoria di popoli egei pre-greci. Questi Mini vennero associati con la Orcomeno beotica, come quando Pausania riferisce che 'Teo era solita essere abitata dai Mini di Orcomeno, i quali vi arrivarono con Atamante' e potrebbe avere rappresentato una dinastia governante o una tribù più tardi localizzata in Beozia.\nErodoto asserisce molte volte che i pelasgi dimoravano in un lontano passato con gli ateniesi in Attica, e che questi pelasgi mandati via dall'Attica a loro volta condussero i Mini fuori da Lemnos.Eracle, l'eroe le cui imprese sempre celebrano il nuovo ordine olimpico sulle vecchie tradizioni, venne a Tebe, una delle antiche città micenee della Grecia, e trovò greci che pagavano un tributo di 100 capi di bestiame (un ecatombe) ogni anno a Ergino, re dei Mini. Eracle attaccò un gruppo di emissari mandati dai Mini, tagliando loro le orecchie, i nasi e le mani. Li legò intorno a collo dicendo loro di prendere quei tributi da mandare a Ergino. Questi fece guerra a Tebe, ma Eracle, con i suoi compagni tebani, dopo averli armati con le armi consacrate nel tempio, sconfisse i Mini, uccidendo il loro re Ergino. I Mini furono così costretti a pagare il doppio del precedente tributo che era stato prima riservato ai Tebani. Ad Eracle venne attribuito anche l'incendio del palazzo di Orcomeno: 'Allora apparendo di sorpresa prima che gli abitanti di Orcomeno se ne accorgessero, sgaiottolò via attraverso l'ingresso, bruciando il palazzo dei Mini e radendo al suolo la città'.Gli Argonauti furono talvolta riferiti come 'Mini' poiché la madre di Giasone discendeva da quella stirpe, e molti suoi cugini si unirono nell'avventura. I Mini sono infine citati nell'Iliade, tra i popoli alleati degli achei.\n\nArcheologia.\nQuando John L. Caskey della Scuola Americana per gli Studi Classici ad Atene delineò i risultati dei suoi scavi a Lerna dal 1952 fino al 1958, egli precisa che le peculiarità della cultura del Medio Elladico (vale a dire la ceramica minia grigia e il veloce tornio da vasaio) possano trarre origine dall'Antico Elladico III. Anche Caskey dichiarò che Lerna (insieme agli insediamenti a Tirinto, Asine nell'Argolide, Agios Kosmas vicino ad Atene, e forse Corinto) fosse stata distrutta alla fine dell'Antico Elladico II. Egli suggerì che gli invasori degli insediamenti dell'Antico Elladico II possano essere i greci che parlavano un prototipo della successiva lingua greca. Tuttavia, c'è l'attestazione della distruzione alla fine dell'Antico Elladico III a Korakou (vicino a Corinto) e a Eutresis in Beozia. Nonostante ciò, Caskey trovò che le popolazioni del Medio Elladico fossero gli antenati diretti dei micenei e, più tardi, dei greci.Naturalmente, gli studiosi contestano la proposta di Caskey riguardo al fatto che invasori indoeuropei (proto-greci) distruggesero gli insediamenti dell'Antico Elladico II in Grecia. Infatti, gli strati di distruzione che Caskey trovò a Lerna e a Tirinto furono attribuiti al fuoco. Inoltre, ci sono indicazioni riguardo alla cultura dell'Antico Elladico II alla quale succede direttamente quella dell'Antico Elladico III. Nell'insieme, ciò indica che i progenitori e fondatori della 'cultura minia' fossero un gruppo autoctono. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Minosse.\n### Descrizione: Minosse (in greco antico: Μίνως?, Mínōs) è un personaggio della mitologia greca.\n\nGenealogia.\nFiglio di Zeus e di Europa, come i due fratelli Sarpedonte e Radamanto fu adottato da Asterio, colui che dopo sposò la madre.Dalla moglie Pasifae ebbe otto figli: Androgeo, Arianna, Acacallide, Catreo, Deucalione, Fedra, Glauco e Senodice; ebbe inoltre Eussantio da Dessitea, mentre dalla ninfa Paria ebbe Fiolao, Crise, Eurimedonte e Nefalione. Inoltre, Pasifae si unì con un toro che si generò dalle acque del mare, dando vita al Minotauro, creatura metà uomo e metà toro.\n\nMitologia.\nSecondo i principali miti, Minosse fu un re giusto di Creta: per questo motivo, dopo la sua morte cruenta, divenne uno dei giudici degli inferi insieme a Eaco e Radamanto. Nei miti attici, invece, viene dipinto come estremamente tirannico e crudele.\n\nIl personaggio.\nIn seguito alla morte del re Asterio, suo padre adottivo, Minosse costruì un altare in onore di Poseidone in riva al mare per dimostrare il suo diritto al trono; Minosse pregò il Dio di inviargli un toro da immolare ma, pur venendo esaudito, alla fine non sacrificò l'animale poiché dotato di grande bellezza: Poseidone, adirato, fece allora innamorare del toro Pasifae, la moglie di Minosse, e da questa unione nacque il mostruoso Minotauro, mezzo uomo e mezzo toro. Minosse incaricò dunque Dedalo di costruire un labirinto in cui nasconderlo.\nIl regno di Minosse fu caratterizzato da ampi scontri con i popoli vicini, che riuscì ad assoggettare; combatté anche contro Niso, re di Megara, che aveva un capello d'oro a cui era legata la sorte della sua vita e della sua potenza. La figlia di Niso, Scilla, si innamorò al primo istante di Minosse e non indugiò ad introdursi nottetempo nella camera del padre per tagliargli il capello d'oro; in seguito si recò da Minosse offrendogli le chiavi di Megara e chiedendogli di sposarla. Minosse conquistò Megara ma rifiutò di portare con sé a Creta la parricida che, presa dallo sconforto, si gettò in mare e annegò.\nMinosse attaccò anche Atene, in seguito all'assassinio del figlio Androgeo ad opera del re Egeo; sconfitti gli ateniesi, Minosse impose un tributo di sangue: la consegna, ogni anno, di sette fanciulli e sette fanciulle da dare in pasto al Minotauro. Tale sacrificio cessò solo grazie all'intervento di Teseo, che con l'aiuto di Arianna riuscì ad uccidere il mostro.\nSecondo il mito, Minosse fu ucciso in una vasca da bagno in Sicilia mentre era ospite nella rocca del re sicano Cocalo. Minosse, per cercare di riacciuffare il fuggitivo Dedalo, da lui fatto rinchiudere nel Labirinto che lo stesso Dedalo aveva progettato e dal quale l'architetto era fuggito con ali fatte di penne e cera, escogitò un piano: promise una forte ricompensa a chiunque avesse trovato il modo di far passare un filo tra le volute di una conchiglia. Dedalo riuscì nell'impresa legando un filo ad una formica che, introdotta nella conchiglia i cui bordi aveva cosparso di miele, passò tra gli orifizi per trovare il miele. In questo modo Minosse scoprì il rifugio di Dedalo e giunse in Sicilia, pretendendo dal re Cocalo la consegna di Dedalo, ma le figlie di Cocalo aiutarono Dedalo ad ucciderlo. Il racconto è stato ripreso da Diodoro Siculo nella Biblioteca storica che narra come la sua leggendaria tomba si trovasse al di sotto di un tempio di Afrodite e come Terone di Akragas avesse occupato quest'area sacra con il proposito ufficiale di vendicare l'uccisione del re cretese.\n\nUno o due Minosse.\nPer conciliare gli aspetti contraddittori del suo carattere, nonché per spiegare come Minosse abbia governato Creta per un periodo di così tante generazioni, alcuni mitografi successivi, tra cui Diodoro Siculo e Plutarco, hanno ipotizzato l'esistenza di due differenti re con lo stesso nome.\nSecondo questa visione, il primo re Minosse era figlio di Zeus ed Europa e fratello di Radamanto e Sarpedonte. Sarebbe il Minosse identificato con le qualità positive del personaggio, tenuto in tale stima dagli dei dell'Olimpo che, dopo la sua morte, fu nominato uno dei tre 'Giudici dei Morti'. Questo Minosse I avrebbe avuto un solo figlio di nome Licasto, suo successore come re di Creta.\nIl figlio di Licasto sarebbe stato il secondo Minosse ovvero il 'cattivo' Minosse, a cui sarebbero collegati i miti di Teseo, Pasifae, il Minotauro, Dedalo, Glauco e Niso. A differenza di Minosse I, Minosse II generò numerosi figli, tra cui Androgeo, Catreo, Deucalione, Arianna, Fedra e Glauco, tutti nati da sua moglie Pasifae. Attraverso Deucalione, Minosse II era il nonno del re Idomeneo, che guidò i Cretesi alla guerra di Troia.\n\nStoricità di Minosse.\nCosì lo storico Tucidide descrive Minosse nella sua Guerra del Peloponneso.\n\nMinosse nell'Ade.\nGià Omero lo aveva posto come giudice delle anime nell'Ade, ma Dante trasse la figura di Minosse da Virgilio:.\n\nFigura poi ripresa da Claudiano:.\n\nNell'Inferno, Minosse si trova all'entrata del Cerchio II perché le anime del Limbo (Cerchio I) non hanno peccati da confessare e non vengono giudicate. Nella mitologia dantesca, a Minosse è dato il compito di ascoltare i peccati delle anime, le quali nulla nascondono al demone. Uditi i peccati Minosse comunica loro la destinazione all'interno dell'inferno, arrotolando la sua coda di serpente di tante spire quanti sono i cerchi di destinazione. Scorto Dante, Minosse interrompe il giudizio per rivolgergli un avvertimento: il poeta deve guardarsi dal venire con eccessiva sicurezza, poiché la facilità del viaggio fin lì compiuto (Dante è infatti, per il momento, solo passato al di là dell'Acheronte e ha incontrato solo i non battezzati, che non sono veri peccatori) potrebbero illuderlo che il viaggio intero sia semplice: il resto del viaggio infatti sarà molto più arduo. Tuttavia Virgilio, con le stesse parole usate prima per Caronte, lo ammonisce a non ostacolare un viaggio voluto dal cielo. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Minotauro.\n### Descrizione: Il Minotauro (in greco antico: Μινώταυρος?, Minṓtauros) è una figura della mitologia greca. Figlio del Toro di Creta e di Pasifae, regina di Creta, era un essere mostruoso e feroce, con il corpo di un uomo e la testa di un toro che nacque per volere di Poseidone, il dio del mare, che intendeva punire il re di Creta, Minosse.\nAtene, sconfitta da Minosse, fu costretta a pagare un orribile tributo offrendogli ogni anno sette ragazzi e sette ragazze nel labirinto di Cnosso.\n\nMito greco: il Minotauro.\nMinosse, re di Creta, non era ben visto dalla popolazione cretese in quanto il suo vero padre non era il re precedente, Asterio, bensì Zeus. Il re, disperato, pregò Poseidone, il dio del mare, di inviargli un toro come simbolo dell'apprezzamento degli dei verso di lui in qualità di sovrano, promettendo di sacrificarlo in onore del dio. Poseidone acconsentì e gli donò un bellissimo e possente toro bianco di gran valore. Vista la bellezza dell'animale, Minosse decise di tenerlo per le sue mandrie e ne sacrificò un altro. Poseidone allora, per punirlo, fece innamorare perdutamente Pasifae, moglie di Minosse, del toro stesso. Ella riuscì a soddisfare il proprio desiderio carnale nascondendosi dentro una giovenca di legno costruita per lei dall'artista di corte Dedalo. Dall'unione mostruosa nacque il Minotauro, termine che unisce, appunto, il prefisso minos ovvero 're' con il suffisso taurus ovvero 'toro'.\nIl Minotauro aveva il corpo umanoide e bipede, ma aveva zoccoli, pelliccia bovina, coda e testa di toro. Era di carattere selvaggio e feroce, perché la sua mente era completamente dominata dall'istinto animale, avendo la testa di una bestia; in quanto ibrido innaturale, non si nutriva in modo naturale e iniziò pertanto a divorare gli esseri umani. Minosse, per impedirgli di nuocere, fece rinchiudere il violento e crudele Minotauro nel labirinto di Cnosso, costruito da Dedalo. Quando Androgeo, figlio di Minosse, morì ucciso dagli ateniesi infuriati perché aveva vinto troppo ai loro giochi, disonorandoli, Minosse decise, per vendicarsi della città di Atene, sottomessa allora a Creta, che questa dovesse inviare ogni anno sette fanciulli e sette fanciulle da offrire in pasto al Minotauro, che si cibava di carne umana.Teseo, eroe figlio del re ateniese Egeo, si offrì di far parte dei giovani per sconfiggere il Minotauro. Arianna, figlia di Minosse e di Pasifae, si innamorò di lui. Alla piccola entrata del labirinto, Arianna diede a Teseo il celebre 'filo', un gomitolo che gli avrebbe permesso di non perdersi una volta entrato, e una spada per uccidere il Minotauro. Quando Teseo giunse dinnanzi al Minotauro, lo affrontò e lo uccise con la spada. Uscito dal labirinto, Teseo salpò con Arianna alla volta di Atene, montando vele bianche in segno di vittoria. Più avanti, però, abbandonò la fanciulla dormiente sull'isola deserta di Nasso. Il motivo di tale atto è controverso. Si dice che l'eroe abbia abbandonato Arianna per la sua nuova amante Egle, figlia di Panopeo; o che si sentisse in imbarazzo di ritornare in patria con la figlia del nemico; oppure che venne intimorito da Dioniso che, in sogno, gli intimò di lasciarla là, per poi raggiungerla ancora dormiente e farla sua sposa.\nArianna, rimasta sola, iniziò a piangere, finché apparve al suo cospetto il dio Dioniso, che per confortarla le donò una meravigliosa corona d'oro, opera di Efesto, che venne poi, alla sua morte, mutata dal dio in una costellazione splendente: la costellazione della Corona.\nPoseidone, adirato contro Teseo, inviò una tempesta che squarciò le vele bianche della nave, costringendo l'eroe ateniese a sostituirle con quelle nere; altre versioni raccontano che per l'eccitazione della vittoria egli si dimenticò di issare le vele bianche, oppure gli fu annebbiata la memoria dagli dei come punizione per aver abbandonato Arianna. Infatti a Teseo, prima di partire, fu raccomandato da suo padre Egeo di portare due gruppi di vele, e di montare al ritorno le vele bianche in caso di vittoria, mentre, in caso di sconfitta, si sarebbero dovute issare quelle nere. Egeo, vedendo all'orizzonte le vele nere, credette che suo figlio fosse stato divorato dal Minotauro e si gettò disperato in mare, che dal suo nome fu poi chiamato mare di Egeo, cioè Mar Egeo.\n\nSignificati dietro al mito.\nDietro il mito si celano anche particolari significati che i Greci attribuivano ad alcuni elementi del racconto. Ad esempio il termine Minosse, attribuito al re di Creta, è designato da alcuni studi non come il nome del solo re di Cnosso, ma come il termine genericamente utilizzato per indicare 'i sovrani' in tutta l'isola di Creta. Dietro al personaggio del Minotauro si stima la divinizzazione del toro da parte dei Greci, mentre lo sterminato labirinto di Cnosso è simbolo dello stupore provato dai Greci nel vedere le immense costruzioni Cretesi. Alla vittoria di Teseo si attribuisce invece l'inizio del predominio dei Greci sul mar Egeo nonché il trionfo della ragione umana, incarnata da Teseo, sull'istinto animale, rappresentato dal Minotauro.\n\nIl Minotauro nella Divina Commedia.\nIl Minotauro appare nella Divina Commedia, precisamente nel dodicesimo canto dell'Inferno. È il guardiano del Cerchio dei violenti ed è qui che Dante e Virgilio lo incontrano. Nonostante tenti inizialmente di sbarrare loro la strada, Virgilio riesce ad allontanarlo, e allora il Minotauro comincia a divincolarsi qua e là come un toro.\nAllegoricamente, il Minotauro è posto a guardia del girone dei violenti, perché nel mito greco esso simboleggia proprio la parte istintiva e bestiale della mente umana, quella che ci accomuna agli animali (la «matta bestialità») e ci rende inconsapevoli. I violenti sono proprio quei peccatori che hanno peccato cedendo all'istinto e non hanno seguito la ragione. Per la teologia cristiana rappresenta un grave peccato, perché mentre agli animali non si può dare alcuna colpa, perché fanno ciò che è necessario per sopravvivere e nulla più, l'uomo dovrebbe usare la ragione per non compiere atti di pura crudeltà. La scena di Virgilio che vince il Minotauro rappresenta allegoricamente il trionfo della ragione sull'istinto.\nNella Divina Commedia è presente inoltre un accenno a Pasifae, madre del Minotauro, nel ventiseiesimo canto del Purgatorio, dedicato al vizio dei lussuriosi. Pasifae vi è citata due volte, come emblema dell'animalità del peccato di lussuria: Dante la definisce con eloquente sintesi 'colei / che s'imbestiò ne le 'mbestiate schegge'.\n\nNella cultura di massa.\nNel videogioco Age of Mythology il Minotauro è una delle unità mitiche che possono creare i Greci. Nel videogioco gli viene assegnato il nome scientifico fittizio di Homo taurus e un'altezza di circa 2,7 m.\nNella saga Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo il Minotauro è il primo mostro che Percy combatte.\nNel videogioco Assassin's Creed Odyssey il Minotauro è uno dei quattro boss mitologici necessari per ottenere i manufatti di Atlantide.\nNel videogioco Shin Megami Tensei IV appare come uno dei primi boss principali a guardia delle profondità di Naraku. Nella community è famigerato per essere un boss relativamente difficile per i nuovi arrivati, ma anche per essere tedioso se durante la battaglia si ha Walter in squadra (il boss è immune agli attacchi di tipo fuoco, mosse specializzate di Walter, garantendogli dei Smirk facili). Nel contenuto scaricabile 'Money Makes the Underworld Turn.' è possibile ottenere una variante di colore diverso chiamato Asterius.\nNel videogioco Hades il Minotauro (chiamato Asterio) compare come boss assieme a Teseo, con il quale ha stretto un'improbabile amicizia fraterna.\nIl gruppo heavy metal spagnolo Tierra Santa ha dedicato una canzone a questo mito, dal titolo El laberinto del Minotauro e contenuto nell'album del 2001 Sangre de Reyes.\nIl film horror Minotaur, diretto nel 2006 da Jonathan English, si rifà liberamente al mito di Teseo e del Minotauro. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Mirmidoni (Eschilo).\n### Descrizione: Mirmidoni (in greco antico: Μυρμιδόνες?, Mirmidónes) è una tragedia di Eschilo andata quasi completamente perduta, che trattava della storia di Achille e Patroclo.\n\nTrama.\nLa tragedia si basa sul libro nono e sedicesimo dell'Iliade. Oltraggiato da Agamennone, Achille si rifiuta di combattere contro i Troiani anche dopo che il re acheo gli ha inviato un'ambasciata per convincerlo a tornare sul campo di battaglia. Anche il coro dei Mirmidoni esorta, invano, il proprio re a tornare in campo :.\n\nSenza Achille ogni sforzo è vano, ma Diomede decide ugualmente di guidare i Greci in battaglia ed essi subiscono una dolorosa sconfitta. Commosso dallo spreco di tante vite umane, Patroclo supplica Achille di lasciarlo andare a combattere al posto suo: indosserà l'armatura di Achille e i Troiani saranno così spaventati dalla sua apparizione che scapperanno alla sua vista. Achille si lascia smuovere dalla suppliche dell'amato e acconsente al piano di Patroclo.\nPatroclo indossa l'armatura del compagno e guida i Mirmidoni in battaglia, mentre Achille resta all'accampamento e offre libagioni a Zeus per la buona riuscita del piano e perché riporti Patroclo al campo sano e salvo; Zeus accoglie la prima richiesta, ma non la seconda. Un messaggero porta ad Achille la notizia che Patroclo, dopo aver combattuto valorosamente e aver ucciso l'eroe Sarpedonte, è stato colpito a tradimento dal dio Apollo e finito da Euforbo ed Ettore. Achille piange amaramente la morte dell'amato e decide di tornare in battaglia per vendicare la morte di Patroclo.\n\nAnalisi.\nAl contrario dell'Iliade (a cui la tragedia si ispira), l'opera di Eschilo descrive la relazione tra Achille e Patroclo come un rapporto esplicitamente omosessuale in cui Achille svolgeva il ruolo di erastès e Patroclo quello di eromenos. In uno dei frammenti rimasti, infatti, Achille parla di 'unione devota delle cosce', chiaro riferimento al sesso intercrurale.\nLa tragedia doveva essere la prima parte di una trilogia, la cosiddetta 'Achilleide', composta anche dalle Nereidi e dai Frigi, conosciuta anche come il Riscatto di Ettore, anch'esse perdute. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mirmidoni.\n### Descrizione: I Mirmìdoni (in greco antico: Μυρμιδόνες?, Myrmidónes, da μύρμηξ, 'formica'; in latino Myrmidones) sono un popolo della mitologia greca, discendente da Mirmidone, figlio di Zeus.\nErano un antico popolo della Tessaglia Ftiotide del quale era re Peleo e che suo figlio Achille condusse con sé, in gran numero, alla guerra di Troia.\nSecondo una tradizione, il popolo traeva il nome dal proprio re Mirmidone, figlio di Zeus e di Eurimedusa, che il dio aveva sedotto assumendo l'aspetto di una formica. Una leggenda posteriore narrava invece che i Mirmidoni discendessero dalle formiche, trasformate in uomini da Zeus per preghiera di Eaco, per ripopolare l'isola di Egina devastata da una pestilenza, e che avevano poi seguito Peleo, figlio di Eaco, esule a Ftia.\n\nLa leggenda.\nLa leggenda narra che Eaco, figlio della ninfa Egina e del dio Zeus, re dell'isola di Egina (il cui nome derivava da quello della già citata ninfa) che si trovava nel Golfo Saronico, perse moltissimi sudditi a causa di una pestilenza inviata dalla dea Era per vendicarsi del tradimento del coniuge. La pestilenza colpì l'acqua presente sull'isola, i cui abitanti, bevendola, misero fine alla loro vita. Appellandosi alla grazia di Zeus, Eaco ottenne inizialmente una pioggia torrenziale che purificò l'acqua contaminata, poi che le formiche si trasformassero in una moltitudine di uomini. Ecco l'origine del nome di questo popolo, che significa 'formiconi'.\n\nNelle opere di Omero.\nI Mirmidoni sono citati anche da Omero nell'Iliade, durante la guerra di Troia, dove viene dipinta la loro obbedienza assoluta agli ordini di Achille, figlio di Peleo e quindi nipote del capostipite Eaco: essi obbedivano ciecamente agendo spesso anche in maniera molto fredda e crudele, proprio a dimostrare la loro natura di 'ex formiche'. Nell'Iliade sono citati l'auriga Automedonte e cinque capi Mirmidoni: Alcimedonte, Eudoro, Fenice, Menestio e Pisandro.\n\nVoci correlate.\nMirmidoni (Eschilo).\n\nCollegamenti esterni.\nMirmidoni, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 22 gennaio 2017. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Mirtilo.\n### Descrizione: Mirtilo è un personaggio della mitologia greca. Era figlio di Ermes, amico di Pelope, l'eroe eponimo del Peloponneso, e scelto da Enomao come suo auriga.Secondo altre versioni, Mirtilo era un figlio di Zeus e di Climene.\n\nIl mito.\nPelope si era innamorato di Ippodamia e figlia di Enomao il quale avrebbe concesso la figlia solo a chi lo avesse superato in una gara con i carri. La gara fu favorevole a Pelope, tuttavia pare che alla base di questa vittoria ci fosse stato il sabotaggio di Mirtilo a scapito di Enomao. Come tutti i traditori Mirtilo venne ucciso da Pelope per timore che raccontasse la verità. Secondo un'altra versione fu ucciso da Pelope avendo questi appurato che Mirtilo insidiava Ippodamia. In punto di morte Mirtilo maledisse Pelope e tutta la sua discendenza. Il suo cadavere fu trasformato da Ermes nella Costellazione dell'Auriga. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Miscello di Ripe.\n### Descrizione: Miscello di Ripe (in greco antico: Μύσκελλος o Μύσκελος?; Ripe, ... – ...) è stata una figura della cultura magno greca, ecista fondatore dell'antica Kroton.\nChe la città di provenienza di Miscello fosse Ripe nell’Acaia viene detto solo in Hippys di Reggio, uno storico greco antico (V sec. a.C.) cui è stata attribuita l’opera Ktísis Italías (“Fondazioni d’Italia”), poi menzionata da Diodoro Siculo (I° sec. a.C.) in Biblioteca Storica. I nomi delle città dell’Acaia sono riportati dalla tradizione a un periodo molto antico, ma senza precisi riferimenti cronologici: il «Catalogo delle navi» (Omero, Iliade, II, 573-575) menziona Aigion, Elice, Hyperesia (Egira), Pellene e Gonoessa, ma considera parte dell’Acaia occidentale come territorio degli Epei; Rhypes appare solo al V sec. in Erodoto.\n\nBiografia.\nSecondo le fonti antiche, Miscello si era recato presso l'oracolo di Apollo a Delfi per sapere se avesse potuto avere figli. Ma l'oracolo gli ordinò a Miscello di Ripe di fondare una nuova città nel territorio compreso fra Capo Lacinio e Punta AliceMiscello fondò questa città nel terzo anno della 17ª Olimpiade”.\n(Dionisio di Alicarnasso, II, 59, 2)ed ancoraMiscello, dal dorso corto, Apollo che opera da lontano t’è amico e ti concederà una stirpe. Ma prima di tutto ti comanda questo: fondare la grande Crotone in mezzo ai bei campi da arare.” Dal momento che egli non sapeva cosa fosse Crotone, di nuovo la Pizia disse: “Chi ti parla è colui che colpisce da lontano con le frecce e tu ascoltalo. Questa è la non arata regione tafia, qui si trova Calcide, qui il sacro suolo dei Cureti. Quelle sono le isole Echinadi: da qui il mare aperto per lungo tratto s’apre ad Occidente. In tal modo, ti dico, che non puoi sbagliare e non trovare il Capo Lacinio, né la sacra Crimisa o il fiume Esaro.”.\n(Diodoro Siculo, Biblioteca, VIII, 18)Dopo aver attraversato il mare ed esplorato quelle terre, Miscello pensò che sarebbe stato meglio fermarsi a Sybaris, già florida e accogliente anziché affrontare i pericoli e le difficoltà nella fondazione di una nuova città. Il dio adirato gli ordinò di rispettare il responso dell'oracolo.Nonostante l’oracolo gli avesse imposto di fondare Crotone, Miscello, rimasto colpito dalla regione intorno a Sibari, voleva colonizzarla. E così questo responso scaturì per lui: “Miscello dal dorso corto, nel ricercare altre cose, al di là dei comandi divini, tu finisci per aspirare ai dolori. Accontentati del dono che ti porge il dio”.\n(Diodoro Siculo, Biblioteca, VIII, 18)Per Strabone, l'oracolo chiese a Miscello se per il un luogo dove fondare una città era più importante la salute che la ricchezza. Miscello scelse la salute, e quindi Crotone.“Siracusa fu fondata da Archia, che vi giunse navigando da Corinto, all’incirca nello stesso tempo in cui furono fondate Naxos e Megara. Si narra che Miscello ed Archia si recarono insieme a Delfi ed il dio chiese loro se preferivano la ricchezza o la salute. Archia preferì la ricchezza, Miscello invece la salute. Il dio allora concesse al primo di fondare Siracusa ed al secondo Crotone. Per questo accadde, come già ho detto, che i Crotoniati abitarono una città assai salubre, mentre Siracusani giunsero a tale ricchezza che anch’essi passarono in proverbio, allorché si diceva, per quelli troppo ricchi, che per loro non sarebbe stata sufficiente neanche la decima dei Siracusani”.\n(Strabone, Geografia, VI, 2, 4)Secondo Ovidio sarebbe stato invece Eracle ad ordinare a Miscello di recarsi sulle rive del fiume Esaro.“Narran che il figlio di Giove, dei buoi Ricco d’Iberia, intorno al Lacinio Arrivò dopo lungo viaggiare: mentre il suo armento nei pascoli stava, Crotone visitò, chè volea riposarsi. Nell’andarsene disse: “Con i nostri Nipoti, grande sarà una città”. Quel che predisse poi vero divenne.\nDa Anemone nacque un tale Miscello, tra tutti agli dei il giovin più caro. Dormiva un giorno il giovin Miscello E nel sonno Eracle sì gli impose “Trova dell’Esaro il letto pietroso, parti e la Patria tosto abbandona'.\nPer lungo il mar Ionio Taranto vide Lacedemonia città, Sibari poi, Nereto, città del Salento,Turio Sul golfo, Nemesi e l’aer Iapigio. Avea già visto le coste del mare, la fatal foce dell’Esaro vide e da presso di Crotone la tomba. Ivi, come Eracle prescritto gli avea, di una nuova città fondò le mura, nomandola come il vecchio sepolto.\n\n(Ovidio, Metamorfosi, XV, 12, 59). |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mistagogia.\n### Descrizione: La mistagogia è, nella cultura religiosa greca, l'iniziazione ai misteri, segnatamente ai misteri di Eleusi.\n\nLa mistagogia in ambito cristiano.\nPer mistagogia, in ambito cristiano si intende il cammino fatto di apprendimento e conoscenza nonché di testimonianza che il cristiano compie dopo avere ricevuto i sacramenti dell'iniziazione cristiana.\nSi tratta di avvicinarsi al Mistero Pasquale di Cristo Risorto attraverso la comprensione e la pratica dei riti liturgici e con la testimonianza della propria fede nella vita reale di tutti i giorni.\nIl termine deriva dal greco e proviene dalla letteratura ellenica antica. Significa portare, guidare qualcuno a considerare le realtà sacre, introdurre nelle cose nascoste cioè nei misteri. La mistagogia è dunque l'azione di colui che conduce un altro, lo inizia ai misteri.\nNel rito bizantino la mistagogia è, per eccellenza, la divina liturgia cioè la Messa perché è l'azione che la Chiesa-Mistagoga fa per condurre i fedeli dentro i misteri di Dio e dell'uomo, è, infine, l'azione di Dio stesso che esce dal suo mistero per farsi presente all'uomo. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mistagogo.\n### Descrizione: Il mistagogo (in greco antico: μυσταγωγός?) è, nella cultura religiosa greca, quella figura sacerdotale che impartisce le prime istruzioni agli iniziandi, gli aspiranti a ricevere l' iniziazione ai culti misterici.\n\nVoci correlate.\nIerofante.\nMistagogia. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Miti dei diluvi dell'antica Grecia.\n### Descrizione: La mitologia greca descrive tre inondazioni, il diluvio di Ogigo, il diluvio di Deucalione e il diluvio di Dardano. Due delle età greche dell'uomo si conclusero con un diluvio: il diluvio ogigiano pose fine all'Età dell'argento e il diluvio di Deucalione terminò la prima età del bronzo. Oltre a queste inondazioni, la mitologia greca afferma che il mondo è stato periodicamente distrutto da un incendio (vedi Fetonte).\n\nOgigo.\nIl diluvio ogigiano è così chiamato perché avvenne al tempo di Ogigo, un mitico re dell'Attica. Il nome Ogigo e Ogigiano è sinonimo di 'primordiale' e 'prima alba'. Altri dicono che fosse il fondatore e re di Tebe. In molte tradizioni si dice che il diluvio ogigiano avesse coperto il mondo intero e fu così devastante che l'Attica rimase senza re fino al regno di Cecrope.\nPlatone nelle sue Leggi, Libro III, sostiene che questo diluvio si era verificato diecimila anni prima dal suo tempo, in contrasto con solo 'uno o duemila anni che erano trascorsi' dalla scoperta della musica e di altre invenzioni. Anche in Timeo (22) e in Crizia (111-112) descrive il 'grande diluvio universale' come preceduto da 9.000 anni di storia prima del tempo di Solone, durante il X millennio a.C. Inoltre, i testi riferiscono che 'molti grandi diluvi si erano verificati durante i novemila anni' da quando Atene e Atlantide erano preminenti.\n\nDeucalione.\nLa leggenda di Deucalione raccontata dalla Biblioteca di Pseudo Apollodoro ha qualche somiglianza con altri miti del diluvio come l'Epopea di Gilgameš e la storia dell'Arca di Noè. Il Titano Prometeo consigliò a suo figlio Deucalione di costruire un'arca. Tutti gli altri uomini morirono tranne alcuni che fuggirono sulle alte montagne. Le montagne della Tessaglia furono separate e tutto il mondo al di là dell'istmo e del Peloponneso fu sopraffatto. Deucalione e sua moglie Pirra, dopo aver galleggiato nell'arca per nove giorni e nove notti, sbarcarono sul Parnaso. Una versione più antica della storia raccontata da Ellanico vede un''arca' di Deucalione che sbarca sul monte Otri in Tessaglia. Un altro racconto la vede approdare su un picco, probabilmente Phouka, in Argolide, in seguito chiamato Nemea. Quando le piogge cessarono, fece sacrificio a Zeus. Quindi, su ordine di Zeus, lanciò delle pietre dietro di lui, che divennero uomini e le pietre lanciate da Pirra divennero donne. La Biblioteca dà questo come un'etimologia per il greco laos (λᾱός, 'persone') come derivato da laas ('pietra'). I Megaresi raccontarono che Megaro, figlio di Zeus e di una ninfa Sithnid, sfuggì al diluvio di Deucalione nuotando fino alla cima del monte Gerania, guidato dalle grida delle gru.\n\nDalla teogonia della Biblioteca.\nSecondo la Teogonia della Biblioteca, Prometeo plasmò gli uomini con l'acqua e la terra e diede loro il fuoco che, all'insaputa di Zeus, aveva nascosto in uno stelo di finocchio. Quando Zeus lo venne a sapere, ordinò a Efesto di inchiodare Prometeo al monte Caucaso, una montagna scita. Prometeo fu inchiodato alla montagna e tenuto legato per molti anni. Ogni giorno un'aquila piombava su di lui e divorava i lobi del suo fegato, che ricrescevano di notte. Questa fu la pena che Prometeo dovette espiare per il furto del fuoco fino a quando Eracle in seguito lo liberò.\nPrometeo aveva un figlio, Deucalione, che regnava nelle regioni intorno a Fthia e sposò Pirra, la figlia di Epimeteo (il fratello di Prometeo) e Pandora (la prima donna foggiata dagli dei). Quando Zeus decise di distruggere gli uomini dell'età del bronzo, Deucalione, su consiglio di Prometeo, costruì un'arca. Dopo averla rifornita di provviste, vi si imbarcò con Pirra. Zeus, facendo piovere dal cielo, inondò la maggior parte della Grecia, così che tutti gli uomini furono distrutti, tranne alcuni che fuggirono sulle alte montagne nelle vicinanze mentre il Peloponneso veniva sopraffatto. Ma Deucalione, fluttuando nell'arca sul mare per nove giorni e altrettante notti, andò alla deriva approdando sul Parnaso, e lì, quando la pioggia cessò, approdò e fece un sacrificio a Zeus, il dio della Fuga. E Zeus gli mandò Hermes e gli permise di scegliere quello che voleva e scelse di ottenere degli uomini.\nSu ordine di Zeus prese delle pietre e le gettò sopra la sua testa, e le pietre lanciate da Deucalione divennero uomini e quelle lanciate da Pirra divennero donne. Quindi le persone venivano chiamate metaforicamente persone (laos) da lasa, 'una pietra'. E Deucalione ebbe figli da Pirra, il primo Elleno, il cui padre alcuni dicono fosse Zeus, e il secondo Anfizione, che regnò sull'Attica dopo Cranao, e il terzo una figlia Protogonia, che divenne la madre di Etlio da Zeus. Elleno ebbe Doro, Xuto, ed Eolo da una ninfa orseide. Coloro che erano chiamati Greci vennero chiamati Elleni (Ἕλληνες) dal suo nome ed egli divise il paese tra i suoi figli. Xuto ricevette il Peloponneso e generò Acheo e Ione da Creusa, figlia di Eretteo, e da Acheo e Ione derivano i loro nomi. Doro ricevette il paese confinante col Peloponneso e i coloni vennero chiamati Dori dal suo nome.\nEolo regnava sulle regioni intorno alla Tessaglia e chiamò gli abitanti Eoli. Sposò Enarete, figlia di Deimaco, e generò sette figli, Creteo, Sisifo, Atamante, Salmoneo, Deione, Magnese, Periere e cinque figlie, Canace, Alcione, Pisidice, Calice e Perimede. Perimede ebbe Ippodama e Oreste da Acheloo, e Pisidice, Antifo e Actor da Mirmidone. Alcione sposò Ceyx (figlio di Eosforo), ed entrambi sono descritti da diverse fonti come trasformati in uccelli alcionici.\n\nDardano.\nQuesto ha la stessa trama di base. Secondo Dionigi di Alicarnasso, Dardano lasciò Feno in Arcadia per colonizzare una terra nel mar Egeo nord-orientale. Quando si verificò il diluvio di Dardano, la terra fu allagata e la montagna dove lui e la sua famiglia si rifugiarono formò l'isola di Samotracia. Lasciò Samotracia su una canoa per le rive opposte dell'Asia Minore e si stabilì sul monte Ida. Per paura di un'altra alluvione, si astennero dal costruire una città e vissero all'aperto per cinquant'anni. Suo nipote Troo alla fine si trasferì dagli altopiani verso una vasta pianura, su una collina che aveva molti fiumi che scendevano da Ida. Lì costruì una città, che fu chiamata Troia dal suo nome. Oggi chiamiamo l'area 'i Dardanelli' (precedentemente nota come Ellesponto), uno stretto nella Turchia nord occidentale che collega il mar Egeo al mar di Marmara. Il nome deriva da Dardania, un'antica terra sulla sponda asiatica dello stretto che a sua volta prende il nome da Dardano, il mitico figlio di Zeus ed Elettra. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Miti e leggende di Siracusa.\n### Descrizione: Il territorio siracusano è interessato da miti e leggende di seguito riportate.\n\nAretusa.\nIl mito più famoso di Siracusa è quello della ninfa Aretusa. La ninfa al seguito di Artemide, correndo libera tra i boschi del Peloponneso, fu vista dal giovane Alfeo che si innamorò perdutamente di lei. Ma Aretusa non ricambiava il suo sentimento, anzi rifuggiva da lui, finché stanca delle sue insistenze chiese aiuto ad Artemide. La Dea la avvolse in una spessa nube sciogliendo la giovane in una fonte sul lido di Ortigia.\nAlfeo allora chiese aiuto agli Dei, che lo trasformarono in un fiume che nascendo dalla Grecia e percorrendo tutto il Mar Ionio si unì all'amata fonte.\nAncora oggi il mito rivive nell'isola di Ortigia grazie alla cosiddetta Fonte Aretusa, uno specchio di acqua che sfocia nel Porto Grande di Siracusa. La leggenda di Alfeo trae origine dal fiume omonimo del Peloponneso, in Grecia, e da una fonte di acqua dolce (detta localmente Occhio della Zillica) che sgorga nel Porto Grande di Siracusa a poca distanza dalla Fonte Aretusa. Oggi il viale che costeggia la Fonte Aretusa si chiama proprio Lungomare Alfeo.\nNello specchio d'acqua della Fonte Aretusa e lungo le rive del fiume Ciane (vedi sotto) sono presenti gli unici papireti selvatici di tutta l'Europa. Il papiro cresce spontaneo solo in Egitto.\n\nCiane e Anapo.\nI fiumi Ciane e Anapo sono legati da una leggenda, che si ricollega al mito di Persefone e del suo rapimento ad opera di Ade.\nPersefone, figlia di Zeus e di Demetra, dea della vegetazione e dell'agricoltura, era intenta a cogliere fiori insieme ad alcune ninfe presso le rive del lago Pergusa (vicino ad Enna). Improvvisamente, dal suo regno sotterraneo sbucò fuori Ade, innamorato della fanciulla, che per non perdere tempo in corteggiamenti e soprattutto per evitare di chiedere la mano di Persefone al fratello Zeus, decise di rapirla.Fu la ninfa Ciane a reagire al rapimento aggrappandosi al cocchio di Ade nel tentativo disperato di trattenerlo. Il Dio incollerito, la percosse col suo scettro trasformandola in una doppia sorgente dalle acque color turchino (cyanos in Greco vuol dire appunto turchino).Il giovane Anapo, innamorato della ninfa Ciane vistosi liquefare la fidanzata, si fece mutare anch'egli nel fiume che ancor oggi, al termine del suo percorso si unisce nelle acque al Ciane, per versasi nel Porto Grande.\nUna seconda versione del mito riporta che Cianippo aveva fatto dei sacrifici a tutti gli dei eccetto che a Bacco, e questo dio per punirlo lo fece ubriacare in maniera tale che violentò la figlia Ciane. Ma la figlia durante il rapporto riuscì a prendergli un anello e lo consegnò alla nutrice per fargli comprendere, il giorno dopo, su chi aveva abusato. Il destino volle che dopo poco scoppiò un'epidemia di peste e consultato l'oracolo questi affermò che l'unico modo per placarlo era il sacrificio dell'uomo più cattivo della città. Ciane quindi afferrò per i capelli il padre e lo uccise con un pugnale, per poi suicidarsi essa stessa. Questo sacrificio si compì nel luogo della fonte Ciane. Così Proserpina commossa raccolse le lacrime della giovane Ciane e creò la fonte.\n\nEracle.\nDiodoro Siculo parlando del viaggio in Sicilia di Eracle racconta del suo arrivo a Siracusa, in cui per onorare Persefone e Ciane sacrificò un toro proprio alla fonte del fiume Ciane, ordinando ai cittadini di compiere ogni anno lo stesso gesto.\n\nProbabilmente dietro questo mito si nasconde l'antico ricordo di sacrifici umani compiuti presso la fonte dato che in questo passo l'allusione sembra evidente:.\nAnche altre fonti sembrano confermare questo sospetto.\n\nLeggenda delle sorelle callipigie.\nAteneo di Naucrati riporta la leggenda delle sorelle callipigie, due sorelle siracusane che si misero in gara per stabilire quale delle due fosse la più bella. A giudicarle era un giovane che dichiarò vincitrice la sorella maggiore, di cui s'innamorò. La fanciulla più giovane invece si fidanzò con il fratello del giudice. Le due sorelle, poi, per ringraziare la dea dell'Amore fondarono un tempio dedicato ad Afrodite Callipige.\n\nDamone e Finzia.\nLa leggenda di Damone e Finzia narra di due cari amici che si recano a Siracusa; qui, Finzia contesta il dominio tirannico di Dionisio e per questa ragione viene condannato a morte. Finzia chiede che gli sia permesso di fare ritorno per un'ultima volta a casa, per salutare la sua famiglia ma Dionisio rifiuta, convinto che Finzia ne approfitterebbe per fuggire. Damone quindi si offre di prendere il posto di Finzia mentre questi è via: Dionisio accetta, a condizione che, se Finzia non dovesse fare ritorno, Damone verrà giustiziato al suo posto. Finzia parte, ma non fa ritorno, così giunto il giorno dell'esecuzione, Dionisio dà il via ai preparativi per uccidere Damone, deridendolo per la sua eccessiva fiducia nell'amico. Ma prima che il boia esegua il suo compito, Finzia arriva sulla scena scusandosi con Damone per il ritardo, spiegando che la nave su cui si trovava per tornare a Siracusa era stata colta da una tempesta, e poi era stato aggredito da dei banditi. Stupito e per questa prova di lealtà, Dionisio decide di perdonarli entrambi e chiede anche di poter diventare a sua volta loro amico.\n\nLa spada di Damocle.\nSecondo il racconto di Cicerone, Damocle è un membro della corte di Dionigi I, tiranno di Siracusa. Egli sostiene, in presenza del tiranno, che quest'ultimo sia una persona estremamente fortunata, potendo disporre di un grande potere e di una grande autorità: Dionigi gli propone allora di prendere il suo posto per un giorno, così da poter assaporare a sua volta tale fortuna, e Damocle accetta.\nLa sera si tiene un banchetto durante il quale Damocle incomincia a tastare con mano i piaceri dell'essere un uomo potente; solamente al termine della cena egli nota, sopra la sua testa, la presenza di una spada sostenuta da un esile crine di cavallo. Dionigi l'aveva fatta sospendere sul suo capo perché capisse che la sua posizione di tiranno lo esponeva continuamente a grandi minacce per la sua incolumità. Immediatamente Damocle perde tutto il gusto per i cibi raffinati che sta assumendo, nonché per i bellissimi ragazzi che gli stanno intorno e chiede al tiranno di poter terminare lo scambio, non volendo più essere 'così fortunato'.\nL'espressione 'spada di Damocle' è diventata un modo di dire che indica un grave pericolo incombente, o un possibile pericolo di cui non si sa il momento in cui possa concretizzarsi. La spada di Damocle è citata inoltre in diversi prodotti della cultura di massa (libri, film, fumetti, videogiochi, canzoni e via dicendo). L'asteroide 5335 Damocles prende il nome dal protagonista di questa storia.\n\nLa leggenda della Pillirina.\nLa leggenda della Pellegrina (Pillirina in siciliano) narra di una giovane donna che si innamorò di un marinaio. Ma il loro amore era contrastato dai genitori di lei che avrebbero preferito un uomo ben più facoltoso. Nascostamente, nelle notti di plenilunio si incontravano nella grotta della Pillirina e su di un tappeto di alghe, trasportati dal mare sin all'interno, i giovani si amavano. Ma nelle successive notti il mare fu parecchio agitato e il marinaio non poté venire all'appuntamento. La giovane donna attese sino alla bonaccia dei giorni successivi, ma il giovane non venne più. Così ferita nell'amore la donna decise di gettarsi in mare e togliersi la vita. Da allora, i marinai raccontano che nelle notti di luna piena, quando i raggi di luce entrano nella grotta della Pillirina a causa di un foro superficiale, appare una donna che attende il suo amato. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Mito del carro e dell'auriga.\n### Descrizione: Il mito del carro e dell'auriga, o della biga alata, tratto dal Fedro di Platone, serve a spiegare la teoria platonica della reminiscenza dell'anima, un fenomeno che durante la reincarnazione produce ricordi legati alla vita precedente. Racconta di una biga su cui si trova un auriga, personificazione della parte razionale o intellettiva dell'anima (logistikòn). La biga è trainata da una coppia di cavalli, uno bianco e uno nero: quello bianco raffigura la parte dell'anima dotata di sentimenti di carattere spirituale (thymoeidès), e si dirige verso il mondo delle Idee; quello nero raffigura la parte dell'anima concupiscibile (epithymetikòn) e si dirige verso il mondo sensibile. I due cavalli sono tenuti per le briglie dall'auriga che, come detto, rappresenta la ragione: questa non si muove in modo autonomo ma ha solo il compito di guidare.\n\nLa biga deve essere diretta verso l'Iperuranio, un luogo metafisico a forma di anfiteatro dove risiedono le 'Idee'.\nLo scopo dell'anima, infatti, è contemplare il più possibile l'Iperuranio e assorbirne la sapienza delle idee. L'auriga quindi deve riuscire a guidare i cavalli nella stessa direzione, verso l'alto, tenendo a bada quello nero e spronando quello bianco, in modo da evitare o ritardare il più possibile di 'precipitare' nella reincarnazione.\nChi è precipitato subito rinascerà come una persona ignorante o comunque lontana dalla saggezza filosofica, mentre coloro che sono riusciti a contemplare l'Iperuranio per un tempo più lungo rinasceranno come saggi e come filosofi.\nQuesto mito, che serve a spiegare la reminiscenza, è riconducibile all'immortalità dell'anima.\nIl mito del carro alato descrive la virtù platonica della temperanza (sophrosyne) che consiste nel dominio dell'anima razionale su quella concupiscente e irascibile. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Mito della caverna.\n### Descrizione: Il mito della caverna di Platone è una delle allegorie più conosciute tra quelle del filosofo ateniese. Il mito è raccontato all'inizio del libro settimo de La Repubblica (514 b – 520 a). Si tratta di uno dei testi universalmente riconosciuti come fondamentali per la storia del pensiero e della cultura occidentale.\n\nTrama.\nSi immaginino dei prigionieri che siano stati incatenati, fin dalla nascita, nelle profondità di una caverna. Non solo le membra, ma anche testa e collo sono bloccati, in maniera che gli occhi dei malcapitati possano solo fissare il muro dinanzi a loro.\nSi pensi, inoltre, che alle spalle dei prigionieri sia stato acceso un enorme fuoco e che, tra il fuoco ed i prigionieri, corra una strada rialzata. Lungo questa strada è stato eretto un muretto lungo il quale alcuni uomini portano modellini e manichini con le forme di vari oggetti, piante, animali, e persone. Le forme proietterebbero la propria ombra sul muro e questo attirerebbe l'attenzione dei prigionieri. Se qualcuno degli uomini che trasportano queste forme parlasse, si formerebbe nella caverna un'eco che spingerebbe i prigionieri a pensare che questa voce provenga dalle ombre che vedono passare sul muro.\nMentre un personaggio esterno avrebbe un'idea completa della situazione, i prigionieri, non conoscendo cosa accada realmente alle proprie spalle e non avendo esperienza del mondo esterno (incatenati fin dall'infanzia), sarebbero portati ad interpretare le ombre 'parlanti' come oggetti, piante, animali, e persone reali.\nSi supponga che un prigioniero venga liberato dalle catene e sia costretto a rimanere in piedi, con la faccia rivolta verso l'uscita della caverna: in primo luogo, i suoi occhi sarebbero abbagliati dalla luce del fuoco ed egli proverebbe dolore. Inoltre, le forme portate dagli uomini lungo il muretto gli sembrerebbero meno reali delle ombre alle quali è abituato; persino se gli fossero mostrati quegli oggetti e gli fosse indicata la fonte di luce, il prigioniero rimarrebbe comunque dubbioso e, soffrendo nel fissare il fuoco, preferirebbe volgersi verso le ombre.\nAllo stesso modo, se il malcapitato fosse costretto ad uscire dalla caverna e venisse esposto alla diretta luce del sole, rimarrebbe accecato e non riuscirebbe a vedere alcunché. Il prigioniero si troverebbe sicuramente a disagio e s'irriterebbe per essere stato trascinato a viva forza in quel luogo.\nVolendo abituarsi alla nuova situazione, il prigioniero riuscirebbe inizialmente a distinguere soltanto le ombre delle persone e le loro immagini riflesse nell'acqua; solo con il passare del tempo potrebbe sostenere la luce e guardare gli oggetti stessi. Successivamente, egli potrebbe, di notte, volgere lo sguardo al cielo, ammirando i corpi celesti con maggior facilità che di giorno. Infine, il prigioniero liberato sarebbe capace di vedere il sole stesso, invece che il suo riflesso nell'acqua, e capirebbe che:.\n\nResosi conto della situazione, egli vorrebbe senza dubbio tornare nella caverna e liberare i suoi compagni, essendo felice del cambiamento e provando per loro un senso di pietà: il problema, però, sarebbe proprio quello di convincere gli altri prigionieri ad essere liberati. Infatti, dovendo riabituare gli occhi all'ombra, dovrebbe passare del tempo prima che il prigioniero liberato possa vedere distintamente anche nel fondo della caverna; durante questo periodo, molto probabilmente egli sarebbe oggetto di riso da parte dei prigionieri, in quanto sarebbe tornato dall'ascesa con 'gli occhi rovinati'. Inoltre, questa sua temporanea inabilità influirebbe negativamente sulla sua opera di convincimento e, anzi, potrebbe spingere gli altri prigionieri ad ucciderlo, se tentasse di liberarli e portarli verso la luce, in quanto, a loro dire, non varrebbe la pena di subire il dolore dell'accecamento e la fatica della salita per andare ad ammirare le cose da lui descritte.\n\nInterpretazione.\nParlando semplicemente, Platone si riferisce alla scoperta della realtà delle cose che ci circondano: per fare questo, discute sulla natura stessa della realtà. Dopo aver raccontato il mito, però, Platone aggiunge che tutto il ragionamento dietro l'allegoria deve applicarsi a tutto quello di cui si è già discusso nel dialogo: serve, cioè, ad interpretare le pagine che descrivono la metafora del sole e la teoria della linea.\nIn particolare, Platone paragona il mondo conoscibile, cioè gli oggetti che osserviamo attorno a noi, ...\n\nIl sole che brilla all'esterno della caverna rappresenta l'idea del bene e questo passaggio darebbe facilmente l'impressione che Platone la concepisse come una divinità creativa ed indipendente. Normalmente gli uomini sono tenuti prigionieri, costretti ad osservare delle semplici ombre di forme che non sono neanche dei veri oggetti; essi possono essere trovati soltanto 'fuori della caverna', cioè nel mondo intelligibile delle forme conosciute dalla ragione e non dalla percezione.\n\nInoltre, dopo aver fatto ritorno dalla contemplazione del divino alle 'cose umane', l'uomo-filosofo rischia di fare una 'cattiva figura' se,.\nChiaramente Platone si riferisce, tra le righe, al processo che Socrate dovette subire: tutto il mito, infatti, diviene una metafora della vita del filosofo ateniese, che riuscì a risalire la strada verso la verità, ma venne ucciso per aver tentato di portarla agli uomini, incatenati al mondo dell'opinione.\nUn'altra interpretazione mette in parallelo questa allegoria con quella dell'illuminazione. Come prima cosa, l'uomo deve svegliarsi da quel sonno che viene chiamato 'vita' (equivalente alla liberazione del prigioniero); in seguito egli si rende conto delle finzioni che l'uomo credeva entità reali (le ombre sulla parete della caverna); infine, egli giunge a vedere la verità per quella che è realmente (il sole ed il mondo all'esterno della caverna). L'istinto dell'uomo è quello di liberare gli altri prigionieri per condividere le sue scoperte, ma questo tentativo è inutile, in quanto i prigionieri non possono e non vogliono vedere oltre le rassicuranti ombre ed attaccano il portatore della verità.\nUn'ulteriore interpretazione è stata fatta dagli idealisti. Nella filosofia di George Berkeley, infatti, viene espresso il concetto che gli uomini non conoscano direttamente ed immediatamente i veri oggetti del mondo: piuttosto, noi conosciamo soltanto l'effetto che la realtà esterna ha sulle nostre menti. In altre parole, quando osserviamo un oggetto, noi ne percepiamo solo una copia, una semplice rappresentazione mentale del 'vero' oggetto della realtà esterna.\n\nSimbolismo.\nOgni aspetto dell'allegoria ha il proprio significato: Platone era fortemente interessato alla politica ed alla sociologia, delle quali si discute, indirettamente, nel mito.\nIn primo luogo, Platone simboleggia con il sole la fonte della vera conoscenza. In seguito aggiunge che i prigionieri incatenati nella caverna rappresentano la maggior parte dell'umanità: il filosofo è l'uomo liberato, che tenta di portare i suoi compagni verso la conoscenza.\nIl significato del mito è duplice: esso può essere letto, infatti, sia in chiave ontologica, sia gnoseologica.\nLa parte iniziale del mito riprende, infatti, la teoria della linea, già esposta da Platone nei libri precedenti al settimo: il mito della caverna diventa quindi la descrizione della faticosa salita dell'uomo verso la vera conoscenza. La seguente tabella riassume il parallelismo, evidenziando anche il rapporto dimensionale tra le varie parti del segmento.\n\nIl mito della caverna nella società moderna e nei media.\nL'idea della liberazione dell'uomo dalle catene della sua esperienza limitata ed il raggiungimento della pura conoscenza della realtà è comune a molte culture; anche le scoperte e le invenzioni che rendono tale il mondo moderno possono essere viste come risultato del tentativo dell'uomo di superare i propri limiti per raggiungere ciò che è oltre la conoscenza del momento. La letteratura, la scultura, il cinema ed in generale tutte le arti sono ricche di storie di uomini che, sfidando l'ostilità dei contemporanei, si sono 'liberati dalle catene' dell'opinione arrivando a conoscere la verità e sono poi tornati a riferirla, non sempre guadagnando rispetto ed ammirazione, agli ex compagni di prigionia. Inoltre, nel Novecento il mito della caverna è divenuto una metafora che simboleggia quanto i mass media influenzino e dominino l'opinione pubblica, interponendosi tra l'individuo e la notizia, manipolando quest'ultima secondo necessità.\n\nNel film Il conformista di Bernardo Bertolucci, ambientato durante il Ventennio, un vecchio professore si serve del mito della caverna per illustrare la condizione di accecamento morale e politico prodotta dal fascismo.\nNel film The Island, un popolo di cloni è tenuto prigioniero sotto terra con proiettata una realtà olografica. Uno di loro compirà un viaggio che lo porterà alla consapevolezza della sua condizione e lo spingerà a liberare gli altri.\nNella trilogia Matrix, la razza umana è controllata e sfruttata dalle macchine, che fanno credere loro di vivere liberamente nel mondo del XX secolo, mentre in realtà la tengono imprigionata, coltivando uomini e donne per trarne l'energia necessaria alla loro sopravvivenza meccanica. La gente vive senza accorgersi minimamente della realtà perché vive collegata ad un sistema informatico, chiamato appunto Matrix dai dissidenti, che invia impulsi elettrici al cervello umano, convincendo gli uomini di vivere in un mondo che, in realtà, non esiste più da centinaia di anni. Spetterà all'Eletto, Neo, liberarsi dall'illusione biochimica e, con l'aiuto dei ribelli, ritornare nel sistema per tentare di liberare la razza umana dal controllo delle macchine. Sia il finale del primo film, con il dialogo di Neo al telefono, sia il comportamento del personaggio di Cypher lasciano tuttavia intendere che, anche messi di fronte alla realtà delle cose, non tutti gli uomini saranno disposti ad abbandonare la loro 'prigionia', preferendo la tranquillità e la sicurezza della loro vita illusoria. Inoltre, alla fine del primo film della trilogia, Neo dopo essere tornato in vita vede la realtà di Matrix come è davvero, cioè un insieme di numeri e codici che controllano le vite degli uomini, in perfetto parallelismo con il prigioniero liberato. Questo parallelismo è rafforzato dall'ultima scena del film, in cui Neo guarda direttamente la luce del sole, così come accade al prigioniero liberato dalla caverna nel racconto di Platone.\nÈ simile il riferimento al mito in WALL•E, film di animazione in cui l'umanità è rinchiusa in un'astronave, incapace di deambulare, finché il capitano dell'astronave non si ribella al 'pilota automatico' e riporta la nave verso Terra.\nNel film The Truman Show, il protagonista crede di vivere in una tranquilla cittadina americana; è abituato a considerare 'reali' i suoi amici, il suo lavoro, il suo paese, la sua fidanzata. In realtà egli vive, fin dalla nascita, in un reality show televisivo di cui è l'unico inconsapevole protagonista e le persone con le quali ogni giorno comunica sono semplicemente delle comparse del programma.\nNel film Il tredicesimo piano, viene trovato morto un famoso programmatore di mondi virtuali, immense simulazioni di città del passato abitate da esseri virtuali con personalità umana. L'unico indizio sul delitto è stato lasciato all'interno di uno di questi mondi ed un collega della vittima dovrà entrarvi per recuperarlo, facendo attenzione a non rivelare alle entità in esso viventi la loro reale situazione: se, infatti, una di queste entità scoprisse la verità, le conseguenze sarebbero imprevedibili.\nIn Arancia meccanica, il protagonista Alex è sottoposto alla 'cura Ludovico van': legato con una camicia di forza ad una sedia, la testa fissata con lacci e gli occhi tenuti aperti forzosamente, è costretto a guardare per ore la proiezione di filmati estremamente violenti dagli scienziati che decidono per lui cosa è bene e cosa è male. Come incatenato nella caverna, può solo guardare sulla parete ombre proiettate dagli artefici/giganti.\nIn Tutta la vita davanti c'è un richiamo diretto al mito della caverna. La protagonista Marta, laureata in filosofia, prima lo racconta alla piccola Lara e poi, venendo delusa da Giorgio, il sindacalista, gli dice che lo riteneva l'uomo che l'avrebbe salvata dalla caverna.\nNel libro La caverna, lo scrittore José Saramago rivisita il mito della caverna, e lo porta ai giorni nostri. È la storia di un vasaio cui viene rifiutata la solita fornitura di stoviglie da parte del Centro - una città-centro commerciale quasi infinita e maligna. L'artigiano si troverà così costretto a inventarsi un altro prodotto e, soprattutto, a confrontarsi con il Centro stesso.\nUna tematica simile è sviluppata nell'anime di fantascienza Zegapain (ZEGAPAIN -ゼーガペイン-) in cui il protagonista scopre che il genere umano, così come credeva di conoscerlo, non esiste più e gli ultimi sopravvissuti sulla Terra vivono sotto forma di apparizioni virtuali in enormi elaboratori quantistici che simulano la vita di intere città (ognuna immagazzinata in un server) e ignorano la verità del mondo esterno. I nemici contro cui il protagonista e i suoi compagni combattono a bordo di grandi robot antropomorfi (mecha), nella speranza di una futura 'resurrezione' o 'risveglio', sono esseri umani evoluti capaci di rigenerarsi e privi di individualità ed emozioni, che tentano di adattare la Terra alle proprie necessità e di eliminare i resti della vecchia civiltà umana.\nNel film V per Vendetta la protagonista Evey Hammond viene imprigionata e torturata per estorcerle delle informazioni. Poi si scoprirà che quel luogo di prigionia era solo un'illusione creata dal suo mentore V affinché Evey potesse liberarsi dalle paure che la tenevano incatenata. Come un novello Platone, il personaggio di V scopre un inganno volto a sottomettere l'umanità e tenta di liberarla, a cominciare dalla sua discepola Evey Hammond e dall'ispettore Eric Finch.\nNel film Dark City il protagonista John scopre che la città in cui vive è in realtà un laboratorio extraterrestre. Gli alieni stanno conducendo esperimenti sugli esseri umani per carpirne il segreto dell'individualità.\nNel film Essi vivono il protagonista John Nada trova degli strani occhiali che gli permettono di vedere la verità: gli alieni hanno invaso la terra e mediante il controllo sui mass media stanno sottomettendo gli esseri umani.\nNel film greco Dogtooth, una famiglia non ha mai fatto uscire i propri figli che, cresciuti, vivono in un mondo tutto loro creato dai genitori. Sarà la sorella maggiore, tramite alcune videocassette, a superare la barriera che separa la famiglia dal mondo esterno.\nNel film Sbucato dal passato, la famiglia Webber si rinchiude per 35 anni in un rifugio antiatomico per salvarsi dai bombardamenti. All'interno del rifugio nascerà Adam che, una volta adulto, uscirà e scoprirà che non c'era stato alcun bombardamento ma semplicemente un aereo era precipitato sulla casa dei Webber. Adam si impegnerà quindi per far uscire i genitori dalla caverna.\nNel film eXistenZ un game designer crea mondi virtuali, nei quali è possibile entrare tramite connessione diretta al proprio midollo spinale, la cui continua frequentazione provoca la progressiva perdita del contatto con la realtà. Alla fine del film, una volta concluso il viaggio nella realtà virtuale, uno dei personaggi manifesterà il dubbio di trovarsi ancora all'interno del mondo illusorio.Nell'anime Gurren Lagann il mito della caverna è richiamato in almeno due occasioni: all'inizio della serie quando gli abitanti del villaggio di Jiha rifiutano di andare verso la superficie perché non credono nella sua esistenza e successivamente al villaggio di Adai, dove un religioso convince la popolazione a restare sottoterra a causa del divieto imposto dalla divinità locale.Nella serie televisiva Wayward Pines il protagonista vive in ciò che crede essere una cittadina del 21º secolo, ma viene a scoprire che in realtà è nel futuro e l'umanita si è evoluta. Si trova davanti al dover mantenere il segreto con gli altri cittadini, che invece pianificano di scappare. Mentre nel mito il mondo esterno è migliore delle ombre, in questo caso il mondo in cui i personaggi vivono è anche una sorta di riparo dal mondo esterno, in cui appunto la società è collassata.Nella serie di videogiochi Fallout l'umanità è sopravvissuta ai bombardamenti atomici rifugiandosi in bunker sotterranei completamente autosufficienti denominati 'Vault' per svariati secoli, fino a ritenerli l'unico modo di sopravvivere nel mondo e rifiutare di uscire all'esterno. In particolare, nel primo capitolo della serie, il protagonista è costretto a uscire per cercare un chip per riparare il macchinario di produzione dell'acqua, e al suo ritorno il sovrintendente del Vault lo esilia per sempre, in modo da impedire che il suo eroico esempio spinga altri abitanti ad avventurarsi all'esterno. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mito della nascita di Eros.\n### Descrizione: Il mito della nascita di Eros è un mito platonico presente all'interno del Simposio di Platone.\n\nL'eros prima di Platone.\nL'eros per i greci.\nCome nota George M. A. Hanfmann , «i Greci non distinguevano nettamente la passione d'amore e il dio che la simboleggiava». Il termine eros (in greco, ἔρως) compare per la prima volta nei poemi omerici ad indicare il desiderio fisico.\nCon Esiodo esso acquisisce uno statuto divino, risultando quel dio primordiale in grado di domare con la passione sia gli dèi che gli uomini.Nei lirici greci eros viene celebrato come quel desiderio irrefrenabile dalle caratteristiche crudeli e ingestibili. Manifestandosi improvvisamente, l'eros agita in modo cupo le sue vittime .\nSi aggiunga anche che la nozione generale di 'amore' veniva coniugata nella cultura greca in modo diversi:.\n\nL'amore nei confronti di chi ci è vicino o affine era definito philìa;.\nL'amore nei confronti chi è diverso da noi oppure è 'straniero' era la xenìa;.\nl'amore nei confronti di chi appartiene alla nostra famiglia si definiva storghé;.\nl'amore incondizionato pronto al sacrificio veniva considerato agàpe;.\nl'amore inteso come desiderio fisico era invece eros.\n\nEros come divinità.\nEros come dio primordiale è soprattutto 'meraviglioso' (il termine greco è kàllistos). Come nota infatti Silvana Fasce, la sua 'bellezza', quando indicata in Esiodo, suggerisce la «sua superiorità e dignità divina e del privilegio di appartenere ad una cerchia di figure particolari di rango celeste». In questo senso il termine lysimelès ('colui che scioglie le membra') si ricollega a Eros. Quest'ultimo è dio del desiderio sessuale, eterosessuale ed omosessuale, dio generativo e forza primordiale, passione cupa dai risvolti amari e dolci.\nNonostante ciò Eros rimane un elemento fondante anche nella Teogonia orfica che, secondo George M. A. Hanfmann, è alla base del racconto platonico anche nel Simposio. Di questa 'teogonia' la più antica giunta a noi è riportata negli Uccelli di AristofaneIl rapporto strettissimo tra Platone e i misteri è riportato, oltre che da studiosi come Colli, Reale e Hanfmann, dallo stesso Platone nel Fedone . Giorgio Colli rileva come la conclusione del Simposio (218b) alluda letteralmente ad un verso orfico antico .\n\nIl dialogo.\nLa natura dell'amore.\nPlatone fa sì che il dialogo inizi con l'abile confutazione, da parte di Socrate, di Agatone, che nel dialogo stesso aveva parlato prima. Socrate spiega che l'amore non è mai a sé stante, ma necessita di un oggetto: ha perciò sempre bisogno di ciò che ama, e attualmente non lo possiede. Ciò di cui necessita non può tuttavia essere brutto, e pertanto non può che essere buono e bello. L'amore è pertanto mancanza del bello, quindi tendenza ad esso e poiché ciò che bello è anche necessariamente buono, l'amore si traduce in una mancanza del buono.Socrate quindi continua nell'esporre la sua teoria sull'amore, affermando che tutto ciò che sa sull'amore lo ha imparato da Diotima, con la quale aveva discusso al riguardo.\nNel corso della discussione con Diotima riportata ai presenti da Socrate, il filosofo dichiara che ciò che non è bello è necessariamente brutto, al che viene corretto dalla donna di Mantinea, che lo costringe ad ammettere che esistono anche le vie di mezzo (per esempio, non esistono solo i sapienti e gli ignoranti, ma anche coloro che hanno una 'retta opinione' pur non sapendola giustificare, cosicché non è possibile definirli sapienti - 'come può darsi scienza senza ragione?' - ma non si può neppure chiamarli ignoranti - 'come può essere ignoranza il pervenire al reale?').\nAllo stesso modo, Amore non può essere un mortale ma neppure un dio, perché è sprovvisto di quelle qualità (il bene e il bello) di cui va alla ricerca. In questo modo, Amore non è altro che 'un gran demone', un'entità intermedia tra il mondo dei mortali e quello degli dei con funzione di mantenere in contatto entrambe le sfere, altrimenti inconciliabili.\n\nL'origine di Amore e le sue caratteristiche.\nIl dialogo continua poi con la trattazione sull'origine di Amore: egli infatti venne concepito durante il banchetto per la nascita di Afrodite grazie all'unione tra Poros (Espediente o Ingegno) e Penia (Povertà). L'unione tra i due si concretizzò quando Poros, ubriaco per aver bevuto troppo nettare, si addormentò ebbro sul prato e fu visto da Penìa, che approfittò dello stato di Poros per unirsi a lui. Da quel momento Eros è seguace di Afrodite, per via del fatto che fu concepito nel giorno della sua nascita. E poiché Afrodite è bella, Amore è per sua natura amante del bello.\n\nLa procreazione nel corpo e nell'anima.\nDunque, Amore, essendo alla ricerca della sapienza, che è 'fra le cose più belle', è di conseguenza alla ricerca del bello. «E se – si domanda Diotima – sostituiamo il bello con il bene? Chi desidera il bene non lo fa per essere felice? E chi è felice non vuole restarlo per sempre?» Di conseguenza chi desidera il bene desidera che questo divenga suo per sempre, desidera quindi l'immortalità, e l'unico modo per ottenere ciò è la procreazione del bello nel corpo e nell'anima. In questo senso, il bene porta l'uomo a riprodursi e il bello stimola la generazione, la contemplazione dell'Assoluto. Ne consegue che l'amore è aspirazione a riprodursi.\n\nFigure e simbolismi.\nSecondo alcuni studiosi, il mito della nascita di Eros rappresenterebbe una sorta di omaggio di Platone ad Aristofane, allora da poco scomparso. Questi compare quale personaggio nel dialogo platonico, alla fine del quale Socrate descrive la figura del filosofo come compartecipata di tragedia e commedia, in una sorta di 'poeta del vero'. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mito della nobile menzogna.\n### Descrizione: Il mito della nobile menzogna è presente nel III libro della Repubblica di Platone e rientra nel progetto paideutico dell'autore riguardante la kallipoli, la 'la città bella' immaginata da Socrate nel dialogo.\n\nLa menzogna artefice dello Stato ideale.\nIl mito della nobile menzogna (in greco γενναῖον ψεῦδος) si differenzia dagli altri perché il narratore (Socrate) pone come esplicita premessa che esso è falso, tant'è vero che, al termine dell'esposizione della menzogna, il suo interlocutore, Glaucone non può che dichiarare:.\n\n\nMa se Socrate - che il suo allievo Platone ci ha sempre descritto come un campione della verità - mente dichiaratamente, c'è un motivo: nell'ottica dello Stato ideale, bisogna abituare i cittadini dello stesso a coltivare il legame di fratellanza e renderli più sensibili alla stretta connessione che sussiste tra loro e la patria. Non solo, è necessario che gli abitanti accettino la gerarchia dello Stato considerandola legittima non in quanto frutto acritico della tradizione, bensì in quanto direttamente legata alla natura.\nÈ dunque questo il motivo per cui Socrate elabora una vera e propria bugia: rafforzare la coesione statale:.\n\nLa terra patria degli uomini.\nIl mito-menzogna narrato da Socrate prende le mosse dall'origine degli uomini. Essi hanno solo sognato – argomenta Socrate – di essere allevati ed educati da noi. In verità essi si trovavano nelle viscere della terra, la loro madre, dove furono creati insieme alle loro armi e al loro equipaggiamento. Quando poi furono pronti – continua il filosofo – la terra li portò alla luce e da quel momento il compito degli uomini è difendere la terra, loro vera patria, e di preoccuparsi dei concittadini, che sono come fratelli.Tuttavia, la gerarchia dello Stato non è immutabile, visto che. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Mito delle cicale.\n### Descrizione: Il mito delle cicale viene raccontato da Platone nel dialogo Fedro.\n\nNarrazione.\nSi racconta, in questo mito, che un tempo le cicale altro non erano che esseri umani appassionati a tal punto della musica da dimenticare perfino di nutrirsi, disposti finanche a morire pur di continuare a cantare. Per ricompensare l'amore di questi uomini verso la musica, le Muse decisero di trasformarli in cicale, degli animali che potessero trascorrere l'intera loro breve esistenza cantando. Dopo la morte questi insetti avrebbero poi avuto il compito di riferire alle Muse quali uomini sulla Terra le onoravano e quali no.\nAd Urania e Calliope le cicale riferiscono che alcuni uomini passano la loro vita terrena filosofando. In tal modo dunque essi praticano la forma più nobile ed elevata dell'arte musicale (unica arte alla quale Platone attribuisce un giudizio positivo in quanto non è 'imitazione dell'imitazione'). Queste due Muse infatti 'sopra tutte le altre Muse presiedono alle cose celesti ed occupandosi dei discorsi divini ed umani, sanno il canto più soave' (Fedro, 259).\n\nVoci correlate.\nPlatone.\nFedro.\nMusica nell'antica Grecia. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mito di Aristofane o dell'androgino.\n### Descrizione: Il mito di Aristofane (o mito dell'androgino) è presente nel celebre dialogo platonico Simposio, che si propone di trattare l'immortale tema dell'amore.\n\nEsposizione.\nDopo l'esposizione di Fedro, Pausania di Atene ed Erissimaco, inizia a parlare Aristofane, il famoso poeta comico, che sceglie il mito come veicolo della sua opinione su Eros. Tempo addietro - espone il poeta - non esistevano, come adesso, soltanto due sessi (il maschile e il femminile), bensì tre, tra cui, oltre a quelli già citati, il sesso androgino, proprio di esseri che avevano in comune caratteristiche maschili e femminili. In quel tempo, tutti gli esseri umani avevano due facce orientate in direzione opposta e una sola testa, quattro braccia, quattro mani, quattro gambe e due organi sessuali ed erano tondi. Per via della loro potenza, gli esseri umani erano superbi e tentarono la scalata all'Olimpo per spodestare gli dei. Ma Zeus, che non poteva accettare un simile oltraggio, decise di intervenire e divise, a colpi di saetta, gli aggressori.\n\nIn questo modo gli esseri umani furono divisi e s'indebolirono. Ed è da quel momento - spiega Aristofane - che essi sono alla ricerca della loro antica unità e della perduta forza che possono ritrovare soltanto unendosi sessualmente. Da questa divisione in parti, infatti, nasce negli umani il desiderio di ricreare la primitiva unità, tanto che le 'parti' non fanno altro che stringersi l'una all'altra, e così muoiono di fame e di torpore per non volersi più separare. Zeus allora, per evitare che gli uomini si estinguano, manda nel mondo Eros affinché, attraverso il ricongiungimento fisico, essi possano ricostruire 'fittiziamente' l'unità perduta, così da provare piacere (e riprodursi) e potersi poi dedicare alle altre incombenze cui devono attendere.\n\nSiccome i sessi erano tre, due sono oggi le tipologie d'amore: il rapporto omosessuale (se i due partner facevano parte in principio di un essere umano completamente maschile o completamente femminile) e il rapporto eterosessuale (se i due facevano parte di un essere androgino).\nLa caratteristica interessante del discorso di Aristofane risiede nel fatto che la relazione erotica fra due esseri umani non è messa in atto per giungere a un fine quale potrebbe essere la procreazione, ma ha valore per se stessa, prescindendo così dalle conseguenze. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mito di Er.\n### Descrizione: Il mito di Er è uno dei miti descritti nelle opere del filosofo greco Platone. Narrato in una delle sue opere più ampie, La Repubblica, in conclusione del Libro X, l'ultimo, è considerato uno dei più importanti miti escatologici dei dialoghi di Platone. I suoi contenuti sono ispirati in maniera rilevante dal mito orfico e pitagorico della metempsicosi, ma contiene anche l'affermazione di una nuova responsabilità morale nei confronti del proprio destino dopo la morte, concetto questo in parte estraneo alla concezione tradizionale greca della vita e della morte.\n\nRacconto.\nIl mito narra di Er, figlio di Armenio, un soldato valoroso originario della Panfilia, morto in battaglia che, mentre stava per essere arso sul rogo funebre, si ridestò dal sonno mortale e raccontò quello che aveva visto nell'aldilà. La sua anima appena uscita dal corpo si era unita a molte altre e camminando era arrivata in un luogo divino dove i giudici delle anime sedevano tra quattro aperture, due per chi andava e veniva dal cielo e le altre due per chi andava e veniva dalle profondità della terra. I giudici esaminavano le anime e ponevano sul petto dei giusti e sulle spalle dei malvagi la sentenza ordinando ai primi di salire al cielo e agli altri di andare sottoterra. Avevano quindi ordinato a Er di ascoltare e guardare ciò che avveniva in quel luogo per poi raccontarlo.\nDalle voragini intanto uscivano delle anime sporche e lacere che avevano viaggiato per 1000 anni, in cielo o sottoterra, per espiare le loro colpe. Chi in vita aveva commesso ingiustizie veniva punito con una pena 10 volte superiore al male commesso, mentre le buone azioni venivano premiate nella stessa misura. Tutti i castighi inflitti erano temporanei, meno quelli riservati ai tiranni come Ardieo, despota di una città della Panfilia che aveva ucciso il vecchio padre e il fratello maggiore e aveva compiuto molte altre nefandezze. Quando i più malvagi, come i tiranni, tentavano di uscire dalla voragine questa emetteva una sorta di muggito e allora venivano presi, scorticati e rigettati negli Inferi.\n\nLe anime rimaste per sette giorni in quel luogo venivano poi costrette a camminare per quattro giorni fino a quando giungevano in vista di una specie di arcobaleno dove a un capo pendeva il fuso, simbolo del destino, posato sulle ginocchia della dea Ananke (Necessità). Il fuso aveva come peso otto vasi concentrici rotanti disposti uno dentro l'altro. Su ogni cerchio vi era una Sirena che emetteva il suono di una sola nota che unendosi alle altre formava un'armonia.\nLe figlie di Ananke, le tre Moire, sedevano in cerchio poco distanti dalla madre: Cloto filava e cantava il presente, Lachesi, il passato, e Atropo, 'colei che non può essere dissuasa', il futuro.\nUn araldo presentava le anime disposte in fila a Lachesi e, dopo aver preso dalle sue ginocchia un gran numero di sorti e modelli di vita, procedeva al sorteggio dell'ordine di scelta, avvertendo che ognuno sarebbe stato responsabile della sua scelta e che nessuno sarebbe stato troppo svantaggiato, poiché anche chi avesse scelto per ultimo avrebbe comunque avuto più modelli di vita tra cui scegliere.\nEr raccontava poi come le anime sceglievano, oltre che in base alla fortuna del sorteggio, secondo le abitudini contratte nella vita precedente. Un'anima che era venuta dall'alto dei cieli e che era stata virtuosa solo per abitudine e che aveva vissuto in una città ben governata, per desiderio di novità aveva scelto frettolosamente la vita di un tiranno per accorgersi poi, rimproverando la sua cattiva sorte, come questa fosse carica di dolori. Le anime provenienti dal basso invece avevano imparato dalle loro esperienze terrene e avevano scelto con maggiore giudizio. Ad esempio, Agamennone, per ostilità verso il genere umano dovuta alle sofferenze patite aveva scelto di vivere come un'aquila; Orfeo, che non voleva nascere da grembo di donna per l’odio che nutriva verso il sesso femminile che aveva cagionato la sua morte, aveva preferito la vita di un cigno; Odisseo, stanco di rischiose avventure, aveva preferito la vita di un qualsiasi uomo tranquillo.\nDopo aver compiuto la scelta, ogni anima riceveva da Lachesi il daimon, il genio tutelare, che avrebbe sorvegliato che si compisse la vita prescelta; quindi l'anima doveva andare da Cloto, a confermare il suo destino, e infine da Atropo che lo rendeva immutabile. Le anime poi s'incamminavano attraverso la deserta e calda pianura del Lete e, fermatesi per riposare sulle sponde del fiume Amelete, tutte, tranne Er, furono obbligate a bere l'acqua che dà l'oblio, e chi non era saggio ne beveva smodatamente. Giunta la notte, le anime stavano dormendo quando a mezzanotte un terremoto le gettò nella nuova vita assieme a Er, che, svegliatosi sulla pira funebre, poté raccontare come, conservando la memoria dell'esperienza passata, si può vivere serenamente una vita giusta e saggia in questo e nell'altro mondo.\n\nInterpretazione del mito.\nIl mito, che in Platone è una forma letteraria-filosofica per teorizzare in modo verosimile ed attraente ciò che non può essere dimostrato razionalmente, può essere inteso come un tentativo di dimostrare la presenza contemporanea nella vita umana della libertà, del caso e della necessità, come insegnano le parole della Moira Lachesi:.\n\nQuindi il caso non assicura una scelta felice, mentre determinanti potranno essere i trascorsi dell'ultima reincarnazione. Scegliere, nella visione platonica, significa infatti essere coscienti criticamente del proprio passato, per non commettere più errori e avere una vita migliore. Le Moire renderanno poi la scelta della nuova vita immodificabile: nessuna anima, infatti, una volta operata la scelta, potrà cambiarla e la sua vita terrena sarà segnata dalla necessità.\nLe anime si disseteranno con le acque del fiume Lete, ma quelle che lo hanno fatto in maniera smodata dimenticheranno la vita precedente, mentre i filosofi, che, guidati dalla ragione, hanno bevuto poco o niente, manterranno il ricordo del mondo delle idee, di modo che, riferendosi ad esse, potranno ampliare la loro conoscenza durante la nuova vita ispirata e guidata dal proprio genio tutelare. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mito di Theuth.\n### Descrizione: Il mito di Theuth (o mito di Thamus) è un mito presente nel Fedro di Platone.\n\nIl mito.\nSul finire del dialogo, Platone affronta il problema del discorso scritto e, più precisamente, della differenza che intercorre tra conoscenza e sapienza. Appare interessante notare che, nonostante l'autore approdi a un giudizio negativo sulla scrittura, il filosofo delle Idee abbia sempre utilizzato la forma scritta (contrariamente all'antico maestro Socrate) per veicolare le sue tesi filosofiche.\nSocrate racconta che Theuth, l'ingegnosa divinità egizia, si recò presso re Thamus, allora sovrano dell'Egitto, per sottoporgli le proprie invenzioni, consigliandogli di diffonderle presso il suo popolo, che ne avrebbe tratto grande giovamento. Le svariate arti che la divinità proponeva al re ricevevano molti commenti da parte di quest'ultimo, che o lodava o criticava le stesse.\nQuando Theuth propose a Thamus l'arte della scrittura, la divinità si espresse con queste parole:.\n\nLa risposta del re non tardò ad arrivare:.\n\nL'interpretazione di Jacques Derrida.\nDegna di nota è anche la lettura che del mito di Theuth, così come del Fedro in generale, fa Jacques Derrida all'interno della sua opera La farmacia di Platone. Nella sua rilettura decostruttiva assolutamente originale del testo platonico, Derrida mette in luce l'assoluta centralità della questione della scrittura all'interno del Fedro, alla luce di un disegno rigoroso ideato da Platone stesso. In particolare il filosofo francese studia la valenza della scrittura in quanto farmaco, con tutta l'ambiguità e la polivalenza a cui questo termine può portare.\n\nLe dottrine non scritte di Platone.\nAlcuni studiosi sostengono che questo mito del Fedro sia utile per provare l'effettiva esistenza delle cosiddette 'dottrine non scritte' di Platone. Di questo aspetto si è occupato Giovanni Reale. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Mitologia di Tebe.\n### Descrizione: La mitologia di Tebe è formata dalla lunga serie di miti riguardanti la città greca. Essa include anche la cosiddetta saga dei Labdacidi, ossia le vicende di Edipo, dei suoi genitori e dei suoi figli (i capitoli La storia di Edipo e I sette contro Tebe in questa trattazione). Era raccontata dai poemi epici del Ciclo Tebano, oggi completamente perduti, ad eccezione di qualche riassunto e pochissimi, brevi frammenti.\nViene qui riportato un riassunto delle vicende raccontate dal mito. Va tuttavia tenuto presente che il mito stesso si presenta in varie versioni differenti, ed è dunque inevitabile una cernita, a volte arbitraria, nell'impossibilità di dare conto di ognuna delle varianti. Si è comunque in generale cercato di riportare la versione più nota.\n\nLa fondazione di Tebe.\nIl ratto di Europa.\nFiglia di Agenore, re di Tiro, Europa era famosa nel suo regno come giovane di grande avvenenza. Zeus, colpito dalla sua bellezza, decise di sedurla sotto mentite spoglie, come soleva fare con le mortali. Trasformatosi in un toro si recò presso la spiaggia, dove la giovane giocava insieme ad alcune sue compagne, e si adagiò presso di lei. Europa, meravigliata per la bellezza del fiero animale, accettando la sfida delle amiche, si posò sul suo dorso. In quello stesso istante il toro divino si rialzò e si gettò in acqua, nuotando velocemente per tutta la notte, giungendo infine presso la costa cretese, dove, senza essere visto da nessuno, prese le sembianze di un'aquila e si unì a lei. Europa divenne così madre di Minosse, Radamante e Sarpedonte.Agenore, impensierito per il destino della figlia, decise di farla cercare, così ordinò agli altri suoi figli di percorrere la Grecia in lungo e in largo, intimando loro di non tornare senza di lei. Nessuno di loro sarebbe più tornato in patria.\n\nIl viaggio di Cadmo.\nIl giovane Cadmo, uno dei figli di Agenore, partito in cerca della sorella perduta, insieme a un nutrito gruppo di compagni, salpò dalla Fenicia diretto verso le coste greche. L'unico strumento in grado di rivelargli l'ubicazione di Europa si trovava a Delfi: era l'oracolo sacro al dio Apollo. Il responso della sibilla fu però alquanto bizzarro: doveva infatti seguire una vacca solitaria che avrebbe trovato in un campo vicino, e dove questa si fosse poi nuovamente fermata, avrebbe dovuto erigere una città e darle il nome di Tebe.Facile fu trovare l'animale della predizione, il cui manto sembrava raffigurare un cielo stellato, difficile fu però seguirlo. Dopo molti giorni di duro cammino, la mucca sacra si fermò infatti in una terra collinosa, denominata Beozia. Grato agli dei, Cadmo preparò un piccolo altare nel quale compiere sacrifici di ringraziamento in onore della dea Atena. Avendo però bisogno d'acqua, ordinò ai suoi compagni di procurarsela presso una vicina fonte situata in un boschetto. Gli uomini però non tornarono indietro. Cadmo, impensierito, andò a cercarli, e nel boschetto scoprì che fine avessero fatta i compagni: divorati da un terribile drago, sacro ad Ares, guardiano della fonte. Senza farsi intimidire dal mostro, l'eroe gli schiacciò la testa con una pietra, uccidendolo.\n\nLa creazione della città.\nDopo aver sconfitto il mostro, Cadmo fece sacrifici ad Atena, chiedendo agli dei come poter costruire una città, essendo privo di compagni. La dea si mostrò all'eroe, invitandolo a staccare i denti dalle fauci del dragone defunto e a seminarli nel terreno circostante. Cadmo fece quanto gli era stato ordinato e, in poco tempo, vide sbucare dal terreno un intero esercito di uomini, armati di tutto punto. Visto il loro atteggiamento minaccioso, Cadmo pensò di scagliare delle pietre contro di loro. Non sapendo chi li colpisse, essi cominciarono ad accusarsi tra loro, uccidendosi così a vicenda. Sopravvissero soltanto cinque guerrieri, gli Sparti, 'i seminati', che, dotati di una forza sovrumana, costruirono la Cadmea, l'antica rocca di Tebe, divenendone i primi abitanti sotto la sovranità di Cadmo.Poco tempo dopo il giovane guerriero prese in sposa Armonia, figlia di Ares e Afrodite, dalla quale ebbe quattro figlie (Agave, Ino, Semele e Autonoe) e un figlio, Polidoro. Cadmo aveva però attirato contro il suo casato la maledizione di Ares, adirato per l'uccisione del suo drago, così, per placare il dio, il sovrano cedette il trono al nipote Penteo, figlio di Agave, rimanendo a Tebe come privato cittadino.\n\nLa discendenza di Cadmo.\nLa nascita di Dioniso.\nLa maledizione di Ares però non si concluse con la morte di Cadmo, ma si estese anche ai suoi discendenti. Semele, una delle figlie di Cadmo, venne sedotta da Zeus, che si unì a lei. Da questa unione nacque Dioniso, futuro dio del vino. Prima del parto però, Era, gelosissima, meditò vendetta contro l'amante dell'infedele marito: assunse l'aspetto di una vecchia nutrice di Semele, tale Beroe, e le consigliò di chiedere al dio, che le si era sempre accostato velato da una nuvola, di rivelarsi in tutto il suo splendore, come faceva quando si incontrava con Era stessa.Zeus, che aveva promesso di donare all'amante qualunque cosa avesse chiesto, dovette acconsentire, ma Semele venne uccisa dai fulmini che il padre degli dei emanava spontaneamente; Zeus estrasse allora dal corpo di lei il piccolo Dioniso, un feto di appena sei mesi, e se lo cucì dentro una coscia. Questi, nato in maniera prodigiosa, venne allevato dalla zia Ino e, giunto in età adolescenziale, si trasferì sul monte Olimpo dove venne onorato come dio dell'ebbrezza e dei divertimenti, acquisendo immediatamente un vasto seguito, fra le quali spiccavano anche le sue zie Ino, Agave e Autonoe. Penteo, divenuto re di Tebe spodestando il nonno, decise però di porre fine al culto di questo nuovo dio nelle sue terre.\n\nLe Baccanti e la morte di Penteo.\nEmpio verso gli dei, tirannico presso gli uomini, Penteo tentò in tutte le maniere di soffocare il culto di Dioniso, condannando a morte chiunque osasse celebrare riti in suo onore. Lo stesso Tiresia, saggio profeta tebano, venne rinchiuso in prigione per aver cercato di dissuadere il sovrano dalla sua tracotanza. Il dio Dioniso decise dunque di intervenire personalmente, instillando un germe di follia nelle donne tebane, che si riunirono sul monte Citerone a celebrare i culti dionisiaci, diventando quindi Baccanti, ossia donne che celebrano i culti di Dioniso (detto anche Bacco). Penteo però, non appena seppe dell'arrivo del dio nelle sue terre, ordinò al suo esercito di catturarlo e chiuderlo nelle segrete del suo palazzo. Dioniso riuscì però facilmente a liberarsi.Penteo, scoperta l'ubicazione delle celebranti, ispirato da un insano desiderio e convinto dallo stesso Dioniso, decise di recarsi lui stesso a osservare quelle misteriose celebrazioni, nascondendosi su un albero. Le Baccanti, però, invasate dal dio, si accorsero presto della presenza del sovrano e, catturatolo, lo fecero letteralmente a pezzi. Agave, la sua stessa madre, in preda alla follia, spezzò un braccio al figlio. Questa fu la terribile vendetta di Dioniso, che non risparmiò nemmeno Cadmo e Armonia: il dio li condannò all'esilio ed essi abbandonarono la città. Dopo varie vicissitudini, i due vennero trasformati per pietà divina in serpenti e accolti nei Campi Elisi.\n\nAnfione e Zeto.\nPenteo, pochi mesi prima di venire ucciso, aveva accolto nei propri domini due fratelli stranieri, Lico e Nitteo, che erano fuggiti a Tebe dopo aver commesso l'omicidio di Flegias, figlio di Ares, per motivazioni ignote. Penteo morì senza eredi, essendo ancora molto giovane, e la corona passò dunque nelle mani di suo zio Polidoro. Alla morte di questi, poiché il figlio Labdaco aveva solo un anno, il comando passò a Nitteo, che era stato molto amico di Penteo e che esercitò il comando come reggente di Labdaco.\nNitteo aveva una figlia, chiamata Antiope, di straordinaria bellezza. Anche lei ebbe una relazione segreta con Zeus, dall'unione con questi ella rimase incinta e, spaventata per una possibile reazione avversa del padre, decise di fuggire da Tebe, dirigendosi così nella terra di Sicione, sotto il dominio di Epopeo, del quale divenne sposa. Nitteo, convinto che Epopeo avesse rapito sua figlia, si tolse la vita, ma diede al fratello e successore Lico il compito di vendicarlo. Questi mosse le armate tebane contro quelle di Sicione. Durante il conflitto, Epopeo trovò la morte sul campo di battaglia. Lico riuscì a vincere la guerra, a conquistare la terra nemica e a riprendere con sé Antiope. Durante il viaggio di ritorno la giovane partorì due gemelli, che vennero però abbandonati dallo zio presso il monte Citerone, affinché morissero divorati dalle belve. I neonati vennero però ritrovati da un pastore che decise di adottarli, dandogli il nome di Anfione e Zeto. Il primo divenne grande musico e poeta, il secondo cacciatore e guerriero invincibile.Lico, divenuto re di Tebe (sia pure anch'egli come reggente di Labdaco), si comportò come un despota spregevole, schiavizzando persino la nipote, che divenne serva di sua moglie, Dirce. Anfione e Zeto, divenuti adolescenti, decisero di recarsi a Tebe per liberare la madre e sconfiggere il tiranno. I due, abilissimi combattenti, uccisero Lico, liberarono la madre Antiope e legarono Dirce a un toro furente, condannandola a essere dilaniata dalle sue corna. Divenuti liberatori di Tebe, decisero di divenirne, insieme, i nuovi re. Anfione prese in moglie la giovane e bellissima Niobe.\n\nLa punizione di Niobe.\nDall'unione fra Niobe e Anfione nacquero sette nobili figli e sette leggiadre figlie. Inorgoglita dalla sua prole, Niobe osò farsi beffe della dea Latona, che aveva avuto soltanto due figli. I due bambini erano però nientemeno che Apollo e Artemide, che la madre offesa chiamò a vendicare il suo onore contro la presuntuosa regina tebana. I due fratelli giunsero a Tebe dove, in un'arena all'aperto, fuori dalle mura della città, i sette figli di Niobe si stavano esercitando nella corsa dei carri e in altre attività sportive. In quel mentre il maggiore fra i figli di Niobe venne trafitto al cuore da una freccia caduta dal cielo, così fu anche per tutti gli altri figli, uno dopo l'altro.Appena avuto notizia dell'orrendo massacro, Anfione si uccise (e così fece anche Zeto, a causa del dolore per la morte di un figlio). Niobe, portando con sé le figlie, si precipitò nel campo dove i sette giovani giacevano senza vita. Ad una ad una però anche le sette ragazze vennero raggiunte dalle frecce e caddero morte. Sebbene non avesse ricevuto neppure un graffio, Niobe era sconvolta: si rifugiò su un monte, dove Zeus, mosso a pietà, la trasformò in statua, che prese a piangere a ogni inizio estate per il triste risultato della sua superbia.\n\nLa storia di Edipo.\nIl governo di Laio.\nEssendo Anfione e Zeto entrambi morti, i tebani chiamarono sul trono Laio, che era il legittimo pretendente e che si era nel frattempo rifugiato a Pisa (in Elide). Egli sposò Giocasta, la quale era figlia di un eroe della città, tale Meneceo. Su Laio pesava però una maledizione lanciata dal re di Micene (o Argo) Pelope, poiché Laio aveva rapito (e violentato) il giovane Crisippo, figlio illegittimo di Pelope, causandone poi indirettamente anche la morte. Per questo motivo l'unione tra Laio e Giocasta non avrebbe mai dovuto dare figli (come anche confermato da un oracolo), perché colui che sarebbe nato dal talamo di Laio avrebbe ucciso il proprio padre e sposato la propria madre. Il sovrano tentò allora in tutte le maniere di non unirsi a Giocasta, ma un giorno, durante una festa, Laio si ubriacò e si unì alla moglie, che per oscuro disegno del fato rimase incinta.Per scongiurare la terribile prospettiva ventilata dall'oracolo, non appena Giocasta partorì un bambino il re Laio lo allontanò dal palazzo, facendolo abbandonare sul monte Citerone perché morisse. Ma il servitore a cui era stato affidato l'incarico si impietosì per quel bambino indifeso, e invece di abbandonarlo lo diede in custodia ad un pastore, il quale a sua volta lo portò in dono al suo signore Polibo, re di Corinto. Questi accolse l'infante, lo allevò nel suo palazzo con il nome di Edipo, che significa piedi gonfi a causa dei lacci che lo stringevano alle caviglie. Polibo e sua moglie Peribea, che erano senza prole, adottarono il trovatello crescendolo come se fosse loro figlio, e in breve a Corinto nessuno si ricordò più le vere circostanze dell'arrivo di Edipo in città.\n\nIl destino si compie.\nUn giorno Edipo ebbe una disputa con un corinzio, il quale per insultarlo, lo accusò di non essere figlio di Polibo ma un trovatello. Edipo, colpito da quelle parole, si rivolse ai genitori per sapere se l'insinuazione fosse vera. Essi, dopo molte reticenze, non poterono nascondergli che l'affermazione era corretta, ma essi non sapevano quali fossero le sue vere origini.Edipo, ansioso di sapere la verità, decise dunque di rivolgersi all'oracolo di Delfi. Lasciando segretamente Corinto, egli si recò a piedi fino a Delfi, dove la profetessa del tempio gli diede solo un'oscura e minacciosa risposta: meglio sarebbe stato per lui non ritornare in patria, poiché avrebbe ucciso il padre e sposato la madre. Temendo per coloro che credeva suoi genitori, Edipo decise allora di non tornare più a Corinto, ma di emigrare in qualche terra lontana, dove non avrebbe in alcun modo potuto nuocere loro.Giunto in uno stretto passaggio, dove si congiungevano tre strade, egli incappò in un uomo su un carro, davanti al quale andava un servitore arrogante che intimava ai passanti di farsi da parte. Edipo rispose con aspre parole all'intimazione e ne nacque una colluttazione in cui Edipo uccise l'uomo sul carro. Soddisfatto per la vittoria, Edipo proseguì il cammino, ignorando che l'uomo da lui assassinato altri non era che Laio, il suo vero padre.\n\nEdipo e la sfinge.\nEdipo giunse così a Tebe. Trovò la città in lutto, non solo per la morte del sovrano, ma anche a causa di un mostro che infestava le alture intorno alle sue mura. Si trattava della terribile sfinge, figlia di Tifone ed Echidna e sorella di Cerbero e delle Arpie. Era una sinistra creatura col corpo di leone, le ali d'aquila e la testa di donna, inviata sul monte Citerone dalla dea Era che voleva punire Laio per aver amato Crisippo di un amore omosessuale. Ad ogni viandante la sfinge poneva un indovinello, e se il malcapitato non sapeva trovare la risposta giusta veniva immediatamente divorato. Questo aveva provocato a Tebe terrore e carestia, poiché nessuno più coltivava i campi. Ogni giorno un cittadino di Tebe trovava la morte nel cimento con il mostro, e tra le vittime c'era stato anche il figlio di Creonte, reggente della città dopo la morte di Laio.Edipo, trovandosi al cospetto della sfinge, udì quindi il suo famoso enigma: 'Qual è l'animale che al mattino ha quattro zampe, a mezzogiorno ne ha solo due e alla sera tre, ed è tanto più debole quante più zampe ha?'. Edipo rispose: era l'uomo, che da bambino si muove carponi, da adulto sta in piedi sulle sue due gambe e da anziano ha bisogno di un bastone, terza gamba. Furiosa per la soluzione dell'indovinello, il mostro si uccise gettandosi da un'alta rupe.Grati a Edipo per averli liberati della sfinge, dovendo trovare un nuovo re dopo la morte di Laio, i tebani acclamarono Edipo nuovo sovrano, e vennero celebrate con gran fasto le sue nozze con la vedova Giocasta. Per molti anni egli regnò a Tebe in pace e prosperità, obbedito e rispettato dalla gente, che considerava il giovane straniero un favorito dagli dei. Dal suo matrimonio nacquero quattro bambini: i due maschi Eteocle e Polinice, e le due femmine Antigone e Ismene. Ma quando questi furono cresciuti, le sorti del paese volsero al peggio.\n\nLa rovina di Edipo.\nUn giorno una tremenda epidemia si abbatté sul regno; Edipo, non sapendo cosa fare, inviò Creonte a consultare l'oracolo di Delfi. La risposta dell'oracolo fu che l'epidemia era una conseguenza dell'assassinio ancora impunito di Laio. Edipo allora cominciò le ricerche per scoprire la verità su quel delitto. Si rivolse all'indovino Tiresia, il quale sebbene a malincuore, fu costretto a rivelare la verità: era Edipo l'assassino del re Laio. L'eroe in un lampo ricordò l'uomo alla guida del carro che egli aveva ucciso, ma la moglie Giocasta negò la veridicità di quanto detto dall'indovino, affermando che Laio avrebbe dovuto essere ucciso da suo figlio, morto però nell'infanzia per ordine dello stesso re. Gli oracoli potevano dunque sbagliarsi, e il responso di Tiresia era senza dubbio errato.Venne poi interrogato il servitore che a suo tempo era stato incaricato di abbandonare il neonato fra i monti, a conferma di quanto detto da Giocasta. Il vecchio però confessò che egli non aveva abbandonato l'infante e che l'aveva invece consegnato vivo a un servitore del re di Corinto. A queste parole Giocasta rimase sconvolta, poiché ella sapeva che suo marito era considerato figlio del re di Corinto. Ora sapeva che la terribile profezia era arrivata a compimento, col parricidio e l'incesto, e allora scappò verso i suoi appartamenti, dove si impiccò alla propria cintura.\nEdipo, disperato, si accecò con la spilla della cintura di Giocasta. I suoi capelli sbiancarono di colpo, facendone un vecchio cieco. Così ridotto, Edipo barcollò fuori dal palazzo, mentre la gente lo scansava ed anche i suoi figli si allontanavano da lui. Soltanto le figlie femmine, Antigone ed Ismene, lo seguirono; la prima fece voto di non abbandonare mai quel padre sfortunato, e al suo fianco ella vagabondò fuori dalla sua terra natale.\n\nLa scomparsa.\nDopo varie peregrinazioni, Edipo giunse a Colono, sobborgo di Atene, in ottemperanza ad una profezia secondo la quale lì sarebbero terminati i suoi giorni. Teseo, sovrano della città, gli offrì ospitalità (xenia) nonostante l'ostilità della popolazione. Un oracolo aveva affermato che il luogo dove Edipo sarebbe morto sarebbe stato benedetto dagli dei, così prima il re di Tebe Creonte (tornato momentaneamente sovrano dopo l'allontanamento di Edipo), poi il figlio Polinice si presentarono da Edipo per convincerlo a tornare nella sua città, ma vennero sdegnosamente respinti. Creonte tentò addirittura di organizzare un rapimento, sventato però da Teseo. Quando infine Edipo sentì che la fine era vicina, si recò in un boschetto sacro alle Eumenidi, e lì sparì per volontà degli dei, diventando così un prescelto ed un protettore di Atene. La triste vicenda umana di Edipo trovò così un lieto fine.\n\nI sette contro Tebe.\nFratello contro fratello.\nAllontanato Edipo, Creonte assunse provvisoriamente il ruolo di sovrano reggente della città, ma si pose il problema di chi sarebbe stato il successivo re di Tebe, poiché i due figli di Edipo, Eteocle e Polinice, erano entrambi decisi ad ottenere il trono. Alla fine si giunse ad un compromesso: i due si sarebbero alternati sul trono, un anno a testa. Il primo a diventare sovrano fu Eteocle, ma, allo scadere del proprio anno, egli si rifiutò di cedere il titolo, rompendo l'accordo. A Polinice non restò che allontanarsi, maledicendo il fratello, e recarsi nella città di Argo, dove giunse contemporaneamente a Tideo, fuggito dalla città di Calidone a causa di un omicidio. Tra i due scoppiò un litigio, cui assistette anche il re di Argo Adrasto. Quest'ultimo riconobbe quindi nei due il cinghiale ed il leone che un veggente gli aveva predetto che sarebbero dovuti diventare i suoi generi. Così Adrasto offerse a Polinice e Tideo come spose le sue due figlie Argea e Deipile. In questo modo Polinice poté ottenere, oltre al matrimonio, anche l'appoggio del re di Argo per l'impresa che intendeva compiere: marciare contro Tebe per detronizzare il fratello Eteocle e ottenere il titolo di re che gli spettava di diritto.Polinice quindi partì alla volta di Tebe, a capo dell'esercito di Argo, nonostante su di lui gravasse una maledizione lanciata dal padre Edipo: poiché né lui né il fratello Eteocle si erano opposti all'esilio del padre da Tebe, Edipo aveva affermato che i due fratelli sarebbero stati destinati a darsi la morte l'un l'altro. Essi quindi temevano che la profezia potesse avverarsi. A Nemea l'esercitò si fermò per rendere onore ad Ofelte, un bambino figlio di Licurgo, re della città, morto per il morso di un serpente. In suo onore vennero istituiti i giochi Nemei.Giunto l'esercito di Polinice sulle rive del fiume Asopo, Tideo venne mandato da Eteocle per consegnare un ultimatum. Trovandosi ad un banchetto di tebani alla presenza di Eteocle, per impressionare i suoi nemici Tideo li sfidò ad una serie di prove atletiche, dalle quali uscì nettamente vincitore. Quando infine l'eroe se ne andò per tornare dai suoi compagni, ben cinquanta guerrieri tebani gli tesero un'imboscata, ma egli con l'aiuto della dea Atena riuscì a sopraffarli tutti, lasciandone vivo solo uno perché potesse raccontare quello che era successo.\n\nLa battaglia.\nPrima dell'attacco, Polinice designò un eroe a presiedere ognuna delle sette porte di Tebe, e lo stesso fece Eteocle per difendersi. Presso la Settima Porta, destino volle che si trovassero di fronte proprio i due fratelli. Cominciò dunque l'attacco. Capaneo tentò di superare le mura tebane con una scala, ma venne folgorato da un fulmine scagliato da Zeus. I guerrieri di Polinice finirono per cadere ad uno ad uno, con le sole eccezioni di Anfiarao ed Adrasto. Il primo fu inghiottito dalla terra per volere di Zeus, e da allora visse nel sottosuolo emanando oracoli. Il secondo riuscì a salvarsi ed a tornare a casa solo grazie al suo ottimo cavallo Arione. Infine si seppe la sorte che era toccata ad Eteocle e Polinice: come aveva profetizzato Edipo, i due si erano uccisi l'un l'altro. L'attacco a Tebe si era dunque risolto con un fallimento, e con la morte dei due maggiori contendenti.\n\nAntigone.\nCreonte, fratello di Giocasta, ritornò allora ad essere il sovrano di Tebe. Egli decise di dare degna sepoltura ad Eteocle, ma non a Polinice, che aveva avuto il torto di coinvolgere una città straniera nelle vicende tebane. Tuttavia Antigone, sorella dei due guerrieri, nella convinzione spirituale e religiosa che a tutti spettasse la sepoltura, e a maggior ragione a suo fratello, coprì il cadavere di Polinice con alcune manciate di terra, atto sufficiente a considerare ottemperato il precetto religioso. Quest'atto mandò su tutte le furie Creonte, che aveva visto infranto il suo ordine: il re ordinò quindi che Antigone fosse rinchiusa viva nella tomba di famiglia, una caverna dove sarebbe vissuta lontana da tutti, o sarebbe morta di stenti. La donna venne dunque imprigionata.Per convincere Creonte a tornare sulla sua decisione, l'indovino Tiresia andò a parlare col re. Egli affermò che se Creonte non avesse liberato Antigone, si sarebbe macchiato di un crimine odioso agli dei: l'uccisione di un proprio consanguineo. Turbato da quelle parole, Creonte diede allora ordine di liberare la donna, ma troppo tardi: Antigone infatti si era nel frattempo impiccata, non volendo attendere di morire per fame e sete. Nella caverna dove la donna era imprigionata, Creonte trovò il proprio figlio Emone, promesso sposo di Antigone, disperato di fronte al cadavere. Nel vedere il padre, Emone tentò di colpirlo con la spada, ma, mancatolo, rivolse l'arma contro se stesso, uccidendosi. Lo stesso fece la moglie di Creonte Euridice quando venne a sapere di aver perso il figlio. Creonte rimase dunque privo dei suoi familiari, a maledire la propria stoltezza.\n\nLe ultime vicende.\nSotto la protezione di Eracle.\nLa città di Tebe ebbe anche l'onore di essere culla del grande eroe Eracle. Figlio di Zeus e di Alcmena, Eracle crebbe a Tebe, quando il padre adottivo Anfitrione (marito di Alcmena) fu costretto ad allontanarsi da Tirinto. L'eroe giovinetto fu inoltre causa dello scoppio di un grave conflitto tra i tebani e gli abitanti di Orcomeno. Il re di Tebe, Creonte, era infatti costretto a pagare un pesante tributo al sovrano di Orcomeno. Un giorno, mentre i suoi dispotici araldi si recavano nella città per riscuotere il tributo, incrociarono Eracle. Questi era stato costretto a vivere come pastore dopo aver ucciso il suo maestro di canto, Lino. Infastidito dalle cattive maniere degli araldi stranieri, Eracle li punì tagliando loro orecchie e naso. Il loro re decise allora di rispondere all'affronto muovendo guerra contro i tebani.Durante il conflitto, l'eroe, ancora molto giovane, dimostrò il proprio temperamento e la propria forza fisica, annientando le armate del re di Orcomeno, il cui nome era Ergino, e uccidendo il sovrano stesso. Sul campo di battaglia l'eroe perse però l'amato padre adottivo, Anfitrione. Il re Creonte, grato ad Eracle per il proprio contributo decise di premiarlo dandogli in sposa la più bella fra le sue figlie, Megara. Tuttavia in un momento di follia, scatenato su di lui dalla dea Era, sempre invisa ai figli illegittimi dell'infedele marito, l'eroe uccise la moglie e i figlioletti.Durante un'assenza di Eracle, disceso agli inferi per catturare Cerbero e liberare Teseo, Tebe venne invasa dall'usurpatore Lico, che uccise Creonte e prese la corona del regno. L'eroe, tornato dal suo viaggio, decise di vendicare il suocero, muovendo guerra contro il nemico e uccidendo l'usurpatore: fu così la pace a Tebe. Re della città divenne allora Laodamante, figlio di Eteocle.\n\nLa guerra degli Epigoni.\nDieci anni dopo i fatti dei sette contro Tebe, i figli dei guerrieri che avevano fallito la conquista della città si riunirono per vendicare i padri, ossia per tentare nuovamente l'assalto. Tali guerrieri, denominati Epigoni, erano: il capo Alcmeone e Anfiloco (figli di Anfiarao), Egialeo (figlio di Adrasto), Diomede (figlio di Tideo), Promaco (figlio di Partenopeo), Stenelo (figlio di Capaneo), Tersandro (figlio di Polinice) ed Eurialo (figlio di Mechisteo). L'esercito tebano era invece guidato dal re Laodamante.Dopo aver devastato le campagne attorno a Tebe, l'esercito degli Epigoni incontrò quello tebano a Glissa, a cinque miglia da Tebe. Laodamante riuscì ad uccidere Egialeo (unico degli Epigoni a cadere), ma venne ucciso da Alcmeone, e l'esercito tebano ne uscì sconfitto. Durante la notte seguente il popolo di Tebe fuggì, su consiglio di Tiresia, e l'indomani gli Epigoni poterono prendere possesso della città, saccheggiandola. L'assalto che dieci anni prima era fallito, aveva stavolta avuto esito vittorioso. Gli Epigoni misero a capo della città Tersandro, figlio di Polinice, e consacrarono gran parte del bottino ad Apollo.\n\nGli ultimi sovrani.\nDivenuto re di Tebe, Tersandro richiamò la popolazione che era fuggita e regnò per vari anni. Sposò Demonassa, figlia di Anfiarao, da cui ebbe come figlio Tisameno. Partecipò ad una prima spedizione contro Troia (antecedente alla guerra di Troia vera e propria), ma non riuscì nemmeno a raggiungere la città: sbarcato in Misia, fu ucciso da Telefo. Avrebbe dovuto succedergli il figlio Tisameno, ma era ancora troppo giovane, così il comando venne dato a Peneleo come suo reggente. Quest'ultimo partecipò alla guerra di Troia al comando di un contingente tebano e rimase ucciso nel conflitto. Tisameno ormai adulto divenne re, ed ebbe a sua volta un figlio, Autesione. Questi divenne il suo successore, ma solo per breve tempo, poiché si ritirò nel Peloponneso su consiglio di un oracolo, dove si unì ai Dori (secondo altre versioni del mito invece egli non diventò mai sovrano poiché si unì agli Eraclidi). Sovrano della città divenne quindi Damasittone, nipote di Peneleo. Ultimi re di Tebe furono infine Tolomeo e Xanto, discendenti di Damasittone. Xanto venne ucciso in duello, ma con l'inganno, da Melanto di Atene (o da Andropompo); dopo il suo omicidio, il popolo tebano decise di abbandonare la monarchia per andare verso una forma di governo repubblicana.\n\nLista dei re di Tebe.\nGenealogia. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Mitologia greca.\n### Descrizione: La mitologia greca è la raccolta e lo studio dei miti appartenenti alla cultura religiosa degli antichi greci e che riguardano, in particolare, i loro dèi ed eroi. I miti greci furono raccolti in cicli che concernono le differenti aree del mondo ellenico. Unico elemento unificante è la composizione del pantheon greco, costituito da una gerarchia di figure divine che rappresentano anche le forze o gli aspetti della natura. Gli studiosi contemporanei studiano e analizzano gli antichi miti nel tentativo di fare luce sulle istituzioni politiche e religiose dell'antica Grecia e, in generale, di tutta l'antica civiltà greca.\nSi compone di una vasta raccolta di racconti che spiegano l'origine del mondo ed espongono dettagliatamente la vita e le avventure di un gran numero di dèi e dee, eroi ed eroine e altre creature mitologiche. Questi racconti inizialmente furono composti e diffusi in una forma poetica e compositiva orale, mentre sono invece giunti fino a noi principalmente attraverso i testi scritti dalla tradizione letteraria greca.\nLe più antiche fonti letterarie conosciute, i due poemi epici Iliade e Odissea, concentrano la loro attenzione sugli eventi che ruotano attorno alla vicenda della guerra di Troia. Altri due poemi quasi contemporanei alle opere omeriche, la Teogonia e Le opere e i giorni scritti da Esiodo, contengono invece racconti che riguardano la cosmogonia, la cronologia dei sovrani celesti, il succedersi delle età dell'uomo, l'inizio delle sofferenze umane e l'origine delle pratiche sacrificali. Diversi miti sono contenuti anche negli Inni omerici, nei frammenti dei poemi del Ciclo epico, nelle poesie dei lirici greci, nelle opere dei tragediografi del V secolo a.C., negli scritti degli studiosi e dei poeti dell'età ellenistica e negli scrittori come Plutarco e Pausania.\nGli argomenti narrati dalla mitologia greca furono anche rappresentati in molti manufatti: i disegni geometrici sulla superficie di vasi e piatti risalenti anche all'VIII secolo a.C. ritraggono scene ispirate al ciclo della guerra di Troia o alle avventure di Eracle. Anche in seguito, sugli oggetti d'arte saranno rappresentate scene tratte da Omero o da altri miti, così da fornire agli studiosi materiale supplementare a supporto dei testi letterari.\nEbbe una grandissima influenza sulla cultura, le arti e la letteratura della civiltà occidentale e la sua eredità resta tuttora ben viva nei suoi linguaggi e nelle sue culture. È stata sempre presente nel sistema educativo, a partire dai primi gradi dell'istruzione, mentre poeti e artisti di tutte le epoche si sono ispirati a essa, mettendo in evidenza la rilevanza e il peso che i temi mitologici classici potevano rivestire in tutte le epoche della storia.\n\nDescrizione.\nMýthos e Lógos: origine dei termini e procedere del loro significato nella cultura greca.\nIl termine 'mito' (μῦθος, mýthos) possiede in Omero ed Esiodo il significato di 'racconto', 'discorso', 'storia'.\nUn racconto 'vero', pronunciato in modo autorevole perché «non c'è nulla di più vero e di più reale di un racconto declamato da un vecchio re saggio».\nNella Teogonia è μύθος ciò con cui si rivolgono le dee Muse al pastore Esiodo prima di trasformarlo in 'cantore ispirato'.\nDiversa è l'origine del lógos (λόγος) che si presenta piuttosto come un 'discorso calcolato, ragionato' non necessariamente 'vero':.\n\nSolo dopo il periodo 'omerico' si osserva un cambiamento radicale nei significati dei due termini:.\n\nCiò premesso, con Platone i due termini si incrociano in mythologia (il nostro usa anche mythous légein, mythologein) a significare quel genere di poiésis che si occupa di raccontare 'intorno a dèi, esseri divini, eroi e discese nell'aldilà'.\n\nCantori 'ispirati' dalle Muse: l'origine sacra della mitologia greca.\nLe più antiche attestazioni della 'mitologia' greca corrispondono ai poemi 'omerici' e alla Teogonia di Esiodo, ambedue questi contesti di letteratura sacra si contraddistinguono per un preciso incipit che richiama l'intervento di alcune dee indicate con il termine 'Muse' (Μοῦσαι, -ῶν).\n\nLe Muse sono le dee che rappresentano l'ideale supremo dell'Arte, create da Zeus secondo il volere degli altri dei. L'arte va intesa come una visione chiara su tutte le cose, terrestri e divine. Esse 'possiedono' i poeti; questi sono entheos (ἔνθεος 'pieni di Dio'), come ricorda lo stesso Democrito. Essere entheos, è una condizione che «il poeta condivide con altri ispirati: i profeti, le baccanti e le pitonesse».\nLe Muse, dunque, sono le dee che donano agli uomini la possibilità di parlare secondo il vero, e, figlie di Mnemosýne (Μνημοσύνη), la Memoria, consentono ai cantori di 'ricordare' avendo questa stessa funzione un valore religioso e un proprio culto.\n\nI personaggi e divinità della mitologia greca.\nLe fonti della mitologia greca.\nLa mitologia greca, ai giorni nostri, può essere conosciuta essenzialmente attraverso la letteratura. Oltre alle fonti scritte possono venire in aiuto anche le rappresentazioni artistiche a carattere mitologico, i cui reperti più antichi risalgono al cosiddetto periodo geometrico (tra il 900 e l'800 a.C.).\n\nFonti letterarie.\nLa narrazione di miti ricopre un ruolo molto importante in quasi tutti i generi letterari greci. Ciononostante, l'unico testo completo di genere mitografico a essere sopravvissuto è la Biblioteca dello Pseudo-Apollodoro, opera che tenta di conciliare tra loro i divergenti racconti dei poeti e fornisce un ampio compendio della mitologia greca tradizionale e delle leggende di argomento eroico.\nTra le fonti letterarie dell'epoca più antica, fondamentali sono i due poemi epici di Omero, l'Iliade e l'Odissea. Altri poeti provvidero in seguito a completare il Ciclo epico, ma questi poemi minori sono andati quasi interamente perduti. Nonostante il loro nome, gli Inni omerici non hanno alcun rapporto con Omero e sono degli inni di carattere corale, risalenti all'età dei lirici.\nEsiodo, poeta forse contemporaneo di Omero, nella Teogonia ('L'origine degli dei'), che tratta della creazione del mondo, offre la narrazione più completa a nostra disposizione dei miti più antichi, descrivendo la nascita di dei, Titani e Giganti, dettagliate genealogie, racconti popolari e miti eziologici. Un altro testo di Esiodo, 'Le opere e i giorni', che è un poema didascalico sulla vita agreste, contiene anche le leggende di Prometeo, Pandora e delle età dell'uomo. Il poeta dispensa consigli su come riuscire a vivere al meglio in un mondo pericoloso, reso ancora più pericoloso dagli dei che lo governano.\nI poeti lirici trassero talvolta ispirazione dai miti, ma con il trascorrere del tempo passarono da una trattazione più diretta e descrittiva all'uso di semplici allusioni e velati riferimenti. I lirici greci, tra i quali Pindaro, Bacchilide e Simonide, e i poeti bucolici come Teocrito e Bione nelle loro opere citano alcuni episodi mitologici. Inoltre, la tradizione mitica nell'antica Atene era spesso al centro delle trame delle opere teatrali classiche. Le tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euripide si ispiravano all'età degli eroi e alle vicende della guerra di Troia. Molte delle grandi leggende tragiche (come quelle di Agamennone e i suoi figli, di Edipo, di Giasone, di Medea ecc.) assunsero la loro forma definitiva proprio grazie alla rielaborazione che ne venne fatta in questi lavori. Per parte sua, anche il commediografo Aristofane si servì dei miti tradizionali in opere come 'Gli uccelli' o 'Le rane'.\nGli storici Erodoto e Diodoro Siculo e i geografi Pausania e Strabone viaggiarono a lungo in varie zone del mondo greco e annotarono le storie di cui venivano a conoscenza: in questo modo poterono inserire nei loro scritti numerosi miti locali, spesso versioni alternative e poco conosciute di leggende più note. Erodoto, in particolare, esaminò le varie tradizioni che gli si presentavano di fronte, ricostruendone le radici mitologiche e confrontando la tradizione greca con quella orientale.\nLa poesia ellenistica e quella romana, sebbene ormai composte soltanto con finalità letterarie e non come supporto per il culto, contengono comunque molti importanti dettagli di tipo mitologico, che sarebbero andati altrimenti perduti. Questa categoria include:.\n\nLe opere dei poeti ellenistici Apollonio Rodio, Callimaco, Lo pseudo-Eratostene e Partenio di Nicea.\nLe opere dei poeti romani Ovidio, Stazio, Gaio Valerio Flacco, Seneca e Virgilio con il commentario di Servio Mario Onorato.\nLe opere dei poeti greci di epoca più tarda Nonno di Panopoli, Antonino Liberale e Quinto di Smirne.\nGli antichi romanzi di Apuleio, Petronio, Lolliano ed Eliodoro.Le Fabulae e gli Astronomica, opere dello Pseudo-Igino che adottava uno stile simile a quello classico romano, sono due importanti compendi mitologici scritti in prosa. Altre due utili fonti sono le Immagini di Filostrato il vecchio e Filostrato il giovane e le Descrizioni di Callistrato.\nPer concludere, un certo numero di scrittori greco-bizantini riportano importanti dettagli mitologici tratti da opere greche andate perdute: tra i loro testi più importanti si ricordano il Lexicon di Esichio, la Suda, i saggi di Giovanni Tzetzes e di Eustazio di Salonicco.\n\nFonti archeologiche.\nLa scoperta delle rovine della civiltà micenea, da parte dell'archeologo.\ntedesco Heinrich Schliemann (XIX secolo), e di quelle della civiltà minoica a Creta, per mano dell'archeologo britannico Arthur Evans (XX secolo), è stata di grande aiuto per capire meglio il contesto storico-culturale dei poemi omerici e grazie ai molti reperti archeologici rinvenuti nelle campagne di scavo è stato possibile comprendere alcuni particolari dei racconti mitologici. Sfortunatamente le testimonianze trovate nei siti micenei e cretesi sono esclusivamente di tipo monumentale, dato che la scrittura Lineare B (un'antica forma di lingua trovata sia sull'isola di Creta sia nella Grecia continentale) era principalmente utilizzata per redigere registri e inventari, anche se talvolta, non senza qualche incertezza, è possibile rintracciare su queste tavolette i nomi di dei ed eroi.\nI disegni geometrici sui manufatti di ceramica risalenti all'VII secolo a.C. ritraggono scene tratte dal ciclo troiano e dalle avventure di Eracle. Queste rappresentazioni grafiche di scene mitologiche sono importanti per due diverse ragioni: da un lato è stata trovata la testimonianza di molti miti greci su vasi di epoche anteriori a quelle delle fonti letterarie (delle dodici fatiche di Eracle, soltanto l'episodio con Cerbero è stato trovato prima su una fonte letteraria), dall'altro le fonti tratte da oggetti d'arte talvolta ritraggono miti e scene mitologiche che non sono affatto presenti in testi scritti. In alcuni casi la rappresentazione di un mito sui vasi del periodo geometrico ha preceduto di parecchi secoli la prima testimonianza scritta da noi conosciuta.\n\nAnalisi storica dei miti.\nLa mitologia dei popoli greci non è stata un 'corpus' immobile ed immutabile, ma nel corso del tempo è cambiata, adeguandosi all'evoluzione della loro cultura. I primi abitanti della penisola balcanica erano un popolo di agricoltori che tendeva ad attribuire il dominio di uno spirito ad ogni aspetto della natura. Queste vaghe entità spirituali finirono per assumere un aspetto umano ed entrarono a far parte della mitologia locale con il ruolo di dei e dee. Quando la zona venne invasa da tribù provenienti dal nord della penisola, queste popolazioni portarono con sé il culto di nuove e diverse divinità, che erano in relazione con la conquista, la forza, il valore in battaglia, l'eroismo e la violenza. Alcune delle vecchie divinità create dalla precedente società rurale fusero i propri aspetti con quelle portate da questi potenti invasori, altre finirono per essere soppiantate e dimenticate.\nVerso la metà dell'epoca arcaica divennero sempre più frequenti leggende riguardanti le relazioni tra divinità maschili ed eroi, fatto che indica il parallelo sviluppo in questo periodo dell'abitudine della pederastia pedagogica (Eros paidikos, παιδικός ἔρως), sebbene la pratica si sia largamente diffusa attorno al 630 a.C. Entro la fine del V secolo a.C. i poeti avevano attribuito un eromenos ad ognuno degli dei più importanti, eccettuato Ares, e a molti altri personaggi leggendari. Anche miti precedentemente esistenti, come quello di Achille e Patroclo, furono riletti in chiave omosessuale. In periodi successivi, dapprima i poeti Alessandrini e poi i mitografi della prima età imperiale romana adattarono spesso, adeguandoli alla loro cultura, la storia dei personaggi della mitologia greca.\nLa poesia epica creò una serie di cicli di leggende, con il risultato di sviluppare una qualche forma di cronologia mitologica: in questo modo le storie narrate dalla mitologia greca finirono praticamente per narrare una fase dell'evoluzione del mondo e dell'uomo. Le molte contraddizioni evidenti tra le varie leggende rendono impossibile ricostruire una linea cronologica completa, ma se ne può almeno abbozzare una approssimativa. Si può dividere la storia del mondo secondo la mitologia in 3 ampi periodi:.\n\n'I miti delle origini' ovvero 'L'età degli dei' (Theogonies, 'nascite degli dei') – Si tratta di miti riguardanti le origini del mondo, degli dei e della razza umana.\n'L'epoca in cui gli dei e gli uomini vivevano insieme liberamente' – Racconti delle prime interazioni tra dei, semidei e mortali.\n'L'epoca degli eroi' ovvero 'L'età eroica' – In questo periodo gli dei erano meno attivi e meno presenti. Le ultime e più importanti tra le leggende di questo periodo sono quelle legate alla guerra di Troia e agli avvenimenti successivi (alcuni studiosi tendono a considerarle in una categoria a parte).L'epoca degli dei è stata spesso considerata la più interessante dagli studiosi contemporanei, ma gli autori greci delle epoche arcaica e classica mostrano invece una spiccata preferenza per l'epoca degli eroi. Ad esempio l'Iliade e l'Odissea, per il successo riscosso e le stesse dimensioni dei testi, fecero apparire la Teogonia e gli Inni Omerici, le cui narrazioni erano incentrate sugli dei, come delle opere minori. Sotto l'influenza delle opere di Omero il 'culto degli eroi' portò ad una revisione di alcune concezioni religiose, che si tradusse nella separazione tra il regno degli dei da quello dei morti (gli eroi), e tra le divinità olimpiche da quelle ctonie. Ne Le opere e i giorni, Esiodo si serve dello schema delle quattro Età dell'uomo: L'età dell'Oro, dell'Argento, del Bronzo e del Ferro. Queste età sono state create dagli dei separatamente; l'età dell'oro si riferisce al regno di Crono, mentre quelle successive sono opera di Zeus. Esiodo pone l'età degli eroi subito dopo quella del bronzo. L'ultima, quella del ferro, è quella in cui viveva il poeta stesso. Egli la considera la peggiore, in quanto nel mondo ha fatto la sua comparsa il male, come viene spiegato dal mito di Pandora. Nella sua opera, Le metamorfosi, Ovidio segue lo stesso schema delle quattro età introdotto da Esiodo.\n\nL'Età degli dèi.\nCosmogonia e cosmologia.\n'I miti dell'origine', o 'miti della creazione', rappresentano un tentativo di tradurre l'universo in termini comprensibili all'uomo e di spiegare l'origine del mondo. Il racconto tradizionalmente più diffuso e accettato degli inizi del mondo è quello narrato nella Teogonia di Esiodo. Tutto comincia con il Caos, un enorme ed indistinto nulla. Dal vuoto del caos apparve Gea (la Terra) con alcune altre divinità primordiali: Eros (l'Amore), l'Abisso (il Tartaro) e i gemelli Nyx (la notte) ed Erebo (l'oscurità). Gea, senza la collaborazione di alcuna figura maschile, generò Urano (il cielo), che una volta nato la fecondò. Dalla loro unione per primi nacquero i Titani, sei maschi e sei femmine: Oceano, Ceo, Crio, Iperione, Giapeto, Teia, Rea, Temi, Mnemosine, Febe, Teti e Crono. Poi nacquero i monocoli Ciclopi (Bronte, Sterope e Arge) e gli Ecatonchiri (Briareo, Gige e Cotto) dalle cento mani. Urano getta i figli nel Tartaro per paura di perdere per causa loro il posto di re, in quanto marito di Gea, del creato.\nCrono – 'l'astuto più giovane e terribile dei figli di Gea' – venne salvato dalla madre Gea e poté così vendicare i suoi fratelli. Evirò il padre e divenne il sovrano dei titani prendendo come moglie la sorella Rea, mentre gli altri Titani andarono a comporre la sua corte. Da Rea ebbe diversi figli che, per paura che lo spodestassero, mangiò uno ad uno. Ma non il più piccolo, Zeus, che Rea riuscì a nascondere affidandolo alle cure della capra Amaltea e che sostituì con una pietra ravvolta in fasce e in panni. Crono, ignaro della sostituzione, ingoiò quello che credeva l'ultimo dei suoi figli. Una volta adulto Zeus affrontò suo padre e lo costrinse a bere un farmaco che gli fece vomitare tutti i figli che aveva divorato, infine lo sfidò scatenando una guerra per il trono degli dei. Alla fine, con l'aiuto dei Ciclopi (che aveva liberato dal Tartaro) e di Campe, Zeus e i suoi fratelli e sorelle riuscirono ad avere la meglio, mentre Crono ed i Titani furono gettati a loro volta nel Tartaro e lì imprigionati.\nNell'opinione dei primi antichi Greci che si occuparono di poesia, la teogonia era considerata un prototipo poetico – il prototipo del 'mito' – e non si era lontani dall'attribuirle poteri magici. Orfeo, l'archetipo del poeta, era considerato anche il primo compositore di teogonie, delle quali nelle Argonautiche di Apollonio si serve per placare i mari e le tempeste e per commuovere gli induriti cuori degli dei dell'oltretomba durante la sua discesa all'Ade. Quando Ermes nell''Inno Omerico ad Ermes' inventa la lira, la prima cosa che fa è usarla per cantare la nascita degli dei.\nLa Teogonia di Esiodo non è soltanto la più completa descrizione delle leggende sugli dei giunta fino a noi ma anche, grazie alla lunga invocazione preliminare alle Muse, una fondamentale testimonianza di quale fosse il ruolo del poeta durante l'epoca arcaica. La teogonia fu il soggetto di molti poemi andati perduti – tra cui quelli attribuiti ad Orfeo, Museo, Epimenide, Abaride e ad altri leggendari cantori – che venivano usati nel corso di segreti rituali di purificazione e riti misterici. Alcuni indizi suggeriscono che Platone conoscesse bene alcune versioni della teogonia Orfica. Di queste opere non restano che pochi frammenti all'interno di citazioni dei filosofi neoplatonici e su alcuni brandelli di papiro rinvenuti solo da poco nel corso di scavi archeologici. Uno di questi frammenti, il Papiro di Derveni, prova come almeno nel V secolo a.C. un poema teo-cosmogonico attribuito ad Orfeo esistesse veramente. In questo poema, che tentava di superare il valore di quello di Esiodo, la genealogia divina veniva ampliata con l'aggiunta di Nyx (la Notte), che nella linea temporale andava a posizionarsi prima di Urano, Crono e Zeus.\nI primi filosofi naturalisti si opposero, o talvolta le usarono come base di partenza per le loro teorie, alle convinzioni popolari basate sulla mitologia e diffuse nel mondo greco. Alcune di queste idee possono essere rintracciate nelle opere di Omero e di Esiodo. In Omero la terra è concepita come un disco piatto che galleggia sul fiume Oceano, sovrastato da un cielo emisferico su cui si muovono il sole, la luna e le stelle. Il sole, Elio, attraversava i cieli alla guida del suo carro, mentre di notte si pensava che si spostasse attorno alla terra riposando in una coppa d'oro. Il sole, la terra, il cielo, i fiumi e i venti potevano essere oggetto di preghiere e chiamati a testimoni di giuramenti. Le cavità naturali erano generalmente interpretate come degli ingressi verso il mondo sotterraneo dell'Ade, la casa dei morti.\n\nGli dèi olimpici.\nDopo la cacciata dei Titani, emerse un nuovo pantheon di esseri immortali composto da Dei e Dee. Tra le principali divinità greche spiccano gli Olimpi (la determinazione del loro numero a dodici sembrerebbe essere un'idea relativamente moderna), che risiedevano sulla cima del Monte Olimpo sotto la guida di Zeus. Oltre agli Olimpi, i Greci venerarono diverse divinità agresti come il dio-capra Pan, le Ninfe, le Naiadi (che abitavano le sorgenti), le Driadi (che dimoravano negli alberi), le Nereidi (abitatrici dei mari), gli dei fluviali, i Satiri e altre. Oltre a queste esistevano le oscure forze del mondo sotterraneo come le Erinni (o Furie), che si credeva perseguitassero chi avesse commesso crimini contro i propri consanguinei. In onore degli dei del pantheon greco, i poeti composero gli Inni omerici (una raccolta di 33 canti).\nNei moltissimi miti e leggende di cui si compone la mitologia greca, le divinità sono descritte come esseri immortali dotati di un corpo idealizzato ma assolutamente reale. Secondo Walter Burkert la caratteristica qualificante dell'antropomorfismo greco è che 'gli dei greci sono persone, non astrazioni, idee o concetti'. Al di là del loro aspetto, gli antichi dei greci erano dotati di fantastiche capacità; tra le più significative c'era l'immunità verso qualsiasi tipo di malattia e il poter essere feriti solo se si fossero verificate alcune circostanze straordinarie. I Greci pensavano che l'immortalità fosse una caratteristica distintiva dei loro dei; era assicurata loro, al pari dell'eterna giovinezza, dal costante consumo di nettare e ambrosia, che rinnovavano il sangue divino che scorreva nelle loro vene.\n\nOgni dio ha la propria genealogia, persegue i propri scopi e interessi, è dotato di specifiche capacità e possiede una personalità unica e chiaramente distinguibile da quelle degli altri; tuttavia queste descrizioni provengono da diverse varianti locali delle leggende, e queste varianti talvolta sono in contrasto tra di loro. Quando questi dei venivano invocati nei componimenti poetici, nelle preghiere o durante i rituali di culto, ci si rivolgeva loro combinando il loro nome con uno o più epiteti, che distinguevano tra le varie forme in cui gli dei stessi si potevano manifestare (ad esempio Apollo Musagetes indica 'Apollo la guida delle Muse').\nLa maggior parte degli dei era associata ad aspetti specifici della vita. Ad esempio, Afrodite era la dea dell'amore e della bellezza, Artemide dea della caccia, della luna e protettrice di animali, Ares della guerra, Ade dei morti e del sottosuolo e Atena della saggezza e delle arti. Alcune divinità, come Apollo e Dioniso, mostravano personalità complesse e si occupavano di vari aspetti della vita, mentre altre, come Estia o Elio, erano poco più che mere personificazioni. I templi greci più suggestivi e solenni furono dedicati per lo più ad un ristretto numero di dei, quelli il cui culto era centrale nella religiosità panellenica. Era comunque comune che singole regioni o villaggi fossero particolarmente devote anche a divinità minori considerate le loro protettrici. Inoltre, in molte città il culto delle divinità più note era praticato seguendo particolari rituali locali, che li associavano a strane leggende altrove del tutto sconosciute. Durante l'età eroica, il culto degli eroi e dei semidei si affiancò a quello delle divinità principali.\n\nL'età degli dèi e degli uomini.\nTra l'età in cui gli dei vivevano soli e quella in cui gli interventi divini negli affari umani diventarono limitati, ci fu un'epoca di transizione nella quale dei e uomini agivano fianco a fianco. Ciò accadde durante tempi immediatamente successivi alla creazione del mondo, in cui i due gruppi si unirono con molta più libertà di quanto non abbiano fatto in seguito. I racconti di queste vicende, la maggior parte dei quali fu successivamente riportata nelle Metamorfosi di Ovidio, possono essere suddivisi in due categorie tematiche: i racconti d'amore e i racconti delle punizioni.\nI racconti d'amore spesso narrano di incesti, oppure della seduzione o dello stupro di una donna mortale da parte di una divinità maschile, unioni dalle quali discendono gli eroi. L'insegnamento di queste storie generalmente è che le relazioni tra dei e mortali sono qualcosa da cui è meglio tenersi alla larga; anche le relazioni consensuali raramente terminano con un lieto fine. In alcuni casi è una divinità femminile che si accoppia con un mortale, come accade nell'Inno Omerico ad Afrodite, in cui la dea si giace con Anchise per generare Enea. Le nozze di Peleo e Teti, che portarono alla nascita di Achille, costituiscono un altro mito di questo secondo tipo.\n\nI racconti delle punizioni ruotano perlopiù attorno al furto o all'invenzione di alcune importanti scoperte culturali, come quando Prometeo ruba il fuoco agli dei, quando Tantalo sottrae il nettare e l'ambrosia dalla tavola di Zeus e li dà ai suoi sudditi rivelando loro i segreti degli dei, quando Prometeo o Licaone inventano i sacrifici, quando Demetra insegna i segreti dell'agricoltura e i Misteri eleusini a Trittolemo, o quando Marsia trova il flauto gettato sulla Terra da Atena e sfida Apollo ad una gara di abilità musicale. Un frammento di papiro anonimo, che si fa risalire al III secolo a.C., racconta in modo molto vivido la punizione che Dioniso infligge al re di Tracia Licurgo che aveva riconosciuto il dio con colpevole ritardo, ricevendone pene terribili che si sarebbero protratte anche nell'aldilà. La storia dell'arrivo di Dioniso in Tracia per fondarvi il proprio culto fu anche il soggetto di una trilogia tragica di Eschilo. In un'altra tragedia, Le Baccanti di Euripide, il re di Tebe Penteo viene punito da Dioniso perché gli ha mancato di rispetto ed ha spiato le sue Menadi.\nIn un'altra leggenda, basata su un antico racconto popolare dal tema simile, Demetra, mentre stava cercando la figlia Persefone, aveva assunto l'aspetto di una vecchia di nome Doso, godendo così dell'ospitalità del re di Eleusi Celeo. Per compensarlo dell'accoglienza offerta, Demetra progettò di trasformarne il figlio Demofoonte in un dio, ma non riuscì a completare il necessario rituale perché la madre Metanira, vedendo il figlio tra le fiamme del focolare, la interruppe gridando spaventata. Demetra se ne ebbe a male e si lamentò dell'incomprensione che gli stupidi mortali riservano ai riti divini.\n\nL'età degli eroi.\nLa poesia epica e genealogica creò dei cicli di leggende che si raggruppavano attorno alla figura di determinati eroi o che sviluppavano la storia di alcuni eventi. In questo modo si spiegavano inoltre le relazioni familiari e le discendenze di eroi che figuravano in leggende diverse, finendo per riordinare le leggende stesse in una successione abbastanza stabile.\nIn seguito all'incremento dell'abitudine al culto degli eroi, gli dei e gli eroi finirono per fare parte di un unico immaginario sacro, venendo invocati insieme nei giuramenti e nelle preghiere. Contrariamente a quanto accadde durante l'età degli dei, nel corso dell'età eroica il numero degli eroi non rimase fisso e non vi fu mai un loro elenco definitivo: mentre non si parlò più della nascita di nuovi grandi dei, eroi nuovi continuavano a sorgere nel corpus leggendario. Un'altra importante differenza tra i due culti è che l'eroe locale diventa il centro dei culti locali e le popolazioni delle varie zone e città si identificano in esso.\nLe grandiose avventure di Eracle secondo molti rappresentano l'inizio dell'età degli eroi. A quest'epoca può essere senz'altro attribuita anche la creazione dei miti di tre grandi leggendarie imprese militari: la spedizione degli Argonauti, la guerra di Troia e la guerra Tebana.\n\nEracle e i suoi discendenti.\nÈ possibile che ad ispirare la figura di Eracle e le complesse leggende che lo riguardano sia stato un uomo realmente esistito; forse si trattò di un condottiero militare al servizio del regno di Argo. Tuttavia, secondo la tradizione Eracle era figlio di Zeus e di Alcmena, la nipote di Perseo. Le sue incredibili imprese, molte delle quali tratte dal folklore locale, fornirono una gran mole di spunti per le leggende più note. Fu ritratto come molto devoto e dedito alla costruzione di altari, famoso però per il suo eccezionale appetito; questo è il ruolo in cui appare nei racconti più leggeri e divertenti, mentre la sua terribile fine è stata fonte di ispirazione per i tragediografi. Nelle opere d'arte e in quelle letterarie Eracle fu rappresentato come un uomo estremamente muscoloso e forte, ma non eccessivamente alto; l'arma di cui solitamente si serviva era l'arco, ma usava frequentemente anche una clava. Le decorazioni sugli oggetti ceramici dimostrano l'incomparabile popolarità raggiunta da Eracle: solo la sua lotta contro il Leone di Nemea venne dipinta centinaia di volte.\nLa figura di Eracle venne recepita anche dalle mitologie romana ed etrusca e l'esclamazione 'Mehercule!' divenne abituale tra i Romani come 'Herakleis!' lo era tra i Greci. In Italia fu venerato come una divinità protettrice di mercanti e commercianti, anche se alcuni continuavano ad invocarlo, secondo tradizione, perché concedesse loro fortuna e li salvasse dai pericoli.\nLa figura di Eracle fu accostata alle classi sociali più illustri attribuendogli il ruolo di progenitore della dinastia reale dorica. Questa leggenda probabilmente servì per legittimare a posteriori la migrazione del popolo dorico nel Peloponneso. Illo, l'eroe eponimo della stirpe dorica, fu trasformato nel figlio di Eracle e incluso tra gli Eracleidi (i numerosi discendenti di Eracle, specialmente dalla linea che fa capo ad Illo stesso – altri Eracleidi furono Macaria, Lamo, Manto, Bianore, Tlepolemo e Telefo). I sedicenti Eracleidi nel Peloponneso conquistarono i regni di Micene, Sparta e Argo rivendicando, secondo quanto sostenuto nelle leggende, il loro diritto a governare derivante dagli illustri progenitori. La loro ascesa al potere è stata spesso denominata come Invasione Dorica. In epoche successive anche gli appartenenti alle case regnanti di Lidia e Macedonia assunsero il titolo di Eracleidi.\nAltri esponenti di questa prima generazione di eroi, come Perseo, Deucalione, Teseo e Bellerofonte, condividono con Eracle alcuni tratti comuni: tutti compiono le loro imprese da soli e queste imprese, nelle quali sconfiggono mostri come Medusa o la Chimera, possiedono molti elementi fantastici e simili a quelli delle fiabe. Anche l'intervento degli dei che mandano l'eroe verso la morte è un tema ricorrente di questa prima tradizione eroica, come mostrano le leggende di Perseo e Bellerofonte.\n\nGli Argonauti.\nL'unico poema epico sopravvissuto dell'epoca Ellenistica sono Le Argonautiche di Apollonio Rodio (poeta, studioso e direttore della Biblioteca di Alessandria) che narrano la leggenda del viaggio di Giasone e degli Argonauti intrapreso per riprendere il Vello d'oro nel mitico paese della Colchide. Nelle Argonautiche Giasone è spinto all'impresa dal re Pelia, che aveva saputo da una profezia che un uomo con un solo sandalo sarebbe stato la sua nemesi. Giasone arriva a corte dopo aver appunto perso un sandalo nel fiume e da questo antefatto prende il via l'avventura. Quasi tutti gli eroi di questa seconda generazione accompagnano Giasone sulla nave Argo nella sua ricerca del Vello d'oro: tra gli altri ci sono Eracle, i Dioscuri, Atalanta e Meleagro al quale era stato dedicato un ciclo epico che rivaleggiava con Iliade e Odissea. Sia Pindaro che Apollonio che lo Pseudo-Apollodoro si sforzarono nelle loro opere di dare un elenco completo degli ArgonautiApollonio compose il suo poema nel III secolo a.C., ma la leggenda originaria è in realtà precedente all'Odissea, nelle cui pagine si possono trovare rimandi alle imprese di Giasone, tanto che la storia dei vagabondaggi e delle avventure di Odisseo potrebbe esserne stata ispirata. Nell'antichità la spedizione fu considerata un fatto storico effettivamente accaduto, ed interpretata come un episodio della storia dell'apertura al commercio e alla colonizzazione greca nell'area del Mar Nero. La leggenda godette comunque di una grande popolarità, anche grazie al gran numero di leggende locali che, fondendosi con essa, finirono per creare un ciclo epico. In particolare, il personaggio di Medea catturò l'immaginazione dei poeti tragici divenendo fonte di ispirazione per molti componimenti Ψ.\n\nLa Casa di Atreo e il Ciclo Tebano.\nTra quella degli Argonauti e quella che si cimentò nella guerra di Troia, ci fu una generazione di eroi conosciuta principalmente per essersi macchiata di orribili crimini: tra questi spiccano Atreo e Tieste. Dietro al mito della casata di Atreo (che insieme con quella di Labdaco è una delle due dinastie eroiche più importanti) si nasconde l'eterno problema del passaggio di mano del potere e delle modalità di accesso al trono. I due fratelli e i loro discendenti rivestono un ruolo fondamentale nel drammatico passaggio di potere nella città di Micene.Il Ciclo tebano tratta soprattutto delle vicende legate a Cadmo, il fondatore della città, e successivamente della storia di Laio ed Edipo; si tratta di una serie di vicende che portano alla fine al saccheggio della città per mano dei Sette contro Tebe (non è chiaro se le figure di questi sette eroi fossero già presenti nei miti antichi) e degli Epigoni. Per quanto riguarda Edipo, i miti originari sembrerebbero raccontare una storia diversa da quella che è diventata famosa attraverso la tragedia di Sofocle e le leggende più tarde: pare infatti che, dopo aver scoperto che Giocasta era sua madre, continuò ugualmente a governare la città, prendendo però in moglie un'altra donna che gli assicurasse la discendenza Ψ.\n\nLa Guerra di Troia e gli eventi successivi.\nLa mitologia greca raggiunge il suo momento più significativo con la guerra di Troia, combattuta tra Greci e Troiani, e le vicende ad essa successive. Le linee principali di questo ciclo di leggende furono tratteggiate da Omero, mentre in epoche successive altri poeti e drammaturghi elaborarono e svilupparono le storie di vari singoli personaggi. Grazie alla storia del condottiero troiano Enea, raccontata da Virgilio nell'Eneide, la guerra di Troia finì per rivestire una certa importanza anche nella mitologia romana.\nIl ciclo della guerra di Troia, una raccolta di poemi epici, narra il racconto degli eventi che fecero da prodromi alla guerra stessa: tra questi le leggende di Eris e la mela d'oro, del giudizio di Paride, del rapimento di Elena, e del sacrificio di Ifigenia in Aulide. Per riprendere Elena i greci organizzarono una grande spedizione militare sotto il comando del fratello di Menelao, il re di Micene Agamennone, ma i Troiani rifiutarono di restituire la donna. L'Iliade, ambientata durante il decimo anno di guerra, racconta della lite tra Agamennone e Achille, il migliore dei guerrieri greci, e delle conseguenti morti in battaglia dell'amico di Achille Patroclo, e di Ettore, figlio di Priamo e comandante in capo dell'esercito troiano. Dopo la morte di Ettore, alle forze troiane si unirono due esotici alleati: la regina delle Amazzoni Pentesilea ed il re degli Etiopi Memnone, figlio della dea dell'aurora Eos.\nAchille uccise entrambi questi nuovi guerrieri, ma Paride riuscì a sua volta ad abbattere l'eroe greco con una freccia. Prima di poter conquistare la città, i Greci furono costretti a rubare dall'acropoli di Troia la statua di lignea di Atena, il Palladium.\nAlla fine, con l'aiuto della dea, costruirono il celebre cavallo di legno che i Troiani, nonostante gli avvertimenti della profetessa Cassandra e del sacerdote Laocoonte, portarono entro le mura, persuasi da Sinone, un acheo fintosi disertore. Quella stessa notte la flotta greca ritornò in segreto ed i guerrieri nascosti nel cavallo fecero irruzione in città, che venne saccheggiata e poi distrutta. Priamo e i suoi figli rimasti furono uccisi, mentre le donne di Troia furono incluse nel bottino di guerra e portate in Grecia come schiave.\nGli avventurosi viaggi di ritorno dei capi dei greci sono narrati in due poemi epici: i Ritorni (Nostoi andato perduto) e l'Odissea di Omero. Il ciclo delle leggende relative alla guerra di Troia include anche le avventure di alcuni dei figli degli eroi, come Telemaco ed OresteLa Guerra di Troia fornì una notevole quantità di spunti per gli artisti delle epoche successive e fu fonte di ispirazione per opere come le metope del Partenone che rappresentano appunto scene tratte dal saccheggio della città; questa predilezione mostra piuttosto chiaramente l'importanza che questo ciclo di storie ebbe per l'antica civiltà greca.\n\nGenealogia degli dei.\nDivinità e altre figure mitologiche.\nDivinità dell'Olimpo.\nAde - fratello di Zeus e dio degli Inferi, dei morti e delle ricchezze della terra (a differenza dei fratelli non ha un trono sull'Olimpo).\nAfrodite - dea dell'amore, della seduzione e della bellezza.\nApollo - dio della luce, della musica, dell'arte, della poesia, della medicina, della malattia, della conoscenza e della scienza, del tiro con l'arco, dell'ordine e della profezia.\nAres - dio della guerra sanguinaria, degli spargimenti di sangue e della violenza.\nArtemide - sorella gemella di Apollo e dea della caccia, della natura selvaggia, degli animali e della luna.\nAtena - dea della saggezza, della strategia militare, delle arti utili, dell'ingegno, della guerra condotta per causa giusta e dell'artigianato.\nDemetra - dea dell'agricoltura, delle piante, della natura e della fertilità.\nDioniso - dio del vino, dell'energia vitale, dell'ebrezza, delle feste e dei banchetti.\nEfesto - dio del fuoco, delle armi, della tecnologia, dei fabbri e della metallurgia.\nEra - moglie di Zeus, dea della fedeltà coniugale e del matrimonio.\nEracle - dio della forza giunto all'Olimpo in seguito alla sua vita terrena. Figlio illegittimo di Zeus dalla forza straordinaria, che divenne un dio in seguito alle sue eroiche imprese.\nErmes - messaggero degli dèi, dio dei ladri, dei mercanti, delle strade, dei commerci, degli inganni, degli alchimisti, dell'eloquenza, della furbizia e dei viandanti.\nEstia - dea della casa e del fuoco sacro (acceso per onorare le divinità), cedette il suo posto tra le divinità dell'Olimpo a Dioniso.\nPoseidone - fratello di Zeus e dio del mare, delle acque, della navigazione e dei terremoti.\nZeus - re degli dèi e sovrano dell'Olimpo, dio dei fulmini, dei fenomeni atmosferici e dei cieli.\n\nAltri personaggi della mitologia.\nAcheloo - dio del fiume dell'Etolia, figlio di Oceano e Teti.\nAlfeo - dio del fiume con questo nome che scorre nel Peloponneso.\nAlfito - dea seminatrice del grano bianco.\nAmazzoni - gruppo di donne guerriere, che rifiutavano gli uomini.\nAsclepio - dio dei medici (per i Romani Esculapio).\nAstrea - dea della giustizia, trovando troppa iniquità tra gli uomini andò a vivere tra le stelle.\nBorea - dio del vento del nord e dell'inverno.\nCabiri - gruppo di divinità adorate in Samotracia, Egitto e Menfi.\nCariti, più note nella loro versione romana di Grazie - dee della bellezza e forze della vegetazione: Aglaia, Eufrosine, Talia.\nEbe - coppiera degli dei, dea della giovinezza.\nEcate - dea della profezia, della luna e della notte, della nebbia, degli incroci (trivii), della magia, della stregoneria e delle streghe e dei maghi.\nEnio - dea della guerra.\nEolo – dio dei venti.\nEos - dea dell'aurora.\nErinni o Eumenidi - divinità femminili delle pene e della vendetta.\nEris - dea del caos e della discordia.\nEros - dio dell'amore passionale.\nEsperidi - ninfe del tramonto figlie del titano Atlante, proteggono un albero dalle mele d'oro.\nGea o Gaia - dea primordiale della terra, madre dei Titani ed essenza della natura.\nGlauco - divinità marina.\nIacco - dio che guida la processione degli iniziati ai misteri eleusini.\nIlizia - dea che presiede il parto.\nImeneo - dio che guida il corteo nuziale.\nIris - dea dell'arcobaleno.\nMeti - figlia di Oceano, divinità dell'intelligenza astuta e della prudenza, madre di Atena.\nMnemosine - dea della memoria, madre delle Muse.\nMoire - personificazione del destino di ciascuno.\nMuse - cantatrici divine che presiedono al pensiero in tutte le sue forme.\nCalliope - musa della letteratura.\nClio - musa della storia.\nErato - musa della poesia erotica.\nEuterpe - musa della musica.\nMelpomene - musa della tragedia.\nPolimnia - musa della poesia religiosa.\nTalia - musa della commedia.\nTersicore - musa della danza.\nUrania - musa dell'astronomia.\nNaponos - divinità della intelligenza, adorata in Magna Grecia.\nNarciso - personaggio dell'amor di sé e della bellezza maschile.\nNefele - Dea delle nubi.\nNereo - divinità marina, figlio di Ponto e Gaia.\nNike - dea che personifica la Vittoria.\nNyx o Notte - dea della notte che ha generato Emera ed Etere assieme ad Erebo, nonché le Personificazioni.\nOre - divinità delle stagioni.\nPan - dio dei satiri e delle selve e dei greggi.\nPartenope - ecista fondatrice della città omonima (nucleo originario di Napoli) divinizzata dopo la morte.\nPersefone - figlia di Demetra rapita da Ade e divenuta sua moglie e la regina dei morte e la dea della primavera.\nLe Personificazioni, generate dalla Notte: sono Apate, Ker, Moros, gli Oneiroi, Tanato, Eris, Hypnos, Nemesi, Geras, Momo, Oizys, Philotes.\nPleiadi - 7 sorelle figlie del gigante Atlante.\nPluto - dio della ricchezza.\nPonto - personificazione maschile del mare.\nPrassidiche - Triade divina della giusta punizione e della vendetta.\nPriapo - dio agreste della potenza maschile.\nProteo - dio del mare incaricato di pascolare gli animali marini di Poseidone.\nSelene - divinità che guida il moto della Luna.\nSibilla - antichissima profetessa di Cuma divinizzata dopo la morte.\nStige - fiume degli inferi, dio dei giuramenti sacri, se si giura sullo Stige la promessa sarà sempre mantenuta anche dagli dei.\nTanato - dio alato che personifica la morte.\nTartaro - la personificazione regione più profonda del mondo, sotto gli inferi.\nTiche - dea della fortuna, il caso divinizzato.\nTitani e Titanidi - 6 figli e 6 figlie di Urano e Gaia.\nAtlante - Titano che reggeva il mondo sulle sue spalle.\nCrono - padre delle prime sei divinità dell'Olimpo, Titano.\nElio - patrono del sole, Titano.\nFebe - figlia di Urano, a cui si attribuisce la fondazione dell'oracolo di Delfi, Titana.\nGiapeto - Titano della prima generazione, figlio di Urano e Gaia.\nIperione - Titano dell'Oriente. Splende come il sole e può infiammarsi per attaccare.\nOceano - personificazione dell'acqua che circonda il mondo, Titano.\nRea - madre delle prime sei divinità dell'Olimpo, Titana.\nTemi - dea della legge, Titana.\nTeti – Titana.\nTritone - dio marino.\nUrano - primordiale dio dei cieli, padre dei Titani.\nZefiro - dio del vento di ponente.\nEuridice - ninfa.\nNemesi - dea della vendetta e del bilanciamento e dei sacrifici.\nHypnos - dio del sonno.\nPiria - battelliere di Itaca (protagonista di un famoso episodio)Vedi anche Semidei, le Driadi, i Fati, le Erinni, le Grazie, le Ore, le Muse, le Ninfe, le Pleiadi, i Titani, le Graie, le Gorgoni.\n\nL'importanza dei miti nella cultura greca.\nLa conoscenza della mitologia era profondamente radicata e faceva parte della vita quotidiana degli antichi greci. I Greci consideravano la mitologia come parte della loro storia. Si servivano dei miti per spiegare sia i fenomeni naturali, sia le diversità culturali e le inimicizie e alleanze politiche. Provavano un sincero orgoglio quando pensavano di essere riusciti a scoprire che la linea genealogica di uno dei loro re o leader risaliva fino ad un dio o a un eroe. Pochi credevano che i racconti dell'Iliade e dell'Odissea non corrispondessero ad eventi effettivamente accaduti. La profonda conoscenza dell'epica omerica era considerata dai Greci come la base del loro processo di accrescimento culturale. Omero era 'l'istruzione della Grecia' (Ἑλλάδος παίδευσις), e i suoi componimenti 'Il Libro'.\n\nLa filosofia e il mito.\nVerso la fine del V secolo a.C. videro la luce i primi scritti filosofici e storici ispirati a un pensiero razionale e il destino dei racconti mitologici si fece incerto, anche perché si stava facendo largo una concezione della storia, come quella di Tucidide, che tendeva a escludere dalle genealogie le discendenze sovrannaturali: mentre i poeti e i drammaturghi stavano rielaborando gli antichi miti, gli storici e i filosofi cominciarono a criticarli.\nAlcuni filosofi come Senofane di Colofone già a partire dal VI secolo a.C. avevano cominciato a bollare i racconti dei poeti come menzogne blasfeme; Senofane lamentava che Omero ed Esiodo attribuissero agli dei «tutto ciò che è vergognoso e riprovevole tra gli uomini: rubano, commettono adulterio e si ingannano l'un l'altro». Questo modo di pensare trova la sua più compiuta espressione nella Repubblica e nelle Leggi di Platone. Il filosofo creò una propria mitologia allegorica, attaccò i racconti tradizionali e si oppose al ruolo centrale che avevano fino ad allora nella letteratura greca. La critica di Platone (definiva gli antichi miti 'chiacchiere da donnette') rappresentò la prima vera sfida alla tradizione omerica. Da parte sua, Aristotele criticò l'approccio filosofico dei Presocratici, ancora influenzato dai miti, e sottolineò che «Esiodo e i compositori di Teogonie si occupavano solo di ciò che sembrava vero a loro stessi, senza avere rispetto per noi […] Ma non vale la pena prendere sul serio scrittori che si basano sulla mitologia; da buoni studiosi che si preoccupano di provare le loro affermazioni, dobbiamo mettere le loro teorie alle strette».\nNeppure Platone fu comunque in grado di sottrarre pienamente se stesso, né tantomeno la società del tempo, dall'influenza esercitata dai miti: la caratterizzazione che fa nei suoi scritti del personaggio di Socrate è infatti chiaramente basata su modelli omerici e tragici tradizionali, dei quali il filosofo si serve per celebrare la virtuosa vita del suo maestro.Alcuni studiosi ritengono che il rifiuto della tradizione omerica propugnato da Platone non sia stato comunque effettivamente recepito dalla società greca. Gli antichi miti continuarono ad essere mantenuti vivi nei culti locali e continuarono costituire fonte di ispirazione per poeti, pittori e scultori.Nel V secolo a.C. Euripide, muovendosi con maggiore leggerezza, spesso giocò con le antiche tradizioni, parodiandole e facendo notare i suoi dubbi in materia attraverso le voci dei personaggi dei suoi lavori, le cui trame sono comunque tutte ispirate ai miti stessi. Molte di queste opere furono scritte come risposta a precedenti versioni delle leggende: Euripide si occupa soprattutto delle storie che riguardano gli dei e le critica in modo simile a quello di Senofane, facendo notare come gli dei, nell'immaginario tradizionale, assomiglino agli uomini in maniera fin troppo grossolana '.\n\nIl razionalismo ellenistico e romano.\nDurante l'epoca ellenistica, la conoscenza della mitologia cominciò ad essere considerata come un segno di profonda cultura, e chi ne fosse stato in possesso come appartenente ad una classe sociale e culturale elevata. Allo stesso tempo, la virata verso un approccio scettico nei suoi confronti divenne ancor più accentuata. Il mitografo greco Evemero inaugurò l'abitudine di ricercare le basi storiche e reali a cui far risalire l'origine degli antichi miti. Nonostante la sua opera Sacra scrittura sia andata perduta, si è potuto ricostruirne gran parte del contenuto grazie a quanto riportato nelle opere di Diodoro Siculo e Lattanzio.La razionalizzazione dell'ermeneutica del mito fu un procedimento che diventò ancora più popolare in epoca imperiale romana, grazie alle teorie materialiste dei filosofi stoici ed epicurei. Gli stoici spiegavano gli dei e gli eroi come interpretazioni fantasiose di fenomeni naturali, mentre gli evemeristi li vedevano come adattamenti di figure storiche. Gli stoici e i neoplatonici valorizzavano però anche il significato morale posseduto dalle tradizioni mitologiche, spesso basandosi sull'etimologia dei nomi greci. Lucrezio, con il suo insegnamento ispirato alla filosofia epicurea, tentò di estirpare le paure dettate dalla superstizione derivante dalla mitologia dalle menti dei suoi concittadini. Anche Tito Livio si mostra scettico nei confronti della tradizione mitologica e afferma che non intende dare giudizi su queste leggende (fabulae).Per i Romani, caratterizzati di un forte senso religioso e dalla tendenza alla mantenimento delle tradizioni, la sfida consisteva nel riuscire a difendere le tradizioni stesse ammettendo al tempo stesso che spesso si trattava di storie che fornivano terreno fertile allo sviluppo di mere superstizioni. L'erudito Marco Terenzio Varrone, che considerava la religione come un'istituzione umana di grande importanza per la conservazione del bene sociale, studiò a lungo e con rigore le origini dei culti religiosi. Nella sua opera Antiquitates rerum divinarum (opera andata perduta ma della quale La città di Dio di Agostino d'Ippona riporta lo schema generale) Varrone sostiene che, mentre le persone superstiziose temono gli dei, chi è dotato di un vero sentimento religioso li venera come fossero i propri genitori. Con il suo lavoro individua tre tipi di divinità:.\n\nGli dei della natura: personificazioni dei fenomeni naturali come la pioggia ed il fuoco.\nGli dei dei poeti: inventati da cantori senza troppi scrupoli per accendere le passioni.\nGli dei della città: inventati da saggi legislatori per lusingare e fornire spiegazioni alla popolazione.Anche Cicerone si mostra generalmente sprezzante verso i miti ma, come Varrone, sostiene con entusiasmo la religione di Stato e le sue istituzioni. È difficile dire con sicurezza fino a quale gradino della scala sociale si fosse diffuso questo atteggiamento razionalista: Cicerone afferma che nessuno (neppure le vecchie e i bambini) è così folle da temere i mostri dell'Ade, Scilla, i centauri o altre simili creature ma, d'altra parte, in altri passi l'oratore si lamenta del carattere superstizioso e credulone del popolo.\n\nLe spinte sincretistiche.\nNel corso dell'epoca romana fa la sua comparsa la tendenza da parte di alcuni strati di popolazione a fondere tra loro varie divinità greche e straniere, dando così origine a nuovi e sostanzialmente irriconoscibili culti. Questo processo di sincretizzazione era dovuto innanzitutto al fatto che la mitologia romana originale era alquanto scarna, e aveva inglobato in sé buona parte delle tradizioni mitologiche greche: in questo modo si può dire che già le maggiori divinità romane erano fuse con quelle greche. Oltre a questa precedente combinazione delle due tradizioni, l'accostarsi della civiltà romana ad ulteriori forme di religiosità di origine orientale portò a nuove contaminazioni e sincretismi. Ad esempio, il culto del Sole fu introdotto a Roma dopo le vincenti campagne militari di Aureliano in Siria. Le divinità asiatiche Mitra (ovvero il sole) e Baal finirono per essere fuse con Apollo ed Elio, dando vita al culto del Sol Invictus che riunisce riti e attributi diversi. Apollo tendenzialmente venne sempre più identificato con il sole, o talvolta anche con Dioniso, ma i testi scritti che riportano i miti a lui legati raramente tengono conto di questi sviluppi. La letteratura mitologica tradizionale era sempre più lontana da quelli che erano i culti in realtà praticati.\nAnche la raccolta degli Inni Orfici e i Saturnali di Macrobio, risalenti al II secolo sono influenzati dalle teorie razionaliste e dalle tendenze sincretistiche. Gli Inni orfici sono una raccolta di componimenti poetici di epoca preclassica attribuiti ad Orfeo, a sua volta oggetto di un mito mutato e rinnovato. In realtà questi poemetti furono composti da molti poeti diversi, e contengono molti interessanti riferimenti alla mitologia europea di epoca preistorica.\n\nInterpretazioni moderne.\nLa nascita delle moderne interpretazioni della mitologia greca è vista da alcuni studiosi come effetto della reazione avvenuta alla fine del XVIII secolo contro il «tradizionale atteggiamento cristiano di ostilità» dal quale era stata da sempre intrappolata la reinterpretazione cristiana dei miti, che li riduceva quindi a semplici favole o bugie. Verso il 1795 in Germania vi fu un crescente interesse verso Omero e la mitologia greca in generale: Johann Matthias Gesner a Gottinga iniziò a sviluppare nuovamente gli studi sull'antica Grecia, mentre il suo successore Christian Gottlob Heyne lavorò insieme a Johann Joachim Winckelmann ponendo le basi per la ripresa degli studi mitologici sia nel proprio paese che nel resto d'Europa.\n\nL'approccio comparativo e psicoanalitico.\nLo sviluppo della filologia comparativa avvenuto nel XIX secolo insieme con le scoperte di carattere etnologico del secolo successivo posero le basi per la nascita di un'effettiva scienza che si occupa dei miti. A partire dell'epoca romantica tutti gli studi mitologici hanno avuto un carattere comparativo. Wilhelm Mannhardt, James Frazer, e Stith Thompson si servirono di questo tipo di approccio per raccogliere e classificare i diversi racconti popolari e mitologici, Nel 1871 Edward Burnett Tylor pubblicò il suo lavoro Primitive Culture nel quale, applicando il metodo comparativo, tentava di spiegare l'origine e l'evoluzione del pensiero religioso. La procedura seguita da Tylor, che consisteva nell'analizzare insieme resti, rituali e miti appartenenti a culture molto diverse tra loro, influenzò l'opera di Carl Gustav Jung e Joseph Campbell. Max Müller applicò questa nuova scienza allo studio dei miti, nei quali rintracciò i resti trasformati dell'antico panteismo di origine Ariana. Bronisław Malinowski pose l'accento sul modo in cui i miti adempiano a funzioni sociali comuni alle varie culture. Claude Lévi-Strauss e altri strutturalisti hanno comparato le relazioni formali e le strutture dei miti di tutto il mondo.\n\nTeorie sull'origine dei miti.\nEsistono varie teorie moderne riguardo all'origine della mitologia greca. Secondo una teoria tutte le leggende sono derivate dai racconti contenuti nei Testi sacri, sebbene i fatti siano stati in seguito fraintesi e alterati. Secondo la 'teoria storica' (evemerista) tutti i personaggi citati dalla mitologia furono in realtà persone umane realmente esistite, che in seguito i racconti che a loro si riferiscono hanno più o meno completamente trasfigurato. Così, ad esempio, la leggenda di Eolo si suppone che derivi dal fatto che Eolo nei tempi antichi sia stato il signore di alcune isole del Mar Tirreno. La 'teoria allegorica' suppone che tutti gli antichi miti siano interpretazioni allegoriche e simboliche dei fatti, mentre la 'teoria fisica' è sposata da coloro che ritengono che in antico gli elementi naturali come acqua, terra e fuoco fossero oggetto di adorazione religiosa e quindi le divinità principali non fossero che personificazioni di queste forze della natura. Max Müller tentò di ricostruire una forma di religione Indoeuropea risalendo all'indietro verso le sue origini di tipo Ariano. Nel 1891 egli affermò che «la più importante scoperta che è stata fatta nel corso del diciannovesimo secolo riguardo alla storia dell'umanità […] è questa semplice equazione: sanscrito Dyaus-Pitar = greco Zeus = latino Iupiter = norreno Týr». Anche in altri casi i parallelismi che è possibile riscontrare tra i personaggi e le loro funzioni suggeriscono che vi sia un'origine comune, sebbene la mancanza di riscontri di tipo linguistico renda difficile provarlo, come nei casi di Urano ed il sanscrito Varuṇa o delle Moire e le nordiche Norne.\nL'archeologia e la mitografia, da parte loro, hanno rivelato che i Greci subirono in parte l'influenza culturale di alcune delle civiltà dell'Asia Minore e del Vicino Oriente. La figura di Adone sembra in effetti essere la controparte greca – e la cosa è più evidente nel culto che nel mito – di un 'dio morente' asiatico. Cibele ha un'origine anatolica mentre l'iconografia di Afrodite è in larga parte tratta da quella di divinità semitiche. Alcuni studiosi ritengono che la mitologia greca sia debitrice anche nei confronti delle civiltà pre-elleniche: Creta, Micene, Pilo, Tebe e Orcomeno. Gli storici della religione furono affascinati dal gran numero di antiche leggende che, apparentemente, mostrano una connessione con Creta (il dio-toro, Zeus ed Europa, il mito di Pasifae ecc.): Martin P. Nilsson ne concluse che tutti i grandi miti greci classici erano legati ai centri della cultura micenea e trovano le loro radici in epoca preistorica. Tuttavia, secondo Burkert, l'iconografia risalente all'epoca dei palazzi cretesi in sostanza non fornisce alcun appoggio per queste teorie.\n\nLa mitologia greca nella cultura di massa.\nLa mitologia greca, grazie alla sua grande importanza storica e popolarità, è stata utilizzata come fonte o ispirazione per numerose opere d'arte figurativa, e in film, videogiochi e libri. Alcuni esempi sono il film colossal Troy il quale narra gli eventi della nota Guerra di Troia e il film d'animazione della Disney Hercules. I videogiochi più noti basati sulla mitologia greca sono quelli appartenenti alla saga di God of War con protagonista Kratos, un guerriero di Sparta, ispirato alla figura mitologica divina greca Cratos. Per quanto concerne le opere scritte, la mitologia greca ha dato l'ispirazione per numerose opere fra cui Il canto di Penelope della scrittrice Margaret Atwood, Cassandra di Christa Wolf e Circe di Madeline Miller.\nIn ambito videoludico, nella visual novel d'impronta noir Dry Drowning il protagonista dovrà cercare di risolvere una serie di delitti ispirati ai miti della mitologia greca.\n\nLa mitologia greca nell'arte e nella letteratura occidentale.\nL'amplissima diffusione del Cristianesimo non ostacolò comunque la popolarità dei miti. Con la riscoperta dell'antichità classica avvenuta nel Rinascimento, le poesie di Ovidio divennero una delle fonti di ispirazione principali per poeti, drammaturghi, musicisti e artisti. A partire dai primi anni dell'epoca rinascimentale artisti come Leonardo da Vinci, Michelangelo e Raffaello ritrassero scene pagane tratte dalla mitologia greca insieme a più convenzionali temi cristiani. Attraverso le traduzioni e le opere in latino, i miti greci influenzarono in Italia anche poeti come Petrarca, Dante e Boccaccio.\nNel nord dell'Europa, la mitologia greca non ebbe la stessa influenza nelle arti figurative, ma i suoi effetti furono evidenti in ambito letterario. L'immaginario inglese ne fu permeato a partire da Geoffrey Chaucer e John Milton, per continuare con William Shakespeare e con Robert Bridges nel XX secolo. In Francia e Germania Racine e Goethe riportarono in auge il dramma greco, rielaborando i miti antichi. Nonostante nel XVII secolo, l'età dell'Illuminismo vi sia stata una reazione di rigetto nei confronti dei miti greci, questi continuarono a rappresentare una fonte di materiali da rielaborare per i drammaturghi, tra i quali gli autori dei libretti di molte delle opere di Händel e di Mozart. Alla fine del secolo l'avvento del Romanticismo segnò uno scoppio di entusiasmo e di attenzione per tutto ciò che era greco inclusa, ovviamente, la mitologia. In Inghilterra le nuove traduzioni di Omero e delle tragedie classiche ispirarono poeti come Tennyson, Keats, Byron e Shelley. In epoche più recenti i temi classici sono stati reinterpretati da drammaturghi come Jean Cocteau e Jean Giraudoux in Francia, Eugene O'Neill in America e Thomas Stearns Eliot in Inghilterra, oltre che da romanzieri come James Joyce e André Gide. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Mitra (divinità).\n### Descrizione: Mitra è una divinità dell'induismo e della religione persiana e anche un dio ellenistico e romano, che fu adorato nelle religioni misteriche dal I secolo a.C. al V secolo d.C. Numerosi sono del resto gli aspetti in comune fra questi 4 culti.\n\nRapporti col mondo persiano, ebraico ed ellenistico.\nBenché 'Mitra' sia un nome di divinità molto antica, le notizie sui suoi culti sono scarse e frammentarie. Quello ellenistico/romano non ha lasciato alcun testo e sembra molto diverso dal Mitra dei Veda e dello zoroastrismo.\nAnche l'Avestā, il testo fondamentale della religione persiana, non è giunto fino a noi integralmente e le parti sopravvissute sono costituite solo da inni, trasmessi tramite la tradizione orale. La religione persiana è nota principalmente tramite il Denkard, un compendio scritto solo tra il IX e il X secolo. La difficoltà di utilizzare testi tardivi è ben illustrata dal caso del principale testo escatologico persiano, lo Zand ī Wahman yasn, spesso ma erroneamente chiamato Bahman yašt. In questo testo Mitra conduce la battaglia finale contro i demoni. Esso, inoltre, presenta somiglianze con il Libro di Daniele e con gli Oracoli di Istaspe (un testo ellenistico del I secolo a.C.) e perciò i suoi rapporti col mondo ebraico ed ellenistico sono oggetto di accese discussioni. Molti studiosi ritengono che il testo persiano porti i segni di ripetute revisioni e aggiunte a un non ben definito, e forse addirittura inesistente, 'substrato avestano'. Il testo originale, se è mai esistito, sembra ridursi ai soli capp. 3–5, in cui la battaglia escatologica di Mitra non compare.Alla fine del XIX secolo il contenuto della religione mitraica dell'età imperiale fu ricostruito da Franz Cumont come una combinazione in culto sincretico del Mithra persiano con altre divinità persiane e probabilmente anatoliche. Dopo il congresso di Manchester del 1971, invece, gli studiosi si sono orientati a sottolineare le differenze fra il nuovo culto e quello indo-persiano.\n\nMitra nel mondo indo-persiano.\nIl culto di Mitra nasce nel 1200 a.C. e compare nei Veda come uno degli Aditya, una delle divinità solari, dio dell'amicizia e degli affari, governatore del giorno. Nella civiltà persiana, dove il suo nome veniva reso come Mithra, assunse anche le caratteristiche marziali che i Veda assegnano a Indra e acquistò col tempo sempre maggiore importanza fino a diventare una delle maggiori divinità dello zoroastrismo, divenendo una delle divinità solari, dio dell'onestà, dell'amicizia e dei contratti.\nIn entrambe le culture, si distingue per la sua stretta relazione con gli dei che regnano sugli Asura (ahura in iranico) e proteggono l'ordine cosmico (Ṛta per i Veda, asha in iranico): Varuṇa in India e Ahura Mazdā in Iran. Mitra/Mithra, quindi, dovrebbe essere una divinità proto-indo-iranica il cui nome originario può essere ricostruito come Mitra.\n\nEtimologia e origini.\nLa parola mitra può avere due significati:.\n\namicizia;.\npatto, accordo, contratto, giuramento o trattato.Un significato generale di 'alleanza' potrebbe accordarsi adeguatamente a entrambi i significati. La prima alternativa è maggiormente enfatizzata nelle fonti indiane, la seconda in quelle iraniche.\nIl più antico riferimento conosciuto del nome Mitra si trova su un'iscrizione di un trattato risalente approssimativamente al 1400 a.C., stipulato tra gli Ittiti e il Regno hurrita di Mitanni nell'area sud-occidentale del lago di Van. Il trattato è garantito da cinque dei indo-iranici: Indra, Mitra, Varuṇa e i due cavalieri, gli Ashvin o Nasatya. Gli Hurriti erano guidati da una casta aristocratica guerriera che adorava questi dei.\n\nMitra nei Veda.\nNegli inni vedici, Mitra è spesso invocato insieme con Varuṇa, tanto che le due divinità sono combinate nel termine Mitravaruna. Un solo inno è interamente dedicato a lui, l'INNO LIX. br />Varuna è signore del ritmo cosmico delle sfere celesti, mentre Mitra genera la luce all'alba. Nel più tardo rituale vedico una vittima bianca viene prescritta per Mitra, una nera per Varuna.\nNel Śatapatha Brāhmaṇa l'Uno appaiato è descritto come 'il Consiglio ed il Potere': Mitra rappresenta il sacerdozio, Varuna il potere regale.\n\nMitra nel mondo iranico.\nLa riforma di Zarathustra mantenne molte divinità del più antico pantheon indo-iranico, riducendole di numero, in una complessa gerarchia, retta dagli Amesha Spenta. I 'Benefici Immortali' i quali erano sottoposti alla tutela del supremo Ahura Mazda, il 'Signore Saggio', come tutto il cosmo era parte del Bene o del Male.\nIn tarde parti dell'Avestā, Mithra si mette in luce tra gli esseri creati, guadagnandosi il titolo di 'Giudice delle Anime'. Come protettore della verità e nemico dell'errore, Mithra occupò una posizione intermedia nel pantheon zoroastriano come il più grande degli yaza ta, gli esseri creati da Ahura Mazdā per aiutarlo nella distruzione del male e l'amministrazione del mondo. Egli divenne il rappresentante divino di Ahura-Mazda sulla terra ed era incaricato di proteggere i giusti dalle forze demoniache di Angra Mainyu. Era quindi una divinità di verità e legalità e, nel trasferimento al regno fisico, un dio dell'aria e della luce. Come nemico degli spiriti del male e delle tenebre, proteggeva le anime e, come psicopompo, le accompagnava in paradiso (concetto e anche parola di origine persiana). Poiché la luce è accompagnata dal calore, era il dio della vegetazione e della crescita: ricompensava il bene con la prosperità e combatteva il male. Mitra era detto onnisciente, infallibile, sempre attento e che mai riposa. La nascita di Mitra veniva celebrata al solstizio d'inverno, chiamato in persiano Shab-e Yalda, come si addice a un dio della luce. In Mesopotamia, Mitra era facilmente identificato con Shamash, dio del sole e della giustizia.\nCome dio che concede la vittoria, Mitra era una divinità preminente nel culto ufficiale del primo Impero persiano, dove erano a lui consacrati il settimo mese e il sedicesimo giorno degli altri mesi. Mitra il 'Grande Re' era particolarmente adatto come dio tutelare dei regnanti: nomi regali che incorporano il nome del dio (es. 'Mitridate') compaiono nell'onomastica dei Parti e degli Armeni, nonché in Anatolia, Ponto e Cappadocia.\nIl suo culto si estese prima con l'impero dei Persiani in tutta l'Asia Minore, per poi propagarsi per tutto l'impero di Alessandro Magno e dei suoi successori.\nI principi parti dell'Armenia erano sacerdoti ereditari di Mitra: molti templi furono eretti al dio in Armenia, che rimase una delle ultime roccaforti del culto zoroastriano di Mitra fino a quando divenne il primo regno ufficialmente cristiano.\nSotto gli Achemenidi, a partire dalle iscrizioni di Artaserse II di Persia, la suprema terna divina Ahura Mazda-Mitra-Apam Napat venne spesso sostituita dalla terna Ahura-Mitra-Anahita grazie all'inserimento della divinità Anahita, che nella Persia occidentale corrispondeva alla mesopotamica Ishtar, il pianeta Venere. Talvolta Anahita sembra essere la consorte di Mitra. Non risultano, invece, fonti per affermare che Anahita ne fosse la madre, come afferma il noto polemista Acharya.\n\nMitra nel mondo greco-romano.\nLe origini del culto mitraico nell'Impero romano sarebbero state influenzate significativamente dalla scoperta della precessione degli equinozi da parte di Ipparco di Nicea, identificando in Mitra la potenza celeste capace di causare il fenomeno.\nIl culto si sviluppò forse a Pergamo nel II secolo a.C.; Ulansey, invece, ne localizza l'origine in Cilicia nei pressi di Tarso. Il dio entra nella storia greco-romana con l'espandersi dell'Impero romano: culti d'origine orientale vengono adottati dalla popolazione dell'Impero e interpretati in chiave misterica. Il culto di Mitra non divenne mai popolare nell'entroterra greco, mentre si diffuse a Roma all'incirca nel I secolo d.C., si propagò attraverso tutto l'Impero romano e in seguito fu accolto da alcuni imperatori come una religione ufficiale, di pari passo con la diffusione del cristianesimo.\nNella mitologia greca Mitra è una delle divinità solari, nonché protettore dei re del Ponto, degli imperatori dei Parti (molti dei quali ebbero il nome Mitridate = dono di Mitra) e delle armi dei pirati della Cilicia collegati a Mitridate VI del Ponto. Per gli attributi che lo accompagnano e per il valore simbolico delle azioni a lui attribuite, nella cultura ellenistica Mitra era spesso accomunato ad Apollo o alla divinità solare Elio. Il sacrificio caratteristico di questo nuovo culto, assente nel culto indo-persiano, era la tauroctonia. Il culto mitraico sembra essersi diffuso soprattutto nell'esercito e nella burocrazia imperiale.\nNella mitologia romana Mitra era il dio delle legioni e dei guerrieri.\n\nLa tauroctonia.\nIn ogni tempio romano dedicato a Mitra il posto d'onore era dedicato alla rappresentazione di Mitra nell'atto di sgozzare un toro sacro. Mitra è rappresentato come un giovane energico, indossante un berretto frigio, una corta tunica che s'allarga sull'orlo, brache e mantello che gli sventola alle spalle. Mitra afferra il toro con forza, portandogli la testa all'indietro mentre lo colpisce al collo con la sua corta spada. La raffigurazione di Mitra è spesso mostrata in un angolo diagonale, col volto girato verso l'alto.\nUn serpente e un cane sembrano bere dalla ferita del toro (dalla quale a volte sono rappresentate delle gocce di sangue che stillano); uno scorpione, invece, cerca di ferire i testicoli del toro. Questi animali sono proprio quelli che danno nome alle costellazioni che si trovavano sull'equatore celeste, nei pressi della costellazione del Toro, nel lontano passato ('era del Toro'), quando durante l'equinozio di primavera il Sole era nella costellazione del Toro. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Molorco.\n### Descrizione: Molorco, nella mitologia greca, era un uomo di umili origini che Eracle incontrò durante le sue dodici fatiche.\n\nNella mitologia.\nDurante una delle tante imprese impostegli da Euristeo, Eracle si ritrovò a Cleone, una città sperduta; l'eroe cercava rifugio e il povero Molorco lo ospitò. Molorco avrebbe voluto fare un sacrificio, anche se aveva poco da offrire vista la sua misera esistenza; Eracle gli consigliò allora di attendere trenta giorni prima di effettuare l'offerta voluta.\nMolorco accettò di pazientare, sperando nel ritorno dell'eroe.\nEracle riuscì a tornare dall'impresa, la sconfitta del leone di Nemea, proprio al trentesimo giorno quando Molorco aveva ormai perso le speranze di rivederlo in vita. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Molosso (mitologia).\n### Descrizione: Molosso (o Molotto) è una figura della mitologia greca.\nFiglio di Neottolemo e di Andromaca, la moglie di Ettore che Neottolemo aveva ottenuto come parte del bottino nella Guerra di Troia, fu Re dell'Epiro e progenitore del popolo dei Molossi che, per suo tramite, rivendicarono l'appellativo di Eacidi.\nEuripide tratta ampiamente la vicenda di Molosso nella sua tragedia Andromaca. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Molpadia.\n### Descrizione: Nella mitologia greca, Molpadia è un'Amazzone, menzionata da Pausania e Plutarco come probabile assassina di Antiope.\n\nIl mito.\nSe si accoglie la tradizione più generica sulle origini delle Amazzoni, allora Molpadia sarebbe da identificare in una delle figlie di Ares e della ninfa Armonia e avrebbe un legame parentale con le compagne Antiope, Otrera, Ippolita e Pentesilea. Quando Teseo giunse a Temiscira e rapì la regina Antiope, Molpadia si unì alla forze schierate dall'Amazzone Orzia e marciò contro Atene per vendicare l'onta del rapimento.\nNel violento scontro che vide opposte le forze dell'eroe ateniese e l'esercito delle donne guerriere, Molpadia colpì a morte, forse volontariamente, la stessa Antiope, la quale aveva disertato le sue compagne e si era unita a Teseo perché innamorata. Quest'ultimo ne vendicò la morte, uccidendo a sua volta Molpadia. Il corpo di quest'ultima venne seppellito insieme a quello di Antiope presso il tempio della Madre Terra. In onore di Molpadia venne eretto un monumento che Pausania ricorda ancora ad Atene. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Monastero della Grande Lavra.\n### Descrizione: Il monastero della Grande Lavra (in greco Μεγίστης Λαύρας?) o Grande Laura di sant'Atanasio è il più grande e il più antico dei venti monasteri ortodossi della Repubblica del Monte Athos, e occupa il primo posto nella gerarchia cenobitica della Montagna Santa. Posto all'estremo sud della penisola, è dedicato a Sant'Atanasio l'Atonita, che fu il fondatore del monastero e che perì tragicamente mentre stava edificando la chiesa del monastero.\nLe skita rumena di San Giovanni Battista e greca di Kavsokalyvia, Sant'Anna Maggiore e Sant'Anna Minore sono soggette a questo monastero.\nNel 2000 vi si contavano 362 monaci.\n\nStoria.\nIl monastero fu fondato nel 963 da Sant'Atanasio, con l'aiuto dell'imperatore bizantino Niceforo II.\n\nArchitettura.\nIl monastero è costruito sotto la forma di una cittadella fortificata. È lungo circa 250 metri e largo 80, a una altezza di 160 metri sul livello del mare. La cinta muraria conta quindici torri e all'interno vi si trovano trentasette cappelle.\nIl Katholikon (la chiesa principale), fu uno dei primi edifici costruiti. È un edificio a duomo su quattro colonne, che nel tempo è stato modificato per assumere la forma a croce. La chiesa fu inizialmente dedicata all'Annunciazione di Maria. Nel XV secolo venne dedicata al santo fondatore la cui tomba è collocata all'interno dell'edificio nella cappella dei Quaranta martiri di Sebaste. Gli affreschi sono di Teofane di Creta, vi sono custodite quattro icone regali dall'imperatore Andronico I Comneno, detto Andronikòs.\n\nPatrimonio artistico.\nOltre ai citati affreschi e icone, la biblioteca del monastero conta 2046 manoscritti, 165 codex e 30000 libri stampati.\nManuscritti:.\n\nCodex Coislinianus.\nCodex Athous Lavrentis.\n\nVoci correlate.\nRepubblica del Monte Athos.\n\nAltri progetti.\nWikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Monastero della Grande Lavra.\n\nCollegamenti esterni.\n- La Grande Lavra it:, su ortodoxia.it.\nOrthodoxWiki - Great Lavra (Athos) fr:, su orthodoxwiki.org. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Monastero di Agiou Pavlou.\n### Descrizione: Il monastero di Aghios Pavlos (Monastero di San Paolo, in greco: Μονή Αγίου Παύλου) è uno dei venti monasteri della penisola del Monte Athos, in Grecia.\nSorge a sud-ovest della penisola atonita ed occupa il quattordicesimo rango nella gerarchia dei monasteri della Santa Montagna.\nÈ dedicato alla Presentazione di Cristo al Tempio, che si festeggia il 2 febbraio (15 febbraio).\nIl complesso monastico conta una trentina monaci retti da uno statuto cenobitico dal 1839. Sottomesse al monastero vi sono due skite la Nea Skiti e la skita rumena di Lakkoskete.\n\nStoria.\nLa tradizione vuole che il monastero sia stato fondato nel IX secolo dall'anacoreta Paolo, che lasciato il Monastero di Xeropotamou venne in questo luogo a vivere vita eremitica. Il monastero porta il suo nome ma divenne indipendente da Seropotamou solo nel 1380 quando il monaco serbo Roman lo ampliò e vi piantò delle vigne per il sostentamento della comunità e vi costruì una chiesa. Il katholikòn venne edificato nel 1447 dal despota serbo Giorgio Brankovic, esso fu rifatto nel 1839. Gran parte degli attuali edifici furono costruito nel XVIII secolo con l'aiuto degli Zar Alessandro I e Nicola I.\n\nPatrimonio artistico.\nNella cappella di San Giorgio sono presenti affreschi cretesi del XVI secolo. La biblioteca conta 494 manoscritti e oltre 12.000 volumi.\n\nVoci correlate.\nMonte Athos.\n\nAltri progetti.\n\nWikimedia Commons contiene immagini o altri file su Monastero di Agiou Pavlou. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Monastero di Dionysiou.\n### Descrizione: Il monastero di Dionysiou (in greco Μονή Διονυσίου?, Monastero di Denys) è uno dei venti monasteri del Monte Athos., in Grecia. È formato da una comunità monastica di tipo cenobitico dal 1907.\nÈ situato a sud-ovest della penisola ed occupa il quinto rango nella classe gerarchica dei monasteri del Santo Monte.\nÈ dedicato alla natività di San Giovanni Battista, festeggiata il 24 giugno.\nAttualmente conta 55 monaci.\n\nStoria.\nIl monastero venne fondato verso il 1375 dal monaco Dionisio di Korisos. Il santo monaco venne aiutato da Alessio III Comneno re di Trebisonda e da sua moglie Teodora. Ancora presente nel tesoro del tempio la pergamena dell'atto di fondazione con in miniatura il re e la regina che tengono in mano la crisobolla con i privilegi concessi alla costituita comunità monastica. In seguito il monastero fu sostenuto dai principi di Valacchia e di Moldavia che nel XV e XVI secolo contribuirono all'ampliamento del monastero. Le costruzioni attuali sono in gran parte state edificate con l'aiuto del principe di Moldavia Alexandru Lăpușneanu dopo la metà del XVI secolo.\n\nPatrimonio artistico.\nL'intero monastero è costruito sopra mura alte oltre ottanta metri a loro volta poste su uno sperone di roccia a strapiombo sul mare. Alla sommità fioriscono balconi e loggiati arditamente sospesi nel vuoto. L'esiguo spazio fa sì che l'intera struttura sia addossata attorno al ristretto spazio concesso dalla rossa katholikòn. Gli affreschi presenti nella chiesa e nel refettorio sono attribuiti a Zorzi il Cretese e sono datati 1547. La biblioteca del monastero conta 588 manoscritti.\n\nAltri progetti.\nWikimedia Commons contiene immagini o altri file su Monastero di Dionysiou.\n\nCollegamenti esterni.\nDionysiou monastery on website.\nGreek Ministry of Culture: Holy Monastery of Dionysiou.\nparrocchie.it, http://www.parrocchie.it/calenzano/santamariadellegrazie/MONTE%20ATHOS.htm#iviron. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Monastero di Dochiariou.\n### Descrizione: Il monastero di Dochiariou (greca: Δοχειαρίου) è uno dei venti monasteri della Chiesa ortodossa oggi esistenti nella penisola del Monte Athos, in Grecia.\nÈ situato nella parte ovest della penisola ed occupa il decimo rango nella gerarchia dei monasteri della Santa Montagna, è retto a regola idiorritmica.\nÈ dedicato agli arcangeli Michele e Gabriele, festa votiva l'8 novembre (21 novembre nel calendario gregoriano).\nNel 1990 contava 32 monaci, mentre nel 2011 erano 53.\n\nStoria.\nFu fondato nel X secolo o agli inizi dell'XI secolo da sant'Eutimio di Costantinopoli discepolo di sant'Atanasio. Fu parzialmente ricostruito nel XVI-XVII secolo. Il nome sembra far riferimento a dochiéris cantiniere in greco, che sembra essere stata l'attività del fondatore quanto viveva presso la Grande lavra.\n\nPatrimonio artistico.\nIl katholikòn di questo monastero è la più grande chiesa presente sulla penisola. Fu edificato nel 1567 e venne affrescato da Teofane di Creta. Nella chiesa è custodita l'icona della Madonna Gorgoepikoos, (che risponde prontamente).\nNella biblioteca sono custoditi 545 manoscritti di cui 62 pergamene e circa 5 000 volumi stampati.\n\nAltri progetti.\n\nWikimedia Commons contiene immagini o altri file su Monastero di Dochiariou. |
@Scribis @Italiano. Parlami di un argomento di mitologia greca. | ### Titolo: Monastero di Esphigmenou.\n### Descrizione: Il monastero di Esphigmenou (in greco Εσφιγμένου?) è uno dei venti monasteri della Chiesa ortodossa nella Repubblica del Monte Athos, in Grecia.\nÈ situato a nord-est della penisola atonita ed è il più settentrionale della penisola ed occupa il diciottesimo posto nella gerarchia dei monasteri della Santa Montagna.\nÈ dedicato dall'Ascensione di Gesù.\nNel 1990 contava 42 monaci, è retto a regola cenobitica dal 1797.\n\nStoria.\nLa tradizione fa risalire la fondazione del monastero al V secolo da parte dell'Imperatrice Elia Pulcheria, questo primo insediamento monastico sarebbe stato distrutto da una frana. Il monastero, nella sua forma attuale, risale dall'XI secolo, come lo attestano tre documenti dell'epoca. Esso prosperò fino alla conquista ottomana della regione. Vi fu igumeno San Gregorio Palamas, grande teologo ortodosso. Ad Esphigmenou fu monaco anche un grande spirituale dei nostri giorni: padre Paisios del Monte Athos.\nAttualmente un conflitto oppone la comunità monastica del monastero e il Patriarca ecumenico di Costantinopoli massima autorità spirituale della Repubblica del Monte Athos. I monaci si oppongono al riavvicinamento tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica e all'ecumenismo praticato da alcuni rappresentanti della Chiesa ortodossa. In conseguenza di ciò, sono stati fatti diversi tentativi da parte del Patriarcato, che ha utilizzando pure la polizia, per evacuare il monastero dai monaci 'ribelli'. A tutt'oggi questi tentativi sono risultati vani. Il monastero, data la sua posizione di contestazione, non gode né dell'appoggio né dei finanziamenti concessi a tutti gli altri monasteri atoniti.\n\nPatrimonio artistico.\nNel monastero si custodisce una icona del Salvatore in mosaico che risale al XII secolo e un menologio (calendario dei santi) coevo riccamente miniato.\n\nAltri progetti.\nWikimedia Commons contiene immagini o altri file su Monastero di Esphigmenou.\n\nCollegamenti esterni.\nSito officiele, su esphigmenou.gr. |
@Scribis @Italiano. Raccontami qualcosa riguardante la mitologia greca. | ### Titolo: Monastero di Hilandar.\n### Descrizione: Hilandar (in serbo Хиландар?, in greco Χιλανδαρίου?, Chilandari) è un monastero ortodosso serbo situato sul Monte Athos, in Grecia, fondato nel 1198 dal principe serbo Stefan Nemanja e da suo figlio, il monaco Rastko Nemanjić a seguito della cessione da parte dell'imperatore Alessio III Angelo delle rovine di un insediamento monastico preesistente e che pare risalire all'undicesimo secolo, il cui fondatore potrebbe essere stato il monaco Giorgio Chilandar (da cui il nome).\nHa subìto un grave incendio il 4 marzo 2004 che ha distrutto circa un quarto dell'edificio.\n\nRiferimenti in letteratura.\nIl monastero di Hilandar è una delle ambientazioni principali del romanzo Paesaggio dipinto con il tè (Milano, Garzanti, 1991) dello scrittore serbo Milorad Pavić.\n\nAltri progetti.\nWikimedia Commons contiene immagini o altri file su Monastero di Hilandar.\n\nCollegamenti esterni.\n\n(SR, EL, RU, EN) Sito ufficiale, su hilandar.org.\nIl monastero di Hilandar [News: Appello per la ricostruzione del monastero di Hilandar e notizie sul luogo e l'incendio], su Međunarodni radio Srbija i Crna Gora / The International Radio Serbia and Montenegro, 14 aprile 2004. URL consultato il 22 agosto 2007 (archiviato il 28 settembre 2007). |
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